Efficacia antidepressiva del trattamento motorio indicata da citochine
LORENZO L. BORGIA
NOTE
E NOTIZIE - Anno XI – 19 ottobre 2013.
Testi pubblicati sul sito
www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind
& Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a
fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta
settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in
corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli
oggetti di studio dei soci componenti lo staff
dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo:
RECENSIONE]
L’efficacia dell’attività fisica nel prevenire e combattere stati e reazioni depressive è patrimonio culturale di molti popoli, e si può rinvenire una radice antropologica di questa consapevolezza in ciascuno dei cinque continenti. La base biologica di questo effetto è stata cercata ed indagata in modo sistematico relativamente di recente, anche se la medicina dello scorso secolo aveva avanzato ipotesi basate sulle conoscenze di fisiologia dei sistemi dell’organismo. L’aumento di ossigeno alla corteccia cerebrale, il miglioramento di tutti i parametri legati alla funzione cardio-respiratoria, i messaggi inviati dai fusi neuromuscolari di un corpo allenato al sistema nervoso centrale, sono fra gli elementi presi in considerazione nelle speculazioni pionieristiche. In epoca più recente sono state considerate le influenze esercitate dall’assetto fisico legato all’esercizio motorio sui rapporti ortosimpatico/parasimpatico, sulla regolazione neuroendocrina delle funzioni vegetative e dei sistemi di risposta allo stress.
Attualmente l’efficacia dell’esercizio motorio nel trattamento dei disturbi depressivi è considerata una realtà[1], provata e dimostrata anche in forme gravi in tutte le età della vita, anche se ancora molti psichiatri limitano l’indicazione di programmi di attività fisiche alle forme lievi nelle persone giovani, condannando spesso le persone depresse di età più avanzata ad alti dosaggi di farmaci associati ad una nociva ma quasi inevitabile sedentarietà.
L’esercizio muscolare è considerato un trattamento efficace per il Disturbo Depressivo Maggiore (DDM) ed è stato dimostrato da molti studi indipendenti che esercita effetti anti-infiammatori considerevoli nelle persone non affette da depressione e in apparente buona salute. I pazienti affetti da DDM presentano elevati livelli di citochine infiammatorie, ma non è stato verificato sperimentalmente se l’esercizio è in grado di influenzare i processi infiammatori presenti nei pazienti depressi, e se un eventuale cambiamento indotto dall’attività fisica possa considerarsi clinicamente rilevante.
Rethorst C.
D. e colleghi hanno condotto uno studio per dare risposta a questi
interrogativi (Rethorst C. D., et al., Pro-inflammatory cytokines as predictors of antidepressant effects
of exercise in major depressive disorder. Molecular Psychiatry 18, 1119-1124, 2013).
La provenienza degli autori è la
seguente: Department of Psychiatry, The University of Texas Southwestern
Medical Center, Dallas, TX (USA).
Il gruppo di psichiatri texani sta valutando e studiando il trattamento della depressione mediante esercizio motorio, secondo un programma internazionale noto con l’acronimo TREAD (TReatment with Exercise Augmentation for Depression) e i pazienti affetti da DDM (o MDD, da major depressive disorder) in trattamento motorio, reclutati come volontari per questo studio, erano risultati in parte rispondenti ad un inibitore selettivo della ricaptazione della serotonina. Il campione è stato randomizzato per ricevere una di due possibili dosi di esercizio: 16 chilocalorie per chilogrammo di peso corporeo per settimana (KKW da kilocalories/kilogram/week) o 4 KKW. Per tutti i volontari la durata complessiva dell’esperimento era di 12 settimane.
Campioni di sangue sono stati prelevati prima dell’inizio delle sessioni di TREAD e alla fine delle 12 settimane, per ottenere le due serie di valori, prima e dopo la terapia fisica. L’analisi del siero è stata condotta mediante un ELISA multiplexer per l’interferon-γ (IFN-γ), interleuchina-1β (IL-1β), interleuchina-6 (IL-6), e il fattore di necrosi tumorale α (TNF-α).
Livelli più alti di base di TNF-α erano associati con una maggiore riduzione dei sintomi nel corso del periodo di 12 settimane di esercizio (P<0.0001).
Gli autori dello studio hanno poi rilevato una significativa correlazione positiva fra il cambiamento nella IL-1β e nel punteggio dei sintomi depressivi (P=0.04).
Non è stata registrata alcuna significativa variazione nel livello medio di alcuna delle citochine dopo le 12 settimane di trattamento motorio, e nessuna relazione significativa fra la dose dell’esercizio e il cambiamento nel livello medio delle citochine.
Tali risultati suggeriscono che un alto TNF-α può predire migliori risultati con il trattamento mediante esercizio fisico, in una maniera che si differenzia da quanto si verifica nel caso dei farmaci antidepressivi, per i quali un alto livello di TNF-α è associato a scarsa risposta.
I risultati dello studio confermano anche quanto emerso da studi di farmaci antidepressivi che legano la riduzione di IL-1β a risultati positivi nel trattamento della depressione.
L’autore della recensione
ringrazia la dottoressa Giovanna Rezzoni, con la quale ha discusso l’argomento
trattato, e invita alla lettura delle numerose recensioni di studi di argomento
connesso disponibili sul sito (utilizzare il motore interno nella pagina
“CERCA”).
[1] Alla diffusione di questa conoscenza, sostenuta come tesi fin dagli anni Ottanta da Giuseppe Perrella, ha dato un contributo anche la nostra società scientifica in questi ultimi dieci anni.