Sorprendenti differenze fra uomini e donne nel connettoma cerebrale

 

 

DIANE RICHMOND

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XII – 25 gennaio 2014.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Le differenze cerebrali fra i sessi costituiscono da sempre una materia di grande interesse generale e non solo neuroscientifico, sia per la curiosità relativa ad un possibile rapporto fra il fenotipo sessuale del cervello e le differenze di genere attribuite in prevalenza a fattori culturali, sia perché trovare un fondamento biologico per uno “stile mentale sessuale” potrebbe avere rilevanza giuridica e medico-legale, oltre che psicologica e psichiatrica. Per molto tempo si è cercato di identificare e caratterizzare un dimorfismo sessuale nell’anatomia macroscopica dell’encefalo; poi l’attenzione è stata maggiormente focalizzata su neurotrasmettitori, recettori ed altri aspetti neurochimici; infine, l’oggetto principale delle possibili differenze è stato ricercato nel modo in cui i sotto-sistemi neurali realizzano le connessioni nelle aree rilevanti per i processi cognitivi ed affettivo-emozionali.

Anche se i pochi studi che hanno rilevato dati significativi - ripetuti e riscontrati da gruppi di ricerca indipendenti - sono quelli che hanno accertato differenze di prestazione in compiti cognitivi[1], la ricerca sulle differenze morfo-funzionali dell’encefalo prosegue, disponendo attualmente di strumenti di indagine che consentono studi più analitici ed accurati.

Madhura Ingalhalikar e colleghi hanno deciso di indagare, mediante DTI, in una popolazione di 949 bambini e giovani di età compresa fra gli 8 e 22 anni, il profilo delle connessioni encefaliche di ciascun sesso, ossia il connettoma maschile e femminile. Il campione adottato, in assoluto considerevole da un punto di vista numerico, lo è ancor di più per questo genere di studi, che richiede una procedura ancora poco nota, alla quale spesso i candidati al ruolo di volontari, dopo una iniziale adesione, si rifiutano di sottoporsi. Anche nel confronto con altri studi, rilevanti per la precisione dei dati morfologici e il rigore metodologico, ma realizzati su un numero limitato di partecipanti, la significatività dei risultati ottenuti rimane molto elevata.

In sintesi, ecco quanto si può riconoscere allo studio di Ingalhalikar e colleghi:

1) ha scoperto nuove differenze sessuali;

2) ha rilevato una precoce divergenza nelle traiettorie di sviluppo fra maschi e femmine;

3) ha suggerito un assetto funzionale con una particolare specializzazione per ciascun sesso (Ingalhalikar M., et al., Sex differences in the structural connectome of the human brain. Proceedings of the National Academy of Sciences USA 111 (2): 823-828, 2014).

La provenienza degli autori dello studio è la seguente: Section of Biomedical Image Analysis and Center for Magnetic Resonance and Optical Imaging, Department of Radiology and Department of Neuropsychiatry, Perelman School of Medicine, University of Pennsylvania, Philadelphia, PA (USA); Center for Applied Genomics, Children’s Hospital of Philadelphia, Philadelphia, PA (USA). Il lavoro è stato presentato da Charles Gross dell’Università di Princeton.

I progressi compiuti nella metodica di risonanza magnetica ad alta risoluzione[2], associati alla tecnologia genetica, hanno consentito di scoprire nuovi aspetti del dimorfismo sessuale del sistema nervoso centrale.

Nelle donne è stato riscontrato un volume maggiore nella corteccia fronto-orbitale e in varie circonvoluzioni, fra cui la precentrale, la frontale superiore e la lingula.

Al contrario, negli uomini sono risultate più espanse la corteccia frontale mediale, l’amigdala e il giro angolare. Quest’ultimo rilievo è molto significativo, perché ci aiuta a comprendere quanto siano incerti questi dati: in passato, studi morfologici avevano rilevato un giro angolare più espanso nelle donne, e questo dato era stato posto in relazione con abilità linguistiche che si supponevano maggiori nel sesso femminile.

Il problema principale è che la relazione fra differenze strutturali e differenze cognitive è materia controversa e, secondo molti ricercatori, se pure esistono reali differenze morfologiche legate al sesso, queste riguardano la media in due popolazioni altamente variabili al loro interno. In altri termini, le differenze individuali sarebbero più rilevanti e significative di quelle sessuali[3]. L’importanza del dimorfismo cerebrale legato al sesso sembra però essere confermata dagli studi sul cervello delle persone omosessuali: i maschi omosessuali presentano un encefalo con le caratteristiche più sopra indicate per le donne; viceversa, le femmine omosessuali (lesbiche) presentano un encefalo con i caratteri tipicamente rilevati negli uomini.

Schematizzando i risultati delle ricerche più recenti, due aspetti sembrano emergere con chiarezza: 1) in vari compiti e comportamenti sono state rilevate differenze di prestazione legate al sesso che, nel loro insieme, sembrano rispondere al criterio evoluzionistico della complementarietà adattativa, con i maschi prevalenti nelle abilità motorie e spaziali e le femmine più dotate in abilità sociali e di memoria[4]; 2) le differenze sessuali finora rilevate nel cervello umano non possono facilmente essere messe in rapporto con le differenze comportamentali e non spiegano questa apparente complementarietà adattativa.

