Lezione sulla paura di Joseph LeDoux

 

 

ROBERTO COLONNA

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XII – 08 febbraio 2014.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Oscar Wilde, che amava i paradossi, era solito affermare che il vantaggio delle emozioni consiste nel fatto che ci portano fuori strada. L’osservazione spiritosa si basa sulla nozione comune relativa all’esistenza di un “strada”, cioè un modo sensato di vivere la vita, che si perde se ci si abbandona alle emozioni. La distinzione implicita fra un modo istintivo ed emotivo di comportarsi ed un modo responsabile e razionale appare evidente, ed è parte così radicata della nostra cultura che se ne trovano tracce nel tempo, dalla filosofia greca ai nostri giorni.

In altri termini, nell’esperienza umana esiste una dimensione complessa di rapporto fra gli stati affettivo-emotivi e la sfera delle operazioni razionali che gestiscono la vita psichica e le decisioni coscienti. I sentimenti non possono ridursi a semplici emozioni razionalizzate, né ci si può accontentare della dicotomia ottocentesca ragione/passione per spiegare la nostra vita psichica. E’ certo che lo studio, negli animali, delle basi biologiche delle reazioni elementari ad eventi esterni è stato di grande utilità per la comprensione di processi che riguardano anche noi; tuttavia, i limiti del modello animale e, in particolare, della reazione di paura per la comprensione delle emozioni nell’uomo, sono evidenti. Eppure, non sembra essere così per molti ricercatori e studiosi di fede riduzionista, al punto che si legge spesso di sentimenti e di elaborazioni psichiche proprie della vita sentimentale, equiparate alle memorie associative e alle risposte automatiche di roditori di laboratorio.

Joseph E. LeDoux, con un articolo di prossima pubblicazione, fa sentire la sua voce autorevole in questo campo.

I meccanismi cerebrali della paura sono stati studiati estesamente usando il paradigma dell’apprendimento condizionato secondo Pavlov, una procedura che consente di esplorare come il cervello apprenda e successivamente rilevi le minacce apprese nel loro significato e vi risponda appropriatamente. Ma, osserva LeDoux, i meccanismi che rilevano le minacce e consentono la risposta dell’animale non sono gli stessi che danno luogo alla paura cosciente (Joseph E. LeDoux, Coming to terms with fear. Proceedings of the National Academy of Science USA - Epub ahead of print doi:10.1073/pnas.1400335111, 2014).

La provenienza dell’autore è la seguente: The Nathan Kline Institute for Psychiatric Research, Orangeburg, New York; Center for Neural Science and Department of Psychology, New York University; Department of Psychiatry and Department of Child and Adolescent Psychiatry, New York University, NY (USA).

Considerato fra i massimi neurobiologi viventi, Joseph LeDoux proviene dalla scuola del Premio Nobel Roger Sperry ed ha fatto parte, con Michael Gazzaniga[1], John Sidtis e Jeff Holtzman, del team che ha studiato i pazienti con cervello diviso, accertando le principali asimmetrie emisferiche alla base del funzionamento psichico, dopo le asimmetrie definite dalla neurologia classica. Noto in Italia soprattutto per due opere, Il cervello emotivo (ed. it. 1998) e il Sé sinaptico (2002), si dedica da decenni allo studio delle basi biologiche della paura, del suo apprendimento e della sua estinzione, fornendo contributi importanti alla comprensione della fisiologia delle emozioni e alla conoscenza dei ruoli funzionali di strutture cerebrali come l’amigdala.

Nell’elaborazione affettivo-emotiva, Joseph LeDoux ha sempre avuto ben presente l’importanza nel cervello umano della distinzione fra processi coscienti legati al linguaggio verbale, prevalentemente elaborati nell’emisfero sinistro, e processi emozionali non coscienti, prevalentemente sviluppati sulla base degli automatismi reattivi dall’emisfero destro nella maggior parte delle persone. Il “sistema cosciente”, secondo LeDoux, potrebbe completare o anche ridefinire quanto è prodotto dai circuiti la cui attività non raggiunge direttamente la coscienza.

