La corteccia cerebrale controlla la fame mediante un circuito finora ignoto

 

 

NICOLE CARDON

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XII – 01 febbraio 2014.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Undici anni fa, a uno dei primi journal club della Società, focalizzato su oressine, leptina e grelina nel controllo dell’alimentazione, Giuseppe Perrella, introducendo l’ottimo lavoro di analisi e sintesi della letteratura scientifica realizzato da Diane Richmond, osservava: “Questo elevato grado di specializzazione negli automatismi che, attraverso l’interazione di segnali a breve e lungo termine regolano con precisione l’assunzione di cibo, conservando un perfetto equilibrio energetico e ponderale nell’animale, mi suggerisce, ancor più che in passato, l’esistenza nella nostra specie di piccoli sistemi neuronici o circuiti che, originando dalla corteccia cerebrale, consentano un intervento ulteriore di regolazione dall’alto”[1].

Personalmente, come la maggior parte dei neurobiologi, e a differenza della mia amica e collega Diane Richmond, non lo credevo possibile. Ero convinta che le influenze corticali, soprattutto quelle alla base della volontà cosciente di mangiare o non mangiare indipendentemente dall’appetito, fossero solo indirette e si esercitassero per via di influenza della nostra intenzione sul comportamento. Ad esempio: per dimagrire decido di ignorare la fame che sento all’ora del pranzo e, per questo, fisso un appuntamento di lavoro proprio quando sono solita mangiare. Credevo, fra l’altro, che questo intervento indiretto fosse sufficiente e giustificabile in chiave evoluzionistica. La tesi, che chiamerei Perrella-Richmond, sosteneva invece l’esistenza di meccanismi di controllo discendente come quelli che inibiscono il dolore[2].

Ebbene, mi sbagliavo: Benjamin B. Land e colleghi hanno scoperto un circuito che, dai neuroni esprimenti i recettori D1 della corteccia prefrontale mediale, raggiunge l’amigdala basolaterale nella sua porzione mediale. Tale sistema neuronico mostra incremento dell’attività in risposta all’assunzione di cibo. Considerato che tutte le connessioni della corteccia prefrontale note, fatta eccezione per alcuni fasci diretti ai nuclei della base e pontini, sono reciproche, ci sarà ancora materia per interessanti approfondimenti (Land B. B., et al., Medial prefrontal D1 dopamine neurons control food intake. Nature Neuroscience – Epub ahead of print doi: 10.1038/nn.3625, 2014).

La provenienza degli autori dello studio è la seguente: Department of Psychiatry and Ribicoff Research Facilities, Yale University School of Medicine, New Haven, Connecticut, (USA); Department of Neurology, Carver College of Medicine, University of Iowa, Iowa City, Iowa (USA); Department of Psychiatry and Behavioral Sciences, Stanford University, Stanford, California (USA).

Per meglio inquadrare il valore dell’identificazione del nuovo circuito cortico-amigdaloideo, riassumiamo le principali nozioni sul controllo dell’alimentazione mediante l’interazione delle informazioni sullo stato dei depositi energetici dell’organismo (parametro stabile o di lunga durata) e di quelle sullo stato del tratto gastroenterico (parametro labile o di breve durata). La sintesi che segue è stata tratta da una recensione di Diane Richmond.

“È opportuno ricordare che l’accumulo di energia principalmente sotto forma di trigliceridi depositati negli adipociti, ossia cellule che possono diventare dei veri e propri sacchetti gonfi di grasso, è precisamente regolato in funzione dei bisogni dell’organismo da due sistemi: uno per l’equilibrio di lungo termine ed uno per quello di breve termine. I due sistemi interagiscono per il controllo della nutrizione.

“Al sistema di regolazione complessiva di fondo, in un certo senso più statico, danno un contributo fondamentale l’insulina, che porta il glucosio all’interno delle cellule inducendo l’utilizzo o l’accumulo previa trasformazione, e la leptina (dal greco leptos = sottile, magro), un peptide secreto principalmente dagli adipociti che si lega a recettori della super-famiglia delle citochine nel cervello e alla periferia, determinando la riduzione dell’assunzione di cibo, l’aumento della lipolisi, del dispendio energetico e della termogenesi[3]. Nell’ipotalamo, responsabile del controllo cerebrale complessivo di processi e meccanismi metabolici dell’organismo, la leptina e l’insulina circolante si legano ai recettori di due popolazioni di neuroni del nucleo arcuato (neuroni NPY/AGRP che promuovono accumulo, neuroni α-MSH/CART che promuovono l’uso), che reagiscono in modo opposto all’influenza dei due ormoni peptidici e determinano influenze funzionali opposte. Da questi neuroni si dipartono fasci di assoni verso i nuclei dell’ipotalamo che erano stati implicati nella regolazione della fame e della sazietà già quarant’anni or sono. Infine, non è superfluo ricordare che il circuito cerebrale per l’equilibrio energetico, come quello per i fluidi, è ampiamente distribuito e, oltre ai nuclei ipotalamici, comprende importanti componenti situati nella parte caudale del tronco encefalico e nel complesso vagale dorsale.

“Al sistema di regolazione di breve termine, legato a fame e sazietà, danno un contributo importante due ormoni secreti dall’apparato gastroenterico ed immessi nel torrente circolatorio: la colecistochinina e la grelina. La colecistochinina determina la fine del pasto rallentando lo svuotamento dello stomaco e stimolando impulsi vagali al sistema troncoencefalico inferiore implicato nel patterning dei pasti. La grelina, i cui recettori sono stati identificati in varie aree, oltre che nei nuclei arcuato e paraventricolare dell’ipotalamo e in quelli del complesso vagale dorsale, è implicata nell’induzione dell’assunzione del cibo e il suo picco di secrezione si verifica a stomaco vuoto[4].”[5].

