Documentato compenso emisferico destro per il linguaggio

 

 

DIANE RICHMOND & GIOVANNI ROSSI

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XI – 19 ottobre 2013.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Lo studio della lateralizzazione del controllo corticale del linguaggio è cominciato nel 1861, quando il neurologo ed antropologo francese Paul Broca comunicò alla Società di Antropologia di Parigi l’identificazione della lesione del piede della terza circonvoluzione frontale sinistra, parte opercolare del giro frontale inferiore corrispondente all’area 44 di Brodmann, quale causa dell’afasia motoria del suo paziente Leborgne, soprannominato “Tan” perché in grado di pronunciare solo questo monosillabo. La prosecuzione degli studi, con l’identificazione dell’afasia recettiva da parte di Wernicke, dell’afasia globale, interessante sia la produzione che la comprensione, e di varie altre forme, rese evidente la presenza quasi costante della lateralizzazione sinistra del controllo delle facoltà di comunicazione verbale del cervello umano. Accertata l’organizzazione crociata delle vie di moto e di senso, si definì come paradigma della semeiotica neurologica, già alla fine dell’Ottocento, l’associazione delle lesioni dell’emisfero sinistro responsabili di afasia con l’emiplegia destra e l’emianopsia laterale omonima destra.

A lungo, lo studio della lateralizzazione sinistra del controllo del linguaggio si è basato su dati anatomoclinici derivanti dal confronto dei reperti anatomici e radiologici con la sintomatologia, fino a quando un gruppo della scuola del Premio Nobel Roger Sperry, con a capo Michael Gazzaniga, non intraprese lo studio di pazienti con cervello diviso[1]. La straordinaria esperienza scientifica inaugurata da quelle osservazioni e durata un paio di decenni, ha posto in relazione il controllo del linguaggio da parte dell’emisfero sinistro, presente nella maggior parte delle persone, con il pensiero e la conoscenza consapevole o, meglio, con le componenti coscienti dei processi cognitivi. Alla prima distinzione in un emisfero sinistro parlante, dominante, categoricale e maggiormente cosciente, e un emisfero destro muto, minore, rappresentazionale ed automatico, seguirono evidenze a favore di una realtà molto più complessa, che aprì la strada agli studi degli ultimi decenni.

La ricerca che si è potuta avvalere di straordinari strumenti di esplorazione diretta dell’encefalo umano in funzione, fra i quali PET, fMRI, DTI, ERP e MEG, ha portato progressivamente a tracciare un nuovo quadro morfo-funzionale alla base delle abilità cognitivo-linguistiche[2].

Ma, se da un canto gli studi condotti con i metodi e le tecniche delle moderne scienze neurocognitive hanno fatto abbandonare lo schema solo corticale dei “centri del linguaggio”, riconoscendo una complessa architettura funzionale[3] che include molti nuclei sottocorticali e il cervelletto, il ruolo delle specializzazioni nella facoltà esclusivamente umana della parola continua ad essere oggetto di indagini.

La specializzazione dell’emisfero sinistro per l’elaborazione delle parole, delle frasi e della componente fonetica dei messaggi comunicativi è provata da una notevole mole di studi, ma ciò non vuol dire che l’emisfero destro non abbia un ruolo nei processi alla base della facoltà umana della parola. L’elaborazione da parte dell’emisfero destro dell’informazione emozionale, contribuisce a trasmettere l’umore e le intenzioni di chi parla, fornendo spesso un supporto all’interpretazione del significato di quanto si dice: un ruolo importante sia nella produzione che nella comprensione. I pazienti con lesioni dell’emisfero destro presentano un eloquio piatto in termini di colore affettivo e spesso caratterizzato da un’accentazione prosodica inappropriata, una temporizzazione difettosa e un’intonazione strana o inadatta; allo stesso modo sembrano aver perso l’abilità istintiva di riconoscere i segni rivelatori di una qualità affettiva o di un contenuto emozionale nelle parole degli altri.

