La necroptosi potrebbe essere un target terapeutico per la SLA
LORENZO L. BORGIA
NOTE
E NOTIZIE - Anno XII – 01 marzo 2014.
Testi pubblicati sul sito
www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind
& Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a
fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta
settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in
corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli
oggetti di studio dei soci componenti lo staff
dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo:
RECENSIONE]
La maggior parte dei casi delle principali malattie neurodegenerative non sono familiari e totalmente determinati da alterazioni geniche, come le patologie genetiche propriamente dette, per questo i modelli genetici murini per l’analisi dei meccanismi molecolari di queste malattie suscitano diffidenza in alcuni e prudenza in tutti i ricercatori.
Diane B. Re,
con numerosissimi colleghi in prevalenza provenienti dalla Columbia University,
focalizzando particolarmente l’attenzione sulla più comune malattia del
motoneurone, ossia la sclerosi laterale
amiotrofica (SLA), hanno
concepito un modello co-colturale pienamente “umanizzato” e costituito da astrociti provenienti da adulti affetti
da cosiddetta SLA sporadica (non
familiare) e motoneuroni derivati da
cellule staminali embrionarie umane. Il lavoro merita l’attenzione dei
ricercatori e di quanti seguono gli sviluppi della ricerca in questo campo (Re D. B., et al., Necroptosis Drives Motor Neuron Death in Models of Both
Sporadic and Familial ALS. Neuron – Epub ahead of print doi:
10.1016/j.neuron.2014.01.011, 2014).
La provenienza degli autori dello
studio è la seguente: Center for Motor Neuron Biology and Disease, the Columbia
Translational Neuroscience Initiative, Columbia Stem Cell Initiative, Departments
of Neuroscience, Pathology and Cell Biology, Neurology, Rehabilitation and
Regenerative Medicine, Columbia University, New York (USA); Project
A.L.S./Jenifer Estess Laboratory for Stem Cell Research, New York (USA); Academic
Medical Center, University of Amsterdam, (Olanda).
La sclerosi laterale amiotrofica (SLA
o ALS, quale acronimo inglese di amyotrophic
lateral sclerosis), descritta per la prima volta dal neurologo francese
Jean-Martin Charcot nel 1869, è la forma più comune di malattia del motoneurone dell’età adulta, che si sviluppa come
processo neurodegenerativo ed evolve rapidamente, dopo l’insorgenza nell’età
media della vita di sintomi quali debolezza ingravescente degli arti, atrofia
muscolare e spasticità. Detta anche malattia di Lou Gehrig, dal nome del
celebre giocatore americano di baseball che ne fu colpito[1]
si presenta in forme familiari (5-10% dei casi) e forme sporadiche (il
rimanente 90-95%), la cui causa non è ancora definita. Le forme familiari, per
le quali sono stati descritti specifici mutanti (ALS1 associata a SOD1[2],
ALS2 alla alsina, ALS4 alla senataxina, ecc.), costituiscono il modello di
riferimento per lo studio sperimentale della patogenesi e della fisiopatologia
di tutte le forme. In proposito si ricorda che uno studio condotto da
Daryl Bosco del Massachusetts Medical Center di Worchester, con numerosi e
prestigiosi colleghi fra cui menzioniamo Scott T. Brady e Gerardo Morfini del
Department of Anatomy and Cell Biology, University of Illinois at Chicago, ha
accertato che gli alleli mutanti e quelli normali di SOD1 condividono una
conformazione aberrante e una via patogenetica. In altri termini, i risultati
di quello studio suggerivano che il tipo normale di SOD1 può essere
patogenetico nelle forme non familiari della malattia e indicavano un
meccanismo patogenetico comune, SOD1-dipendente, sia per le forme familiari che
per quelle sporadiche[3].
A tutt’oggi, però, questi risultati non hanno ancora trovato convincenti
conferme.
Da un punto di vista clinico la malattia
continua ad essere un flagello, perché se è vero che si sono fatti progressi
nella percentuale di casi diagnosticati e nella tempestività dell’accertamento,
è pur vero che l’utilità della conoscenza diagnostica è quasi nulla, perché non
esiste ancora una terapia, e tutte le cure che si prestano all’ammalato
rimangono rimedi palliativi non in grado di interferire con l’inesorabile
progressione.