Il lavoro di Land e colleghi nasce, come è facile immaginare, da una lunga serie di osservazioni sperimentali su neuroni della corteccia prefrontale, alcune delle quali contenevano già importanti tracce e indicazioni, non rilevate o riconosciute, probabilmente perché i dati erano letti in una diversa chiave, ossia quella della partecipazione di questi sistemi corticali alle attività del circuito dopaminergico a ricompensa. Uno studio elettrochimico nel ratto, ad esempio, mostrava che i livelli di dopamina prefrontale sono correlati con la ricompensa del cibo, in una stima basata sulla quantità di cibo ingerita (Richardson & Gratton, 1998). La scarica di cellule ricche di dopamina della corteccia prefrontale mediale del ratto era associata all’accessibilità al cibo in una prova comportamentale (Kursina et al., 1994). La corteccia prefrontale, l’amigdala e il nucleo accumbens sono risultati intimamente connessi nelle interazioni dinamiche all’origine della regolazione del comportamento alimentare e del suo controllo da parte dei livelli di sazietà (Jackson & Moghaddam, 2001; Ahn & Phillips, 2002)[6].

Land e colleghi, prima di avviare la loro indagine, hanno osservato che, sebbene il ruolo della corteccia prefrontale nell’assunzione del cibo non fosse stato ancora ben definito e compreso, gli innumerevoli studi condotti negli ultimi decenni sulla fisiologia di questa importante sezione corticale, fornivano la certezza della sua influenza sul “comportamento motivato”. Gli esperimenti sono stati concentrati sui neuroni della corteccia prefrontale mediale esprimenti i recettori per la dopamina D1. In proposito, si ricorda che si conoscono 5 tipi di recettori per questa catecolamina, distinti in due tipologie corrispondenti ai due primi tipi identificati (D1 e D2) e perciò definite D1-simili (D1 e D5) e D2-simili (D2, D3, D4). All’interno di questi due gruppi, studi di clonazione hanno consentito di identificare vari sottotipi. I recettori D1 si accoppiano alla proteina Gs[7] e stimolano la formazione di AMP-ciclico; i recettori D2 si accoppiano alle proteine Gi/Go, che si legano al GTP, e inibiscono l’AMP-ciclico.

Le evidenze sperimentali, che hanno mostrato un ruolo di regolazione dell’alimentazione da parte dei neuroni esprimenti recettori tipo D1 nella corteccia prefrontale mediale, si possono così riassumere: 1) l’assunzione di cibo accresceva selettivamente l’attività di queste cellule nervose nel topo; 2) la fotostimolazione dei neuroni esprimenti D1, mediante tecnica optogenetica, determinava l’aumento dell’attività alimentare degli animali; 3) per converso, l’inibizione di queste popolazioni neuroniche, causava una evidente riduzione dell’assunzione di cibo.

L’indagine è proseguita con procedure volte ad accertare le connessioni in uscita da queste cellule corticali. La costruzione, mediante la tecnica della stimolazione, di una mappa delle proiezioni dei neuroni della corteccia prefrontale esprimenti recettori D1, ha rivelato come principale target a valle del fascio di assoni corticali la parte mediale del gruppo di nuclei basolaterali dell’amigdala (mBLA, da medial basolateral amygdala).

Land e colleghi hanno poi studiato i neuroni riceventi dell’amigdala, cioè le cellule della mBLA attivate dalla stimolazione dei neuroni esprimenti D1 della corteccia prefrontale. I ricercatori hanno rilevato che queste cellule post-sinaptiche sono positive a CaMKII e, da un punto di vista morfo-strutturale, sono strettamente giustapposte ai terminali assonici delle cellule prefrontali mediali esprimenti il primo tipo di recettori della dopamina.

Il passo successivo è consistito nella verifica degli effetti della stimolazione del target amigdaloideo. La fotostimolazione è stata condotta direttamente nell’area dell’amigdala basolaterale (gruppo mediale), dirigendola sui terminali assonici: lo stimolo è stato sufficiente ad accrescere l’assunzione di cibo, riproducendo esattamente gli effetti generati dalla stimolazione dei neuroni D1 della corteccia prefrontale mediale.

Il complesso dei dati, per il cui dettaglio si raccomanda la lettura integrale del testo del lavoro originale, descrive un nuovo circuito per il controllo della quantità di cibo da assumere top-down, cioè dall’alto del livello di integrazione corticale al basso della risposta “limbica” dell’amigdala.

 

L’autrice della nota, che ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la collaborazione nella redazione del testo, invita alla lettura delle numerose recensioni di argomento connesso che compaiono sul sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Nicole Cardon

BM&L-01 febbraio 2014

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Trascrizione da registrazione di una relazione orale non pubblicata (Firenze, 2003).

[2] Si veda: Note e Notizie 23-10-04 Il dolore si riduce se si ritiene di poterlo controllare; Nella sezione “In Corso”: Perrella G., Dolore cronico e danno neurodegenerativo. BM&L-Italia, Firenze 2010. La tesi sostenuta dal nostro presidente è coerente con la sua visione teorica dell’evoluzione e della fisiologia cerebrale, dalla quale si deduce come necessità.

[3] Cfr. G. Perrella, op. cit.

[4] Cfr. G. Perrella, op. cit.

[5] Note e Notizie 02-02-13 Come la grelina si lega ai neuroni ipotalamici dell’appetito.

[6] Le indicazioni bibliografiche complete per le citazioni poste in parentesi, si trovano alle pp. 105-123 di Fuster J. M., The Prefrontal Cortex. Elsevier, Academic Press 2008.

[7] Golf nello striato.