La perdita di memoria per l’età è ridotta da poliammine
LORENZO L. BORGIA
NOTE
E NOTIZIE - Anno XI – 05 ottobre 2013.
Testi pubblicati sul sito
www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind
& Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a
fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta
settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in
corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli
oggetti di studio dei soci componenti lo staff
dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo:
RECENSIONE]
È esperienza comune il rilievo di una perdita di efficienza mnemonica col passare del tempo, soprattutto dopo i quarant’anni. La memoria semantica, più di quella episodica, sembra risentirne in maniera avvertita e fastidiosa: non solo non ci sono più le prestazioni dei tempi della scuola nell’apprendere e ritenere quanto si sente e si legge, ma ci si accorge anche di dimenticare nomi e dati sempre saputi ed impiegati nella comunicazione quotidiana. Al di là delle impressioni soggettive che, creando allarme, talvolta portano ad enfatizzare la reale entità del problema, la riduzione prestazionale, in assenza di patologia, è contenuta, procede lentamente ed è efficacemente combattuta dall’esercizio cognitivo.
Il declino delle facoltà mnemoniche con l’avanzare dell’età sembra essere un destino biologico comune alla maggior parte delle specie animali note. Senz’altro riguarda tutti i mammiferi, ma si riscontra anche negli insetti. Numerosi studi, condotti sui roditori e sul moscerino della frutta e dell’aceto Drosophila melanogaster, hanno indagato le ragioni di questo fenomeno, ma i meccanismi cellulari responsabili rimangono in gran parte sconosciuti. Una traccia per queste indagini è venuta da studi su poliammine, quali spermidina e putrescina, che in Drosophila favoriscono la longevità promuovendo l’autofagia, ossia una forma di auto-digestione cellulare.
E’
interessante notare che nell’uomo, in particolare nel cervello umano, le poliammine
sono fra le sostanze che vanno incontro a riduzione con gli anni a partire
dall’età media della vita. Varun Gupta e numerosi colleghi tedeschi, olandesi e
austriaci, su questa base hanno condotto un’interessante sperimentazione i cui
risultati sembrano incoraggianti nella prospettiva di giungere ad un efficace
trattamento farmacologico della riduzione di prestazione cognitiva dovuta
all’involuzione fisiologica (Gupta V. K.,
et al., Restoring polyamines
protects from age-induced memory impairment in an autophagy-dependent manner. Nature Neuroscience [Epub ahead of print
doi:10.1038/nn.3512], 2013).
La provenienza
degli autori è la seguente: Institute for Biology and Genetics, Freie University of Berlin, Berlin (Germania); NeuroCure, Charité, Berlin
(Germania); Institute of Molecular Biosciences, University of Graz (Austria); Department
of Human Genetics, Nijmegen Centre for Molecular Life Sciences, Donders Institute of Brain, Cognition and Behaviour, Radboud University
Nijmegen Medical Centre, Neuroscience, Nijmegen (Olanda);
Department of Molecular Biology, Nijmegen Centre for Molecular Life Sciences, Radboud University Nijmegen Medical Centre, Nijmegen (Olanda).
I ricercatori hanno studiato alcuni aspetti molecolari dell’involuzione fisiologica di Drosophila, rilevando la concomitanza fra il declino delle abilità di memoria misurate con test classici e il calo dei livelli misurati di poliammine, quali spermidina e putrescina, coll’avanzare dell’età dei moscerini.
I ricercatori hanno allora tentato di influenzare per via alimentare i livelli di poliammine, per verificare eventuali effetti fisiologici ottenibili con questa strategia.
L’alimentazione con spermidina, non solo si è mostrata in grado di ristabilire i livelli di poliammine tipici dell’età giovanile di Drosophila, ma ha sostanzialmente corretto i deficit prestazionali nelle prove sperimentali basate sulla memoria, riportando gli esiti ad un livello comparabile a quello precedente l’invecchiamento.
Un esperimento molto interessante è stato condotto verificando il ruolo dell’enzima ornitina decarbossilasi-1 nella formazione di memorie legate al senso dell’olfatto.
L’ornitina decarbossilasi-1 è l’enzima che catalizza la tappa limitante per la sintesi ex-novo delle poliammine: i ricercatori ne hanno indotto l’espressione specifica nelle cellule di Kenyon, che hanno un ruolo cruciale nei processi di formazione delle memorie olfattive in Drosophila. La conservazione delle registrazioni apprese da parte dei moscerini invecchiati, grazie all’espressione dell’enzima negli elementi cellulari principali per l’apprendimento legato a questa modalità sensoriale, conferma l’importanza delle poliammine nel mantenimento delle prestazioni giovanili.
Gli esemplari di Drosophila nutriti con spermidina presentavano un’accentuata autofagia, ossia di una forma di auto-digestione cellulare critica per vari processi fisiologici e verosimilmente rilevante per la gestione del turnover mnemonico. Gupta e colleghi hanno studiato, poi, le conseguenze di difetti genetici nell’apparato molecolare autofagico, rilevando che questi deficit molecolari non consentivano l’effetto di recupero delle condizioni di memoria giovanili prodotto dall’alimentazione con spermidina, confermando l’importanza dell’autofagia.
Da questo studio vengono indicazioni importanti per ulteriori approfondimenti nei mammiferi e applicazioni nell’uomo, che possiamo così sintetizzare: l’autofagia è critica per la soppressione da parte della spermidina del decadimento mnemonico causato dall’età, e le poliammine endogene sono candidate per un futuro trattamento farmacologico di questi difetti di prestazione.
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