La scienza del peccato o la fiera degli errori di metodo e concetto?

 

 

GIOVANNA REZZONI

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XI – 14 dicembre 2013.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: DISCUSSIONE]

 

All’ultimo incontro del Seminario sull’Arte del Vivere tenutosi a Firenze il 6 dicembre 2013, la professoressa Monica Lanfredini ha presentato il “caso” del numero monografico dedicato alla “scienza del peccato” (The Science of Sin) della rivista Scientific American MIND[1], rilevando il mancato rispetto di valori di senso fondamentali perché le parole possano essere considerate oggetto di ricerca scientifica o di semplice riflessione speculativa. I sette vizi capitali, definiti peccati mortali secondo una particolare tradizione culturale, costituiscono l’argomento di otto articoli di autori la cui formazione va dalla psicologia dell’economia a discipline neuroscientifiche, passando per il giornalismo. Sandra Upson, managing editor della rivista e autrice dell’articolo sull’accidia, nel suo editoriale di presentazione, come sempre ben scritto, mostrando di non avere particolare considerazione per i credenti e riducendo la trasgressione ad una questione di superficiale rischio di perdere vantaggi materiali, afferma: “Noi spesso pensiamo alle tentazioni come alla rovina di diete, promesse e ambizioni, ma la loro spinta è una parte naturale della vita.”[2]. La frase, impiegata a scopo introduttivo, esprime in realtà una tesi di fondo che, a mio parere, entra in contrasto con lo stesso criterio, giornalistico e non scientifico, in base al quale è stato concepito questo numero speciale della rivista.

Monica Lanfredini, dopo aver proposto alcune acute osservazioni, ha chiesto il parere di vari soci, secondo le specifiche competenze, su alcune questioni sollevate dal modo in cui la materia è stata trattata. Riporto, qui di seguito, qualche stralcio: “Non essendo una neuroscienziata, non ho la preparazione per poter giudicare il valore di merito della maggior parte degli articoli di questo fascicolo monografico, ma avendo un naturale e professionale rispetto per la cultura, la storia e le opinioni filosofiche e religiose del prossimo, non posso esimermi dal rilevare che in questa rivista se ne fa strame per superficialità e mancanza di conoscenza”.

“Si dà per implicito l’ateismo del lettore, che dovrebbe condividere una tesi di fondo non esposta, secondo cui il peccato non esiste, in quanto non esiste JHWH degli Ebrei, Dio Padre Creatore dei Cristiani, con il quale l’umanità ha stabilito un patto la cui trasgressione determinerebbe la perdita di unione con il Bene assoluto. Su questa base è più facile considerare ciò che si chiama “peccato” come un prodotto della cultura del tempo, soggetto al mutare delle fonti di potere che gli conferirebbero senso: in una certa epoca le monarchie di impronta religiosa, in questa epoca le lobbies dei grandi interessi economici globali, che hanno sostituito le convenienze alle convinzioni e il pragmatismo del profitto alle prospettive delle religioni e delle ideologie”.

“La conoscenza della storia, se non si limita ad un superficiale nozionismo che considera l’avvicendarsi delle epoche come la rapida successione di immagini più o meno emblematiche nello stile delle ricostruzioni televisive, ma come l’evolversi di radici e ragioni antropologiche - e perché no spirituali - attraverso dinamiche politiche e sociali, di per sé ci insegna a distinguere, riconoscere e rispettare, concezioni come quella giudaico-cristiana che ha influenzato, direttamente o indirettamente, l’atteggiamento mentale di milioni di persone nel corso dei millenni”.

“A rigore, se si parla di «scienza del peccato» si dovrà pur definire che cosa è peccato e cosa non lo è. Se non troviamo una convenzione ragionevole o almeno un’ipotesi di lavoro condivisa, mi sembra, pur da semplice orecchiante del metodo scientifico, che venga a mancare l’oggetto dell’esperimento o della speculazione. Se non definisco cosa è peccato e cosa no, come faccio a dire che quel correlato neurofunzionale appartiene al peccato e non a qualcosa di diverso da esso? Mi sembra che venga meno quel cardine della verificabilità su cui ha tanto scritto Popper”.