Ipotizzando che le differenze legate al sesso potessero consistere in particolarità della configurazione delle connessioni nel loro insieme, Madhura Ingalhalikar e colleghi hanno cercato di caratterizzare il connettoma del numeroso campione di cui hanno potuto disporre, sperando di poter desumere due definiti modelli generali, l’uno maschile e l’altro femminile. I volontari studiati mediante la tecnica di diffusion tensor imaging (DTI), come già accennato, erano 949: 428 maschi e 521 femmine di età compresa fra gli 8 e i 22 anni.

Sono emersi tratti della connettività legati al sesso, specifici e nuovi, evidenti nel corso dello sviluppo puberale ed adolescenziale.

L’analisi statistica secondo il criterio delle connessioni, insieme con l’analisi delle misure di rete regionali e globali, hanno fornito una descrizione esaustiva delle caratteristiche delle reti neuroniche. Ecco in estrema sintesi i principali rilievi:

1) in tutte le regioni sopratentoriali i maschi hanno presentato una connettività intraemisferica maggiore, insieme con una accentuata modularità e transitività;

2) nelle femmine predominavano la connettività interemisferica e la partecipazione intermodulare;

3) un aspetto veramente notevole è che questo paradigma, apparentemente ben definito e costante, risultava completamente rovesciato nelle connessioni del cervelletto: una struttura ancora molto sottovalutata per la limitata comprensione che ancora abbiamo della sua fisiologia, se si eccettua il ruolo nella postura e nel movimento.

Naturalmente, l’obiettivo che ha indotto la scelta di partecipanti in età che vanno dall’infanzia alla prima giovinezza, era lo studio dell’evoluzione nel tempo del connettoma, per verificare se, come e quando nel corso dello sviluppo si realizzano differenze nei collegamenti fra nuclei e aree legati al sesso. I ricercatori hanno accuratamente verificato le immagini per ricostruire i processi, così deducendo che si va affermando una diversa traiettoria di sviluppo nei maschi e nelle femmine, con quelle differenze che poi portano ai quadri schematizzati nei tre punti più sopra riportati, maggiormente evidenti nell’adolescenza e nell’età adulta.

Nel complesso i risultati, per il cui dettaglio si raccomanda la lettura integrale del lavoro originale, suggeriscono che il cervello maschile sia maggiormente strutturato per facilitare la connettività fra percezione ed azione coordinata, mentre il cervello femminile sembra più disposto a facilitare l’interscambio fra i due modi di elaborazione, analitico ed intuitivo, che si ritiene siano caratteristici, rispettivamente, dell’emisfero sinistro e dell’emisfero destro[5].

Se e quanto tutto ciò abbia un effettivo rilievo sugli atteggiamenti mentali e gli stili cognitivi non è ancora possibile dirlo, e solo il prosieguo degli studi potrà fornire gli elementi necessari; tuttavia, dopo tante descrizioni di differenze morfologiche minime, incerte o non reali, i risultati di Madhura Ingalhalikar e colleghi costituiscono un contributo significativo e un punto di partenza ineludibile per nuovi studi.

 

L’autrice della nota invita alla lettura degli scritti di argomento connesso che compaiono sul sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”) e ringrazia il presidente Perrella, con il quale ha studiato e discusso l’argomento trattato, e la dottoressa Isabella Floriani, per la correzione della bozza.

 

Diane Richmond

BM&L-25 gennaio 2014

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Le differenze di prestazione nei due sessi sono bene illustrate dai lavori della scuola di Doreen Kimura e riportati nell’articolo di Nicole Cardon e Giuseppe Perrella, Il sesso del cervello: miti e realtà, che costituisce il secondo dei due scritti presentati nella scheda introduttiva dal titolo “Sesso e Cervello” pubblicata nella sezione “IN CORSO” del sito.

[2] Si sottintende che le stime sono calcolate attraverso la normalizzazione matematica dei valori assoluti rispetto alle proporzioni per sesso, età ed altri parametri significativi.

[3] Altri studi interessanti riguardano le osservazioni di persone con una mutazione in un singolo gene, che dissocia il sesso anatomico da quello cromosomico e gonadico, quali CAIS, CAH e il deficit di 5α-reduttasi.

[4] La generalizzazione riguarda una sommatoria approssimativa di risultati. Come sempre nella realtà umana le cose sono complesse, e anche in questo caso sarebbe necessario fare dei distinguo e delle precisazioni sul tipo di prestazione mnemonica testata. Infatti, basta prendere anche un banale esempio di memoria spaziale - di per sé molto omogenea nei roditori - per rilevare differenze nella realtà umana: se si tratta di ricordare e riconoscere un oggetto nella sua collocazione fra tanti altri, più spesso, ma di poco, prevalgono le donne; al contrario, se si tratta del suo orientamento in uno spazio tridimensionale, la prevalenza degli uomini è discretamente evidente e testosterone-dipendente. A ciò si aggiunga che quasi tutti i casi di memoria prodigiosa descritti nella letteratura scientifica, da quelli espressi in condizioni patologiche a quelli di persone altrimenti normali, appartengono al sesso maschile.

[5] L’interpretazione dei dati è basata sull’opinione prevalente circa il valore delle connessioni emisferiche e la complementarietà funzionale dei due emisferi cerebrali. In un certo senso è un’interpretazione basata su altre interpretazioni, pertanto il suo valore è relativo. Non tutti, ad esempio, condividono questa netta e generale ripartizione di ruoli fra i due emisferi.