Un aspetto non trascurabile, al fine di inquadrare in una cornice di senso neurofisiologico i dati che vanno componendo a mosaico un nuovo modello delle funzioni comunicative umane[4], riguarda l’origine della specializzazione dell’emisfero sinistro per il linguaggio. Se questa derivi da una generale tendenza ad impegnarsi nell’elaborazione di tipo analitico o si sia specificamente sviluppata per le abilità verbali, non è stato ancora stabilito scientificamente.

L’intervento dell’emisfero destro nel recupero dell’afasia, ragionevolmente ipotizzato sulla base di nozioni neurobiologiche, dati clinici e sperimentali, e sempre auspicato dai riabilitatori, non è affatto scontato. In effetti, il ruolo della corteccia controlaterale alla sede della lesione afasiogena, che nella massima parte dei casi è quella del lobo frontale destro[5], non è chiaro.

Cerca di far luce sulla questione uno studio - presentato da Michael Gazzaniga in qualità di editor e condotto da Gesa Hartwigsen e colleghi - dal quale sono emersi elementi significativi per comprendere le basi del recupero delle funzioni di comunicazione verbale dopo una condizione clinicamente frequente, quale quella di un ictus interessante l’emisfero sinistro (Hartwigsen G., et al., Perturbation of the left inferior frontal gyrus triggers adaptive plasticity in the right homologous area during speech production. Proceedings of the National Academy of Sciences USA  [Epub ahead of print doi:10.1073/nn.1310190110], 2013).

La provenienza degli autori è la seguente: Language and Aphasia Laboratory, Department of Neurology, University of Leipzig (Germania); Department of Neuroradiology, Medical Radiological Institute, Zurich (Svizzera); Institute of Neuroradiology, University Hospital Schleswig-Holstein, Kiel (Germania); Departments of Neurology and Psychology, Christian-Albrechts-University Kiel (Germania); Wellcome Trust Centre for Neuroimaging, University College London (UK); Department of Speech and Language Pathology, Hochschule Fresenius, Hamburg (Germania); Danish Research Center for Magnetic Resonance, Copenhagen University Hospital Hvidovre, Hvidovre (Danimarca).

 Con metodiche di diagnostica per immagini che consentono lo studio funzionale del cervello, è stato più volte rilevato un aumento di attivazione in aree dell’emisfero destro dopo la lesione di quelle di sinistra implicate nelle funzioni di comunicazione verbale. Questo reperto può essere interpretato in due modi: 1) risposta conseguente alla perdita dell’inibizione esercitata attraverso le vie del corpo calloso, in nessun modo influente sulle funzioni comunicative; 2) entrata in funzione vicariante dell’emisfero destro che interviene, attraverso specifiche connessioni interemisferiche, a supporto dell’elaborazione dell’emisfero sinistro compromessa dal danno, in un tentativo fisiologico di compenso.

Per sottoporre a verifica sperimentale la seconda delle due ipotesi interpretative, Gesa Hartwigsen e colleghi afferenti ad istituti di Germania, Danimarca, Svizzera e Regno Unito, hanno impiegato un metodo innocuo di interferenza funzionale per simulare, in persone volontarie e neurologicamente sane, una patologia della circonvoluzione frontale inferiore di sinistra ed esplorarne le conseguenze nell’antimero cerebrale opposto.

I volontari sottoposti ad osservazione dovevano svolgere un compito di ripetizione di parole e pseudo-parole, ossia vocaboli con una struttura fonematica che ricalca quella dei termini della lingua parlata, ma non inclusi nel vocabolario perché privi di significato. Questi stimoli verbali sono stati presentati sia acusticamente che visivamente e, durante la loro ripetizione, il substrato neurale attivo veniva rilevato mediante la metodica della risonanza magnetica funzionale (fMRI).