“Infine, prima di lasciare la parola a chi è più competente di me in questioni scientifiche, vorrei fare alcune precisazioni di semplice cultura generale.

Secondo la teologia cristiana il peccato è un’offesa fatta a Dio, disobbedendo alla sua legge. Le distinzioni relative ai tipi di peccato, specifiche della teologia cattolica, si rinvengono in quasi tutte le altre confessioni cristiane con qualche piccola differenza nella formulazione. Rispetto alla provenienza il peccato è distinto in originale e attuale, rispetto alla gravità in mortale e veniale. Il peccato originale è quello che l’umanità commise per mezzo di Adamo, che la rappresenta come metafora del primo uomo consapevole e responsabile davanti a Dio. Le conseguenze di questo peccato, che si cancella mediante il sacramento del Battesimo, si estesero a tutti i discendenti, eccetto Maria Vergine. Il peccato attuale è quello commesso volontariamente in pensieri, parole, opere e omissioni da chi ha l’uso di ragione. Il peccato di omissione consiste nel non fare quanto è comandato (es.: non santificare le feste), mentre il peccato di commissione consiste nel compiere il male (uccidere, rubare, commettere adulterio). Per gli Ebrei e per i Cristiani è peccato trasgredire i dieci comandamenti; Gesù Cristo vi aggiunse un comandamento nuovo, che è la chiave di tutti gli altri: “9Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi. Rimanete nel mio amore […]. 12Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amati” (Giov. 15, 9-12).

Per tutte le confessioni religiose originate dal monoteismo biblico, solo Dio può definire ciò che è peccato, e la sua legge è eterna e immutabile. Gesù Cristo, in quanto della stessa natura divina del Creatore, come Seconda Persona della Santissima Trinità, ha dato il comandamento dell’Amore del prossimo come insegnamento esplicito, di cui Egli stesso è stato modello, del modo in cui onorare il primo comandamento: amare il prossimo non di amore profano, ma secondo il volere divino, è amare Dio riconoscendolo nella sua essenza.

Si comprende perciò che per i credenti nessun essere umano può mutare la legge divina, stilando nuove liste di peccati o cancellando qualcuno dei comandamenti.

Fatte queste considerazioni a proposito del peccato, vorrei richiamare l’attenzione sulla diversa calibratura semantica che attiene al vocabolo “vizio”, pur talvolta impiegato come sinonimo di peccato.

Per il termine vizio abbiamo tre significati principali in tutte le lingue sviluppate nel continente europeo.

Il primo: tendenza naturale o acquisita ad operare coscientemente il male, e in questo senso opposta a virtù e costituita nei sette Vizi Capitali: superbia, avarizia, lussuria, invidia, gola, ira e accidia.

Il secondo: abitudine inveterata che determina un desiderio quasi morboso per una cosa nociva (vizio del fumo, del bere, dell’oppio, della cocaina, fra quelli elencati da secoli).

Il terzo: difetto, inteso come alterazione, distorsione, guasto. In questo senso lo troviamo in medicina (vizi valvolari), nel diritto (vizi di forma), nel commercio (vizi di fabbrica).

Nel nostro fascicolo monografico si confondono tutti questi valori semantici considerandoli sempre equivalenti, e si passa continuamente dal significato di peccato a quello di vizio nei suoi vari significati”.

Fin qui Monica Lanfredini. Sono certa che avremo interessanti discussioni sull’argomento e che pareri ben più autorevoli del mio, a cominciare da quello del nostro presidente, forniranno elementi di pregio per la critica e la riflessione, tuttavia ho deciso di rispondere all’appello di Monica focalizzando l’attenzione su due elementi:

1) si possono rilevare, almeno in qualche articolo, elementi che meritino l’appellativo di “scienza del peccato”, secondo il titolo del fascicolo monografico?

2) I contenuti di History of Sin (“Storia del Peccato”), una cronologia in 27 punti inserita a metà fascicolo e tracciata da Luciana Gravotta, una divulgatrice scientifica indipendente.

