Grammatica artificiale appresa da macachi e marmoset

 

 

DIANE RICHMOND

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XI – 07 dicembre 2013.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

“L’invenzione e l’uso da parte della nostra specie di sistemi simbolici per la comunicazione e la formulazione di pensieri trasmissibili, quali le lingue verbali, ci pone in una condizione privilegiata rispetto a tutti gli altri animali, non soltanto per le virtù che hanno consentito ai codici linguistici di guidare e sostenere tutta l’evoluzione cognitivo-culturale umana con il suo sviluppo civile, sociale e morale, ma anche per un’altra ragione apparentemente minore. I nostri codici simbolici, oltre ad essere esplicitamente governati da regole scritte per il buon uso di ciascuna lingua, sono caratterizzati da paradigmi impliciti o strutture comuni, in stretto ed evidente rapporto con le basi cerebrali che li generano, e in grado di costituire una finestra sui caratteri di alcuni nostri processi di apprendimento”[1].

Come è chiaramente espresso in questa citazione introduttiva, la presenza di paradigmi impliciti o strutture comuni ai linguaggi verbali e non verbali, può consentirci di indagare i modi e le forme dell’apprendimento cognitivo o, almeno, di uno dei suoi aspetti più importanti. La questione-chiave è rappresentata dalla possibilità di avere un punto di riferimento certo nelle regole del codice, per poter valutare se e come un paradigma è stato appreso.

Per molte funzioni del cervello umano lo studio su base evoluzionistica e comparata è stato prezioso: dai meccanismi molecolari della memoria alla fisiologia del movimento, l’analisi di sistemi nervosi semplici[2] ci ha consentito di individuare schemi di base che hanno notevolmente facilitato la comprensione di aspetti complessi della neurofisiologia umana. L’assenza della facoltà di parola negli animali sembrava costituire un ostacolo insormontabile per l’applicazione di questo paradigma di studio, ma l’invenzione delle grammatiche artificiali ha rappresentato una soluzione brillante, divenuta ormai un mezzo insostituibile.

Benjamin Wilson e colleghi hanno sfruttato il canale acustico per verificare se e come una grammatica artificiale uditiva poteva essere appresa da due diverse specie di scimmia. Il macaco, scimmia del Vecchio Mondo nota per l’intelligenza individuale e sociale, e il marmoset, piccola scimmia callitricina del Nuovo Mondo, dal pelo folto e morbido che contribuisce a farla assomigliare a un pupazzetto, ma il cui cervello, che presenta notevoli differenze strutturali con quello dei primati  più vicini alla nostra specie, assicura un livello di prestazione complessivamente più basso.

Il dettaglio del tipo di esperimenti e dei sistemi di analisi dei dati raccolti è sicuramente materia di una branca specialistica delle neuroscienze cognitive, ma i risultati sono di rilievo generale, interessando sia coloro che sono impegnati in altre branche della ricerca neuroscientifica sia tutti quelli che a vario titolo si occupano di apprendimento, sia, infine, coloro che sono semplicemente curiosi di conoscere cosa si sta scoprendo sulle comuni abilità cognitive (Wilson B., et al., Auditory Artificial Grammar Learning in Macaque and Marmoset Monkeys. The Journal of Neuroscience 33 (48): 18825-18835, 2013).

La provenienza degli autori è la seguente: Institute of Neuroscience and Centre for Behaviour and Evolution, Newcastle University, Newcastle upon Tyne (UK); Department of Psychology, University of Cambridge, Cambridge (UK); School of Philosophy, Psychology and Language Sciences, University of Edinburgh, Edinburgh (UK).

Le grammatiche artificiali (AG, da artificial grammars) sono concepite per emulare aspetti della struttura del linguaggio, e i paradigmi di apprendimento delle AG possono essere impiegati per studiare l’estensione delle capacità di apprendimento delle specie animali diverse dalla nostra. In questo tipo di ricerca, sono state usate AG di differente struttura in varie specie animali e, pertanto, i risultati ottenuti sono difficilmente comparabili, sia nelle stime di paragone fra studi che nel tentativo di confrontare specie diverse. Benjamin Wilson e colleghi hanno sviluppato un semplice parametro quantitativo di spazio che ha consentito loro una comparazione ed una sintesi dei risultati ottenuti in precedenza sui paradigmi di apprendimento di AG negli animali. I ricercatori hanno impiegato questo sistema per evidenziare una AG poco studiata con una struttura forward branching disegnata come modello di alcuni aspetti di natura non deterministica delle transizioni di parola (word transitions) nel linguaggio naturale e nel canto animale.

Wilson e colleghi hanno sottoposto a verifica sperimentale se le due specie di primati, cioè macachi e marmoset, erano in grado di apprendere aspetti di questa AG uditiva.

Dopo aver generato nelle scimmie memoria di abitudine per la AG, l’analisi delle registrazioni video mostrava che i comuni esemplari di marmoset distinguevano fra sequenze di prova ben formate e corrette, e sequenze che violavano le regole della struttura della AG basata primariamente su semplici strategie di apprendimento.

Al confronto, i primati del Vecchio Mondo, ossia gli esemplari di macachi del tipo Rhesus, mostravano evidenze di livelli più profondi di apprendimento della AG.

I ricercatori hanno poi impiegato un nuovo approccio basato sull’eye-tracking, che ha sostanzialmente confermato la stima di apprendimento più profondo nei macachi ed ha fornito evidenze anche per un grado di apprendimento di maggiore complessità in queste scimmie.

In base all’analisi dei risultati si può affermare che questo studio fornisce una chiara evidenza nelle scimmie del Vecchio Mondo della capacità di raggiungere un livello di complessità nell’apprendimento della AG precedentemente sconosciuto; dati molto meno evidenti in questo senso sono stati documentati per le scimmie del Nuovo Mondo, che sono filogeneticamente più lontane dalla nostra specie.

 Gli esiti di questa ricerca stabiliscono macachi e marmoset come sistemi-modello neurobiologici per studiare i differenti aspetti dell’apprendimento delle grammatiche artificiali al livello neuronale.

 

L’autrice della nota ringrazia il presidente Perrella, con il quale ha discusso l’argomento trattato e rivisto il presente testo, e invita alla lettura delle recensioni di lavori di argomento connesso che appaiono sul sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Diane Richmond

BM&L-07 dicembre 2013

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] G. Perrella, Dalla comunicazione per segnali ai codici simbolici: appunti sull’evoluzione e l’epigenetica dell’apprendimento, p. 1 (relazione introduttiva al journal club del gruppo strutturale su “cognizione e linguaggio” del 6 dicembre 2013).

[2] Dopo i primi successi ottenuti da Eric Kandel con Aplysia californica, i modelli costituiti da animali filogeneticamente poco evoluti si sono moltiplicati, così che sanguisughe e nuovi molluschi, crostacei e pesci, sono andati ad affiancare le specie di consolidato impiego, quali Drosophila melanogaster, Dafnia magna, Caenorabditis elegans, Danio rerio, ecc.