L’esperimento di inattivazione della principale regione dell’emisfero sinistro necessaria per la produzione del linguaggio è stato realizzato mediante l’erogazione di una scarica continua off-line di stimolazione theta (continuous theta burst stimulation, cTBS) in corrispondenza del giro frontale inferiore sinistro (left inferior frontal gyrus, o left IFG), mentre il rilievo di immagini funzionali durante le prove di ripetizione consentiva di valutare i cambiamenti acuti nella connettività funzionale fra emisfero destro e sinistro.

In sessioni separate sono stati condotti esperimenti di inattivazione temporanea mediante interferenza con l’attività di porzioni mirate e circoscritte dell’area prescelta, per tentare una localizzazione anatomica più specifica degli effetti del danno simulati dalla cTBS. Sono stati così condotti esperimenti in cui le scariche theta sono state indirizzare esclusivamente sulla parte anteriore (aIFG) o sulla parte posteriore (pIFG) della circonvoluzione frontale inferiore sinistra.

La cTBS mirata sulla zona posteriore della circonvoluzione (pIFG), al confronto con l’erogazione della scarica theta continua sulla parte anteriore, faceva rilevare in modo ben apprezzabile la soppressione dell’attività della pIFG di sinistra, accompagnata ad un incremento di attività della pIFG di destra, durante la ripetizione di pseudo-parole vs parole in entrambe le modalità di presentazione. Questo effetto era associato ad una più forte conduzione facilitatoria dalla pIFG di destra a quella di sinistra, durante la ripetizione di pseudo-parole.

È particolarmente interessante notare che la risposta diventava più rapida quando cresceva l’influenza della pIFG di destra su quella di sinistra, indicando che le aree omologhe dell’emisfero destro intervengono attivamente durante l’esecuzione di atti linguistici, quali la ripetizione di parole di senso o prive di significato ascoltate o lette, in una condizione in cui le popolazioni neuroniche della parte sinistra non possono svolgere il loro compito fisiologico.

In altri termini, le immagini funzionali attestano che, già nell’immediatezza di uno stato in cui si simulano gli effetti di una lesione, avviene spontaneamente un tentativo di compensazione, per una sorta di reclutamento automatico delle popolazioni neuroniche funzionalmente più prossime a quelle invalidate.

I risultati di questo studio, dimostrando un comportamento cerebrale durante la prestazione, offrono supporto alla tesi secondo cui l’aumento di attività delle regioni omologhe dell’emisfero destro nelle lesioni afasiogene dell’antimero cerebrale sinistro, costituisce la base neurofunzionale naturale per il recupero delle abilità linguistiche compromesse.

 

Gli autori invitano alla lettura delle recensioni di studi di argomento connesso disponibili sul sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Diane Richmond & Giovanni Rossi

BM&L-19 ottobre 2013

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Queste persone, affette da forme di epilessia grave ed altrimenti intrattabile, erano state sottoposte a resezione del corpo calloso al fine di evitare generalizzazioni delle crisi che li avrebbero esposti a rischio mortale..

[2] Si cita a mo’ d’esempio la scoperta da parte del gruppo di Marco Catani di una via di connessione indiretta fra aree linguistiche anteriori e posteriori della corteccia.

[3] Hanna ed Antonio Damasio hanno proposto un modello basato sull’interazione di tre grandi sistemi neuronici: alcuni settori della corteccia dell’Insula e dei nuclei della base, con le aree di Broca e Wernicke, costituiscono un implementation system, circondato da una rete di aree temporali, parietali e frontali, formanti un mediational system che pone in relazione il primo sistema con un conceptual system costituito da aree associative. A proposito delle aree non corticali del linguaggio si ricorda che già Pierre Marie (1853-1940) aveva individuato un quadrilatero con al centro il nucleo lenticolare, ma i suoi studi furono ignorati a favore di una visione corticalcentrica.

[4] Solo da pochi anni in neuropsicologia è stato abbandonato il modello di Wernicke-Geshwind, i cui limiti erano stati evidenziati da oltre un trentennio. Complessi e non bene definiti, i nuovi modelli sono scarsamente impiegati.

[5] Se si eccettua una esigua minoranza di mancini “veri” e un percentuale ancora più bassa di persone con controllo corticale doppio.