Se per “scienza del peccato” si intende uno studio sperimentale che definisca in relazione ad un metodo l’oggetto “peccato” in modo incontrovertibile, nessuno degli scritti può essere preso in considerazione. Si può anche osservare che la trattazione dei “vizi”, intesi nei termini della seconda accezione proposta da Monica Lanfredini, cioè abitudine inveterata che determina un desiderio quasi morboso per una cosa nociva, sarebbe potuta consistere in una rassegna di tutti i lavori recenti sul circuito a ricompensa (VTA - nucleo accumbens) e sull’addiction.

Se per “scienza del peccato” si intendono le basi neurobiologiche degli atti mentali e materiali che chiamiamo peccati, allora ci si attende che si attinga alle conoscenze sulla neurofisiologia del comportamento istintivo e delle emozioni.

Consideriamo prima il comportamento istintivo. Si conoscono, ad esempio, molti processi e meccanismi cerebrali alla base delle attività sessuali. Dei due articoli dedicati alla lussuria, il primo indica le aree cerebrali attivate dall’eccitazione erotica nei suoi vari aspetti, il secondo parla della mancanza di orgasmo (anorgasmia) che interessa molte donne. Quale sia il rapporto col peccato (adulterio, fornicazione) e col vizio capitale (lussuria) non è dato sapere.

Gli aspetti delle funzioni cerebrali studiati hanno luogo nei coniugi uniti dal vincolo sacramentale del matrimonio e, in questo caso, non sono affatto riconducibili a vizio o peccato. Il peccato sessuale consiste nel mettere al primo posto il proprio desiderio, anziché la legge divina, tradendo il patto con Dio e con il coniuge. Nella tradizione giudaico-cristiana la sessualità è sacralizzata nel matrimonio con la partecipazione all’opera creatrice divina attraverso la procreazione, mentre è demonizzata se impiegata per portare altri verso se stessi: se-durre. La seduzione è, infatti, modello dell’agire satanico che attrae a sé, distogliendo da Dio.

La neuroscienza di questo peccato dovrebbe consistere nell’identificazione di un pattern di funzione - verosimilmente corticale - specifico per l’adulterio o esprimente un atteggiamento mentale in cui la spinta sessuale annulla i vincoli morali (lussuria). Lo studio morfo-funzionale del cervello degli psicopatici ha evidenziato delle ipogenesie e delle ridotte funzioni che potrebbero spiegare la scarsa presa degli apprendimenti morali su queste persone, ma questi dati sono “neuroscienza dei loro reati e peccati”?

Per ciò che riguarda le emozioni, possiamo dire che dagli studi pionieristici di Walter Cannon, che negli anni Trenta del secolo scorso identificò le prime basi cerebrali della reazione di attacco o fuga (fight or flight), si sono fatti grandi progressi e si possono indicare aree e circuiti alla base dell’ira, collegabile con l’attacco, e della paura, connessa con la fuga.

Ma il peccato costituito da un omicidio commesso in preda all’ira ha una base neurofunzionale identificata e identificabile? La risposta è decisamente negativa. Possiamo rilevare un pattern cerebrale di attività motoria come quella che si impiega per vibrare delle coltellate, ma se questi colpi sono inferti ad una persona, ad un animale o ad un oggetto, non lo si può desumere dalle immagini in risonanza magnetica funzionale del cervello.

D’altra parte, studiare la reazione di rabbia (rage reaction) non è definire le basi di un peccato. Non è peccato adirarsi come reazione istintiva ad un evento. Sarebbe irragionevole da parte di un credo religioso pretendere che una persona sopprima del tutto risposte fisiologiche come rabbia e paura, che non ha il potere di impedire con un semplice atto di volontà. È peccato, invece, cedere alla collera ed agire in maniera ingiusta, ritorsiva, aggressiva, lesiva o addirittura distruttiva. Il vizio dell’ira consiste nel proteggere con giustificazioni e, in tal modo, coltivare ed incrementare le reazioni aggressive, per i vantaggi che comportano nei rapporti col prossimo, talvolta intimorito o assoggettato dalla violenza, anche solo verbale, espressa dall’iracondo.

