La richiesta di alcool è regolata dalla relaxina-3

 

 

NICOLE CARDON

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XI – 14 dicembre 2013.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

I disturbi derivanti dall’abuso di alcool etilico o etanolo sono numerosi, e vanno dall’intossicazione acuta alle manifestazioni conseguenti alla vera e propria tossicodipendenza degli etilisti cronici, ma i due problemi clinici più rilevanti, fra quelli di frequente riscontro, sono la recidiva dopo un periodo di astensione più o meno lungo e le tipologie rischiose di assunzione note come “hazardous drinking”. Gli strumenti clinici attualmente a disposizione per far fronte ai gravi problemi determinati da queste emergenze nelle persone predisposte, appaiono decisamente insufficienti e, pertanto, si è chiesto alla ricerca di far luce sulle molecole e sulla fisiologia dei circuiti cerebrali che regolano l’assunzione di alcool e sono implicati nelle ricadute, allo scopo di sviluppare approcci terapeutici più mirati ed ottenere un’efficace prevenzione delle ricadute.

Philip J. Ryan e colleghi, usando dei ratti che costituiscono un modello sperimentale di assunzione cronica e ricerca dell’alcool come nell’etilismo umano, hanno fornito la prima evidenza che un neuropeptide, la relaxina 3, interagendo con specifici recettori, regola l’auto-somministrazione e comportamenti simili a quelli della ricaduta nella dipendenza.

Il sistema individuato da questi ricercatori, nel caso della ricerca dell’alcool da parte degli animali che riproducono il comportamento degli etilisti, sembra particolarmente attivo nella recidiva mediata dallo stress (Ryan P. J., et al., Relaxin-3/RXFP3 systems regulates alcohol-seeking. Proceedings of the National Academy of Sciences USA [Epub ahead of print doi:10.1073/pnas.1317807110], 2014).

La provenienza degli autori è la seguente: The Florey Institute of Neuroscience and Mental Health, Department of Anatomy and Neuroscience and School of Chemistry, The University of Melbourne (Australia); Institute for Molecular Bioscience, The University of Queensland (Australia).

Il rischio che una persona possa sviluppare alcoolismo esponendosi all’assunzione ripetuta di bevande alcooliche, dipende da una complessa interazione di fattori genetici ed ambientali, fra i quali lo stress sembra rivestire una particolare importanza. L’uso cronico di alcool influenza in modo significativo questa interazione, per esempio innescando cambiamenti epigenetici e determinando una’accentuata espressione dei geni collegati alla risposta alle esperienze stressanti. L’uso abituale di dosi medie di etanolo, come nelle persone che bevono superalcolici per combattere il freddo, per ritualità sociale o per completare i pasti, rende più vulnerabili allo stress, spesso in modo inapparente, fino al verificarsi del superamento di una soglia di crisi; tale maggiore vulnerabilità, in molti casi, innesca circoli viziosi con l’abuso alcoolico in grado inizialmente di alleviare l’ansia ed altri sintomi soggettivi di sofferenza psichica.

L’etanolo interagisce direttamente con canali ionici regolati da ligando e regolati da voltaggio, fra cui GABAA, NMDA, 5-HT3, recettori per la glicina e nicotinici dell’acetilcolina, così come canali di tipo L del Ca2+ e GIRK (da G protein-activated inwardly rctifying K+ channels). La ricerca ha focalizzato a lungo l’attenzione sulla capacità dell’alcool etilico di agire da modulatore allosterico negativo dei recettori NMDA del glutammato e di rinforzare la trasmissione GABA attraverso meccanismi presinaptici e post-sinaptici. L’assunzione di lungo termine di alcool induce cambiamenti compensatori che alterano gli effetti prodotti normalmente dalla molecola. Per esempio, i recettori NMDA sono iperespressi, mentre i recettori GABAA vanno incontro ad una iporegolazione funzionale, conseguente a cambiamenti nella composizione in subunità del recettore. Tutto ciò conduce ad una accresciuta eccitabilità neuronica durante la sindrome da astinenza acuta, quando manca l’etanolo per ridurre la funzione dei recettori NMDA e rinforzare la trasmissione inibitoria del GABA. L’accresciuto tono della neurotrasmissione dei sistemi che segnalano mediante glutammato può contribuire alla grave neurotossicità causata dalla dipendenza alcoolica ed alle crisi convulsive che spesso accompagnano la sindrome da astinenza.

Numerosi circuiti sono implicati negli effetti di rinforzo dell’alcool[1], oltre all’accresciuta frequenza di scarica delle popolazioni di neuroni dopaminergici dell’area tegmentale ventrale (VTA) connesse con il comportamento compulsivo[2].