Al centro di questa concezione, c’è l’idea che il linguaggio verbale, o meglio le sue basi cerebrali, abbiano un potere speciale nel conferire senso sia all’esperienza che alla memoria. In proposito, il neurobiologo così si esprime: “La mia idea che il linguaggio «impreziosisca» la memoria di lavoro e, così facendo, renda unica la coscienza umana ha qualche relazione con la nozione di Mike Gazzaniga di un sistema interpretativo nell’emisfero sinistro, che dà origine alle straordinarie proprietà della coscienza umana. […] la coscienza, sotto forma di memoria di lavoro, è divenuta una parte importante del modo in cui io penso alle emozioni, specialmente ai sentimenti”[2].

In questo articolo, si illustra l’efficacia della ricerca basata sull’apprendimento condizionato della paura nel rivelare quello che è stato definito il sistema cerebrale della paura, ma, allo stesso tempo, si fa presente che questo campo di ricerca si è evoluto al punto che necessita di una nuova concettualizzazione di ciò che si studia, che sia più precisa, specifica ed utile al prosieguo delle ricerche.

LeDoux osserva che definizioni quali “fear system” e “fear conditioning” non distinguono fra processi che generano l’esperienza cosciente della paura e processi non coscienti che controllano le risposte difensive dell’organismo indotte dalle minacce alla sua integrità. Questi due ordini di elaborazioni interagiscono fra loro, ma non si deve rischiare di ridurle ad un unico processo. Usare una terminologia che rifletta queste distinzioni, aiuterà a focalizzare la sperimentazione animale sui circuiti cerebrali che rilevano le minacce e vi rispondono, e potrà aiutare a capire le reali implicazioni di questo lavoro per la comprensione di tutti i processi che danno luogo nel cervello umano alle varie esperienze legate alla paura, all’ansia, fino all’angoscia che si accompagna ai gradi più elevati di disorganizzazione psichica.

Negli anni sono stati bene descritti due circuiti per la mediazione della risposta di paura a una minaccia: uno diretto fra talamo e amigdala, l’altro indiretto con un’articolata mediazione che include aree corticali ed altre formazioni del “cervello emotivo”. Questa distinzione paradigmatica dovrebbe ispirare una terminologia che rifletta le differenti realtà dei fenomeni studiati. Un’importante applicazione riguarda la psicopatologia e la clinica psichiatrica. I sintomi che originano dalla percezione cosciente della paura e quelli che si somatizzano direttamente senza che il paziente ne abbia consapevolezza, oltre a seguire vie diverse, potrebbero originare da predisposizioni genetiche ed epigenetiche diverse, ed essere sensibili ad approcci terapeutici differenti[3]. Pertanto, fino a prova del contrario, la distinzione dovrebbe essere adottata dalla ricerca finalizzata alla comprensione delle basi neurofunzionali delle emozioni normali e patologiche.

Infine, LeDoux propone una concezione del cosiddetto fear conditioning in termini di circuiti che operano non coscientemente, ma indirettamente contribuiscono alla paura cosciente.

 

 

 

 

 

 

 

 

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Roberto Colonna

BM&L-08 febbraio 2014

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Michael Gazzaniga, negli anni Settanta, è stato professore di LeDoux ai corsi di dottorato.

[2] LeDoux J., Il cervello sinaptico. Come il nostro cervello ci fa diventare quelli che siamo, p. 275, Raffaello Cortina Editore, Milano 2002.

[3] Oltre alle distinzioni secondo la sintomatologia psichiatrica in fobie, reazioni di paura eccessive (in presenza di minaccia fisica), ansia reattiva, ansia libera, ansia somatizzata, disturbi d’ansia strutturati in forme sindromiche (ASD, PTSD, Crisi di panico, ecc.), e così via, si può pensare a nuovi criteri di classificazione sulla base dei risultati della ricerca.