Meccanismi della trasmissione epigenetica di una paura appresa da un
genitore
DIANE RICHMOND
NOTE
E NOTIZIE - Anno XI – 14 dicembre 2013.
Testi pubblicati sul sito
www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind
& Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a
fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta
settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in
corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli
oggetti di studio dei soci componenti lo staff
dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo:
RECENSIONE]
Quando si parla della possibilità della trasmissione alle generazioni successive di elementi appresi o acquisiti nel corso della vita, molti pensano ancora all’eresia biologica costituita dal lamarkismo, cioè la prima teoria evoluzionistica della storia della biologia avanzata dal naturalista francese Jean-Baptiste de Lamark (1744-1829), che postulava l’ereditarietà dei caratteri acquisiti. Lamark espose le sue tesi nel volume Philosophie zoologique (1809), nel quale argomentava circa l’esistenza di due costanti alla base della varietà delle specie e del loro successo evolutivo: 1) la “legge dell’uso e del disuso”, secondo cui un organo od altra struttura biologica si sviluppa per effetto dell’uso e si atrofizza se cade in disuso; 2) la “legge dell’ereditarietà dei caratteri acquisiti”, secondo cui i caratteri acquisiti da un animale nel corso della sua vita, per effetto di attività, si trasmettono alla progenie.
L’infondatezza delle tesi di Lamark fu dimostrata dagli studi del citologo August Weissman e di altri biologi: 1) si dimostrò che formazioni anatomiche caratteristiche e strutture vestigiali non erano il prodotto di un uso o un mancato uso in una generazione, ma la conseguenza di un processo di selezione naturale fra varianti apparse per mutazione; 2) dimostrata la separazione fra le cellule germinali e le cellule somatiche, fu chiaro che un carattere acquisito, come un’ipertrofia muscolare da uso massiccio, riguardava le cellule somatiche e non gli spermatozoi o le ovocellule e, pertanto, non poteva essere trasmessa alla generazione successiva.
I lamarkiani resistevano alle teorie darwiniane per vari motivi, ma soprattutto perché queste supponevano l’esistenza di elementi portatori di forme o caratteri, quali le “gemmule” di Darwin o i “biofori” di Weissmann, in altre parole, i geni. Su questa base i fautori delle tesi di Lamark sospettavano i darwiniani di idealismo o spiritualismo. Ricordiamo che Charles Darwin non lesse mai lo straordinario lavoro di Gregorio Mendel ritrovato intatto, con le pagine non sfogliate, su uno scaffale della sua biblioteca, ma solo dall’incontro delle tesi di Darwin con le leggi di Mendel nascerà la moderna genetica.
Ma oggi, quando si parla di trasmissione di elementi biologici o caratteri acquisiti nel corso della vita non si fa riferimento all’uso e al disuso con regolare trasferimento alla prole dei loro effetti, né è in questione - come ha titolato la divulgazione scientifica - una pretesa “rivincita di Lamark”[1], ma una questione ben diversa, ossia i meccanismi molecolari dell’epigenetica.
In proposito, un interessante lavoro di Brian Dias e Kerry Ressler dimostra l’eredità epigenetica di un comportamento appreso e poi trasmesso alle successive generazioni mediante il DNA dei gameti maschili. I due ricercatori hanno determinato un apprendimento associativo, consistente nel legame fra un’esperienza traumatica e la percezione di un particolare odore in topi da esperimento. L’esperienza è stata seguita dalla trasmissione del comportamento derivante dalla paura causata dallo stimolo olfattivo alla generazione successiva, mediante cambiamenti nella metilazione del DNA in corrispondenza del gene per il recettore di quella specifica molecola odorosa negli spermatozoi del padre condizionato dal trauma. A questi dati genetici i due ricercatori hanno anche associato il rilievo di evidenze di cambiamenti anatomici nelle corrispondenti strutture che mediano la percezione olfattiva (Dias B. G. & Ressler K. J., Parental olfactory experience influences behavior and neural structure in subsequent generations. Nature Neuroscience [Epub ahead of print doi: 10.1038/nn.3594], 2014).
La provenienza degli autori è la
seguente: Department of Psychiatry and Behavioral Sciences, Emory University
School of Medicine, Atlanta, Georgia (USA); Yerkes National Primate Research
Center, Atlanta, Georgia (USA); Howard Hughes Medical Institute, chevy Chase,
Maryland (USA).
Dias e Ressler, facendo leva sulla specificità molecolare nel riconoscimento chimico da parte dei recettori dell’olfatto, hanno indagato le basi molecolari della trasmissione ereditaria dell’apprendimento derivante da un trauma vissuto dai genitori: un fenomeno frequentemente osservato, ma mai scientificamente compreso.
La sperimentazione è stata condotta esponendo topi (F0) ad un’esperienza di paura condizionata dalla percezione di un odore, mediante l’induzione di un apprendimento associativo, prima che si accoppiassero per concepire. I topi delle generazioni seguenti (F1 ed F2) alla verifica sperimentale presentavano un’accresciuta sensibilità all’odore cui erano stati condizionati gli esemplari F0, ma non ad altre molecole odorose.
I ricercatori hanno sperimentato l’effetto di una molecola particolare, l’acetofenone, che attiva un recettore ben noto, sia in termini genetici che biochimici: Olfr151. Quando i topi F0 sono stati condizionati con acetofenone, la sensibilità delle generazioni F1 ed F2 alla molecola rispetto alla paura condizionata, è risultata associata ad una rafforzata rappresentazione neuroanatomica della via biochimica di Olfr151. L’esplorazione del DNA degli spermatozoi mediante bisulfite sequencing ha rivelato, nei topi maschi condizionati F0 e nella prole F1 da questi generata, una ipometilazione CpG nel gene di Olfr151.
Gli esperimenti di fertilizzazione in vitro, l’eredità F2 e l’allevamento baliatico incrociato, ossia topi figli di condizionati allevati da topi non condizionati e viceversa, hanno rivelato che questi effetti trans-generazionali sono ereditati via gameti genitoriali.
I risultati ottenuti in questo studio forniscono uno schema interpretativo per la comprensione di come l’informazione ambientale possa essere ereditata trans-generazionalmente al livello epigenetico, neuro-anatomico e comportamentale.
L’autrice della nota ringrazia la
professoressa Nicole Cardon per i cenni storici sul lamarkismo, la dottoressa
Isabella Floriani per la correzione della bozza, e invita alla lettura delle
recensioni di lavori di argomento connesso che appaiono sul sito (utilizzare il
motore interno nella pagina “CERCA”).
[1] Le tesi di Lamark rimangono erronee perché l’evoluzione delle specie non è determinata dall’eredità dei caratteri acquisiti, ma dai meccanismi della selezione naturale, che oggi sono stati approfonditi al livello molecolare. Tuttavia, come ci dimostrano gli studi recenti, è possibile la trasmissione di modificazioni dell’espressione genica intervenute durante la vita di un individuo, perché questi processi possono interessare il DNA delle cellule germinali.