L’atrofia e la paralisi muscolare sono la
conseguenza della degenerazione dei motoneuroni
del midollo spinale e del tronco encefalico, la cui distruzione
priva di tono, trofismo e riflessi i muscoli, compromettendo progressivamente
le abilità motorie degli arti, la fonoarticolazione e la respirazione. Il
quadro clinico è aggravato e complicato dalla spasticità, che è conseguenza
della perdita dei neuroni motori
della corteccia cerebrale. Il processo patologico, infatti, interessa sia i motoneuroni superiori, sia quelli inferiori del sistema nervoso centrale,
evolvendo attraverso una serie di stadi che influenzano la dimensione, la
forma, il contenuto, il metabolismo e la fisiologia di queste cellule.
Il modello realizzato alla Columbia University riproduce effettivamente gli elementi cardinali della SLA umana ed ha presentato a questa prima verifica sperimentale, posta in essere dagli stessi ideatori, interessanti risposte che incoraggiano l’adozione e il perfezionamento.
Gli astrociti provenienti dai pazienti affetti da SLA sporadica (ad eziologia ignota) innescavano processi in grado di determinare la morte selettiva di motoneuroni; una tale azione era del tutto assente quando si adoperavano astrociti umani provenienti da soggetti del gruppo di controllo non affetto dalla malattia del motoneurone. I ricercatori hanno indagato, nel loro modello, i meccanismi molecolari sottostanti questa tossicità “non autonoma dalla cellula” sia negli astrociti che nei motoneuroni.
Un risultato, solo in parte atteso ma molto netto in questa sperimentazione, è la totale estraneità di SOD1 (superossido dismutasi 1) alla tossicità degli astrociti provenienti da persone affette dalla forma ad eziologia ignota; come è noto, SOD1 mutata è responsabile della forma familiare di SLA più conosciuta ed stata implicata anche nella patogenesi di forme sporadiche.
La morte dei motoneuroni innescata sia da astrociti provenienti da pazienti affetti da SLA sporadica, sia da astrociti provenienti da pazienti affetti da SLA familiare, si verifica attraverso necroptosi, una forma di necrosi programmata implicante la receptor-interacting protein 1 (RIPK1) e la mixed lineage kinase domain-like protein (MLKL).
In conclusione, impiegando un modello sperimentale della SLA realizzato totalmente con cellule umane, si è rilevato che la morte dei motoneuroni implica RIPK1 e MLKL, ma né SOD1 né TDP43 contribuiscono alla tossicità degli astrociti. A fronte di queste evidenze, in attesa di conferma o confutazione del loro valore mediante ulteriori verifiche sperimentali, la via della necroptosi può essere considerata un potenziale bersaglio terapeutico per la ricerca che mira a trovare qualche soluzione per poter almeno rallentare l’inesorabile progressione di questa malattia ancora incurabile.
L’autore della nota suggerisce la
lettura delle numerose e interessanti recensioni sulla sclerosi laterale
amiotrofica che compaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare
il motore interno nella pagina “CERCA”).
[1] Si veda, anche per l’ipotesi di un ruolo delle attività sportive nell’eziologia delle forme sporadiche: Note e Notizie 05-05-07 SLA, la malattia di Nuvoli, Welby e Coscioni.
[2] L’enzima citosolico rame/zinco superossido dismutasi 1 o SOD1, che converte l’O2 superossido in H2O2, poi metabolizzato in acqua e ossigeno da catalasi e glutatione perossidasi, può costituire fino all’1% delle proteine del cervello. Il gene per SOD1 è localizzato sul cromosoma 21 e codifica una subunità di 16-18 kDa che lega un Cu2+ ed uno Zn2+ e, associandosi in omodimeri, costituisce la forma attiva dell’enzima (si veda in Note e Notizie 15-09-07 SOD1 senza metalli forma oligomeri che causano la SLA).
[3] Si veda in Note e Notizie 30-10-10 Nella sclerosi laterale amiotrofica (SLA) SOD1 normale e mutante condividono conformazione aberrante e via patogenetica.