La sperimentazione, condotta da Ryan e colleghi su un interessante modello di ratto dell’alcoolismo umano, ha impiegato la somministrazione centrale di peptidi antagonisti del recettore del peptide 3 della famiglia delle relaxine (RXFP3, da relaxin family peptide 3 receptor), il recettore della famiglia molecolare del neuropeptide altamente conservato, relaxina-3. L’azione degli antagonisti ha determinato negli animali la riduzione evidente dell’auto-somministrazione di alcool, secondo un profilo di effetto dose-dipendente, ed anche la riduzione della suscettibilità alle ricadute, valutata secondo le prove standard di riattivazione, mediante suggerimento induttivo (cue) o mediante stress, dell’assetto neurofunzionale dell’addiction dopo che in precedenza era stata ottenuta l’estinzione del comportamento patologico.

I ricercatori hanno poi effettuato un esperimento di comparazione per verificare la specificità dell’azione attribuita al legame relaxina 3/RXFP3: la somministrazione dei peptidi antagonisti adoperati nel primo esperimento in ratti assuefatti all’uso di saccarosio non induceva l’attenuazione dell’auto-somministrazione; né, quando si ripeteva lo schema di induzione dopo estinzione, si verificava la recidiva con il ripristino del comportamento di ricerca della sostanza di abuso (in questo caso il saccarosio). Questa verifica ha suggerito un effetto selettivo per l’alcool.

Un’area encefalica che intensamente risponde allo stress è costituita dal nucleo del letto della stria terminale: al suo interno, i neuroni presentano una elevata densità di espressione di recettori RXFP3. I ricercatori hanno allora verificato se questa regione può essere considerata, in quanto sede dei circuiti, mediatrice degli effetti molecolari precedentemente rilevati. A tal fine, hanno effettuato iniezioni bilaterali di antagonisti di RXFP3 direttamente all’interno del nucleo del letto della stria terminale.

Il risultato è stato evidente: riduzione dell’auto-somministrazione e ristabilirsi per effetto di stress della dipendenza da alcool dopo estinzione. Un tale esito indica che, almeno in parte, questa regione svolga la funzione di base, al livello di sistemi neuronici, degli effetti molecolari dell’antagonismo recettoriale di RXFP3.

Nel complesso, gli esperimenti condotti da Ryan e colleghi mostrano con evidenza che il trattamento con gli antagonisti di RXFP3 non hanno alcun effetto sul comportamento generico di ingestione compulsiva degli animali studiati mediante i paradigmi sperimentali adottati - per i quali si rimanda al testo integrale del lavoro originale - né su altre funzioni cerebrali direttamente ricollegabili al comportamento dipendente, quali quelle che si esprimono con comportamenti evidenti, o sulla memoria procedurale per la pressione della leva adoperata per l’auto-somministrazione.

I dati emersi da questo studio effettivamente suggeriscono, come notato dagli autori dell’articolo, che la segnalazione relaxina 3/RXFP3 regola l’assunzione di alcool e il comportamento “ricaduta-simile” presente nella specie di roditori testata: la prima dimostrazione sperimentale di un meccanismo molecolare finora sconosciuto e che si aggiunge al nostro bagaglio di conoscenze generali di neurochimica cerebrale e, in particolare, di basi molecolari del comportamento di ricerca della ricompensa.

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza, e invita alla lettura delle interessanti recensioni di lavori di argomento connesso che appaiono sul sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Nicole Cardon

BM&L-14 dicembre 2013

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Marina E. Wolf, Addiction (ch. 61) in Basic Neurochemistry (Brady, Siegel, Albers, Price, editors in chief), p.1049 (in “Ethanol, Sedatives and Anxiolytics”) AP, Elsevier 2012;  Koob G. F. & Wolkow N. D. (2010). Neurocircuitry of Addiction. Neuropsychopharmacology 35, 217-238.

[2] Le proiezioni dopaminergiche dall’area tegmentale ventrale (VTA, da ventral tegmental area) al nucleo accumbens influenzano potentemente il comportamento diretto ad uno scopo. Tutte le molecole psicotrope in grado di indurre dipendenza (addiction) accrescono la neurotrasmissione dopaminergica nelle sinapsi di questa via. La naturale fisiologia di questo circuito è posta in rapporto con l’omeostasi e gli stati motivazionali, quali fame e sete, che sono ritenuti all’origine dei principali comportamenti diretti ad uno scopo, in chiave evoluzionistica.