Si ritorna all’importanza dell’intenzione e, dunque, del fine, dello scopo, dell’oggetto di un atto mentale e materiale, come abbiamo imparato al Seminario sull’Arte del Vivere.

La cultura degli autori della monografia sembra proprio difettare su questo punto. Il peccato, nella concezione cristiana, non si identifica con la forma di un comportamento, ma con la sostanza di un sentimento. Il peccato è inteso da molti di coloro che si professano agnostici, laici o non credenti, come semplice trasgressione di un codice morale, mentre per il credente, e in particolar modo per il cristiano, è un’evidente mancanza di amore e di fede.

Avere cura di sé, o anche mettere un belletto, non è di per sé peccato di vanità. Diviene tale se il fine è quello della seduzione e l’importanza che vi attribuiamo riduce la disponibilità al servizio del prossimo e alla testimonianza spirituale. Gesù non è contrario all’uso dei profumi, infatti dice di lavarsi il viso e profumarsi il capo quando si digiuna, affinché il sacrificio compiuto non appaia alle persone che ci circondano ma solo al Padre celeste.

Questo fascicolo di “MIND” è, a mio modesto avviso, un’occasione mancata.

Si è persa un’occasione perché, se è vero che definire le basi neurobiologiche di una concezione tanto astratta quale quella dell’intenzione al male, non è ancora un’impresa alla portata delle conoscenze e dei metodi attuali, è pur vero che lo studio dei molteplici aspetti psicologici legati al peccato è una vera e propria miniera di conoscenza sulla psiche. I temi sono talmente numerosi che solo elencarli richiederebbe tutto lo spazio previsto per l’intero scritto, ma solo per citare due argomenti sui quali avrei molto materiale, propongo queste tracce: lo sviluppo individuale e sociale della psiche con e senza il concetto di peccato; lo psicoanalista Jacques Lacan definì la depressione un peccato.

Concludo con qualche considerazione sulla cronologia di Luciana Gravotta intitolata History of Sin. Lo scarso rispetto per una cultura che ha contribuito a costituire le radici antropologiche dell’Europa, da cui derivano anche quelle dell’America, è evidente.

La prima menzione, delle 27 totali, fa risalire il primo elenco dei “vizi capitali” ad una lista stilata nel 375 d.C. in un libro di istruzione per i suoi fratelli da un monaco: Evagrius del Ponto. Prosegue, giungendo al 590, quando Papa Gregorio Magno compose l’elenco ancora adottato dalla Chiesa Cattolica. È indicato poi il periodo 1265-1274, durante il quale San Tommaso d’Aquino scrisse la Summa Teologica, dalla quale si estrae la definizione degli atti peccaminosi derivanti dalla lussuria. Così si prosegue per alcuni secoli con citazioni da artisti e scrittori, con le quali si giunge al Novecento. Salta agli occhi la menzione degli anni Cinquanta con una “vittoria per l’accidia”: l’invenzione del telecomando. Questo, nella “Storia del Peccato”. Da qui si prosegue degenerando, fino al 1995, con la citazione di un cartone animato: “Homer Simpson proclama l’accidia parte della cultura americana”.

Mi fermo qui e rimando alle affermazioni di Monica Lanfredini, precedentemente riportate, che rendono chiaramente la caduta di stile culturale, oltre che di livello scientifico, di questo numero monografico di MIND.

 

L’autrice della nota ringrazia la professoressa Monica Lanfredini per averle lasciato usare brani della registrazione della sua comunicazione al “Seminario sull’Arte del Vivere”, ringrazia il Presidente della Società Nazionale di Neuroscienze perché le idee espresse sono maturate nel percorso del Seminario, e invita alla lettura degli scritti di argomento connesso che appaiono sul sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Giovanna Rezzoni

BM&L-14 dicembre 2013

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Scientific American MIND Volume 24, Number 5, November/December 2013.

[2] Scientific American MIND, op. cit., p. 1.