Tau induce degenerazione mediante perdita di eterocromatina
NICOLE CARDON
NOTE
E NOTIZIE - Anno XII – 15 febbraio 2014.
Testi pubblicati sul sito
www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind
& Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a
fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta
settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in
corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli
oggetti di studio dei soci componenti lo staff
dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo:
RECENSIONE]
La degenerazione neurofibrillare, che insieme con le placche neuritiche costituisce il segno microscopico distintivo della malattia di Alzheimer, è stata oggetto di approfonditi studi morfostrutturali e biochimici che hanno riconosciuto nei filamenti ad elica appaiati (PHF, da paired helical filament) il costituente principale, associato a filamenti singoli e lineari (SF, da straight filament). Dagli inizi degli anni Novanta è stato chiaro che era la proteina associata ai microtubuli detta tau, nelle sue sei isoforme cerebrali e marcatamente iperfosforilata, a formare i PHF e gli SF degli aggregati neurofibrillari patologici.
All’inizio del secolo scorso, più o meno nello stesso periodo, sono stati scoperti tre tipi di inclusi cellulari filamentosi:
1) i corpi di Lewy, rilevati nel 1912 da Friedrich Lewy nella malattia di Parkinson;
2) i corpi di Pick, descritti come granuli argentofili da Arnold Pick in una forma di degenerazione lobare precedentemente individuata da Alois Alzheimer, il quale nel 1911 aveva già indicato come caratteristici questi inclusi;
3) gli aggregati neurofibrillari descritti da Alois Alzheimer (1906) nella malattia che porta il suo nome per decisione del nosografista Emil Kraepelin (1910).
Solo il primo di questi inclusi è costituito da α-sinucleina, mentre gli alti due sono composti dalla proteina tau. Nel tempo sono state descritte altre condizioni patologiche che avevano come elemento comune l’alterazione di questa proteina associata ai microtubuli; collettivamente queste malattie sono state definite tauopatie, e includono la paralisi sopranucleare progressiva e la degenerazione cortico-basale, oltre alle malattie di Pick e di Alzheimer.
Vari studi hanno associato lo stress ossidativo - e il conseguente danno del DNA - alla morte neuronica nella malattia di Alzheimer e nelle tauopatie a questa correlate. Ora, poiché il danno del DNA può sostanzialmente alterare la struttura della cromatina, molti ricercatori si sono chiesti se l’indagine dettagliata di eventuali alterazioni epigenetiche della cromatina indotte dalla proteina tau, avrebbe potuto fornire nuovi elementi sulla patogenesi neurodegenerativa legata a questa molecola.
Bess Frost e
colleghi hanno studiato i cambiamenti epigenetici nella struttura della
cromatina associati alla neurodegenerazione indotta dalla proteina tau in
modelli transgenici di tauopatia, in particolare in Drosophila melanogaster e nel topo, e li hanno paragonati a quelli
rilevati in neuroni del cervello di pazienti che erano stati diagnosticati di
malattia di Alzheimer. I risultati sono di notevole interesse (Frost B., et al., Tau promotes neurodegeneration through global chromatin relaxation. Nature Neuroscience – Epub ahead of print doi: 10.1038/nn.3639, 2014).
La provenienza degli autori dello
studio è la seguente: Department of Pathology, Brigham and Women’s Hospital,
Harvard Medical School, Boston, Massachusetts (USA); Department of Ophthalmology and Program in
Neurobiology, Boston Children’s Hospital, Boston, Massachusetts (USA);
Department of Neuroscience and Center for Translational Research in
Neurodegenerative Disease, University of Florida, Gainesville, Florida (USA).
La proteina associata ai microtubuli denominata tau ha un’assoluta importanza nelle strutture del citoscheletro delle cellule nervose dove, in condizioni fisiologiche, è altamente concentrata negli assoni, mentre nelle tauopatie umane si accumula anche nel corpo cellulare del neurone e nei dendriti. Importante per l’assemblaggio e la stabilizzazione dei microtubuli, si presenta in 6 isoforme[1] prodotte tutte, per splicing alternativo, a partire dal singolo gene MAPT sito sul cromosoma 17q21. Interessante notare che, se l’inattivazione di MAPT mediante ricombinazione omologa ha generato topi pressoché normali, microdelezioni eterozigotiche della regione del cromosoma 17 che include MAPT danno luogo nella nostra specie a ritardo mentale, suggerendo un importante ruolo della tau nello sviluppo del nostro encefalo. Recenti evidenze supportano un ruolo di regolazione in vie di segnalazione legate ai microtubuli[2].
Tau è una fosfoproteina, e la fosforilazione regola negativamente la sua capacità di interagire con i microtubuli. La fosforilazione è regolata in funzione della fase di sviluppo e, nel cervello umano, è alta nel feto e più bassa in età adulta. Nella patologia alzheimeriana l’iperfosforilazione è un evento precoce che sembra precedere i meccanismi di assemblaggio dei filamenti. La patologia della tau segue uno schema stereotipo circa il tipo di cellule nervose interessate, gli strati cellulari e le regioni cerebrali, con minime variazioni inter-individuali; su questa base sono stati definiti sei stadi della malattia di Alzheimer.
Bess e colleghi hanno rinvenuto una diffusa perdita di etercromatina, sia nei modelli transgenici della patologia realizzati in Drosophila e nel topo, sia nei campioni prelevati post-mortem da cervello di pazienti affetti da malattia di Alzheimer.
Rilevante il risultato di esperimenti che realizzavano il recupero della perdita di eterocromatina indotta da tau in Drosophila: sostanzialmente si riduceva la neurodegenerazione.
La sperimentazione ha permesso di identificare i processi dello stress ossidativo e del conseguente danno del DNA quali meccanismi che realizzano la congiunzione fra l’espressione della tau transgenica e il rilassamento della cromatina, ed ha consentito di documentare che la perdita di eterocromatina permette l’espressione genetica aberrante nelle tauopatie.
Lo studio di ampia scala su campioni cerebrali prelevati post-motem da pazienti affetti da malattia di Alzheimer e posti a confronto con preparati analoghi ottenuti da cervelli non colpiti dalla grave malattia neurodegenerativa, ha rivelato nei neuroni alzheimeriani un ampio e diffuso incremento trascrizionale in geni che erano eterocromatinicamente silenziati nei controlli.
L’insieme dei risultati di questo studio, per i cui dettagli si rimanda al testo dell’articolo originale, individua la perdita di eterocromatina quale effettore tossico della neurodegenerazione indotta da tau e identifica la struttura cromatinica come un potenziale bersaglio terapeutico per la malattia di Alzheimer.
L’autrice della nota, che
ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la collaborazione nella redazione
del testo, invita alla lettura delle numerose recensioni di argomento connesso
che compaiono sul sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).
[1] Le isoforme differiscono per la presenza o l’assenza di un inserto di 29 o 58 amminoacidi nella metà N-terminale, o per la presenza o l’assenza di una ripetizione di 31 amminoacidi, codificata dall’esone 10, nella parte C-terminale.
[2] Scott T. Brady, Tau proteins a scaffold for signaling
molecules, in “Basic Neurochemistry” (Brady, Siegel, Albers, Price, editors), p. 840, Academic Press,
Elsevier, 2012.