È la conduzione invertita a rinforzare le memorie nel sonno
DIANE RICHMOND & GIUSEPPE PERRELLA
NOTE
E NOTIZIE - Anno XI – 05 ottobre 2013.
Testi pubblicati sul sito
www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind
& Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a
fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta
settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in
corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli
oggetti di studio dei soci componenti lo staff
dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo:
AGGIORNAMENTO]
Sembra che il mistero sui processi cellulari che consentono al cervello di rinforzare e consolidare le memorie durante il sonno stia cominciando a dissolversi, e uno straordinario comportamento elettrico, già rilevato nel 2011, ha trovato in recenti esperimenti una coerenza neurofisiologica che lo pone al centro di un meccanismo nuovo e interessante.
Gli stretti rapporti fra memoria e sonno sono stati oggetto di due fra i più seguiti convegni di aggiornamento organizzati dalla nostra società scientifica[1] e ancora costituiscono un argomento privilegiato della ricerca nel campo delle neuroscienze. Il sonno, che occupa all’incirca un terzo della nostra vita, influenza tutte le funzioni corporee e mentali, dalla regolazione della frequenza respiratoria al tono muscolare, dai tassi degli ormoni circolanti al contenuto dei nostri pensieri, ed ha uno specifico ruolo in quel riequilibrio sinaptico che seleziona le memorie da consolidare e prepara a nuovi apprendimenti.
Per comprendere la difficoltà di fondo nello studio della fisiologia neuronica del sonno e la particolarità di quanto emerso dalle recenti sperimentazioni, è necessario aver presente che la massima parte delle nostre conoscenze neurofisiologiche si basa su analisi dell’attività tipica del sistema nervoso centrale durante la veglia, ossia sul comportamento del cervello come world processing system: uno straordinario complesso di strutture che elabora gli stimoli provenienti dal mondo, producendo conoscenza e risposte. Questo genere di analisi si è fondata in massima parte su uno schema di elaborazione in serie, come si dice impiegando un’espressione che la neurofisiologia e le neuroscienze cognitive hanno preso a prestito dall’elettrotecnica, ossia in successione: rilievo del segnale o stimolo, sua trasformazione in codice elettrico sensoriale, invio ai centri che analizzano, integrano e ricodificano con produzione di codici di memoria e, infine, eventuale risposta effettrice come nell’atto riflesso. Una tale sequenza implica che uno stimolo visivo, acustico, gustativo, olfattivo o tattile sia convertito in una specifica forma di eccitazione nervosa che dalla retina, dalla coclea, dalle papille gustative, dai recettori dell’odorato o della cute, o meglio dagli assoni dei neuroni sensoriali di questi organi di ricezione, raggiunga i dendriti e il soma del deutoneurone centrale[2], ossia della prima cellula del versante sensitivo posta all’interno del nevrasse dalla quale ha origine l’attività del midollo spinale e dell’encefalo sottoposta a verifica sperimentale.
Nel sonno viene a mancare proprio questa sequenza avviata dalla esopercezione, e l’eccitazione delle popolazioni neuroniche centrali, non traendo origine dall’input esterno, ma da eventi che non sono ancora perfettamente definiti, appare come un segmento di una fisiologia in gran parte sconosciuta. Alcuni frammenti importanti per la composizione di un quadro di insieme vengono dagli studi sul ritmo sonno-veglia o da quelli che indagano l’origine delle fasi di attività elettrica, come quella che si accompagna ai rapidi movimenti dei globi oculari ed è stata associata alla produzione dei sogni[3]. Il dato saliente è che nella persona e nell’animale dormiente, in assenza di esopercezione e dei processi attribuiti alla coscienza, si assiste ad un’attività periodica con onde elettriche regolari e caratteristiche.
Nello studio condotto due anni or sono, si era rilevato che durante il sonno queste onde di attività inducevano nei neuroni dell’ippocampo, la principale formazione cerebrale implicata nei processi di memoria e apprendimento, lo sviluppo di una conduzione invertita, che dalle estremità sinaptiche, lungo l’assolemma, viaggiava da un nodo di Ranvier all’altro in direzione del soma cellulare, depolarizzando i dendriti, ossia il comparto ricevente dell’unità citologica neurale. Un tale comportamento funzionale non è un inedito assoluto, anzi la neurocitologia annovera una serie di esempi di cellule nervose a conduzione antidromica ma, fino a queste dimostrazioni, non si immaginava che fosse possibile una tale propagazione inversa nei neuroni ippocampali.
Una verifica e un approfondimento erano nel progetto dello studio pubblicato quest’anno su Proceedings of the National Academy of Sciences USA e realizzato da un team che includeva Olena Bukalo e R. Douglas Fields, direttore di un laboratorio dell’NIH, ben noto ai nostri soci e a molti cultori di neuroscienze per le sue ricerche sulla glia e il contributo dato all’identificazione del XIII paio di nervi cranici o “nervo zero”. Gli esperimenti, condotti su campioni di tessuto ippocampale di ratto, oltre a confermare quanto rilevato in precedenza, hanno evidenziato che la conduzione invertita, dai bottoni sinaptici al pirenoforo, indeboliva la capacità dei dendriti di ricevere segnalazioni sinaptiche dai neuroni trasmittenti.
Secondo quanto ha dichiarato lo stesso Fields ad Erica Westly[4], questo particolare modo di indebolire connessioni neurali nell’ippocampo durante il sonno potrebbe perseguire un doppio obiettivo fisiologico, perché l’attivazione con conduzione orientata verso i dendriti potrebbe agire in un duplice modo: 1) facilitando il rinforzo dei segnali elettrici delle cellule circostanti, necessario al consolidamento delle memorie; 2) liberando spazio per l’immagazzinamento di nuove memorie durante la veglia.
Vale la pena approfondire ad un livello più specialistico questo studio[5].
I ricercatori focalizzano l’attenzione sul processo fondamentale per la registrazione delle esperienze, ossia la plasticità sinaptica, e sottolineano che rispetto alla grande mole di dati raccolti su questo fenomeno quando è evocato dagli stimoli sensoriali, si sa ben poco nel caso in cui si verifica per effetto dell’attività intrinseca del cervello, come accade nel sonno e nel riposo percettivo. L’ipotesi di lavoro è che la regolazione della plasticità sinaptica in assenza della guida sensoriale possa seguire modi non classici di attivazione neuronica e di integrazione[6]. In particolare, oscillazioni coerenti di alta frequenza nell’attività elettrica dei neuroni dell’area CA1 dell’ippocampo (SPW-Rs, da sharp-wave ripple complexes), che si verificano durante il sonno ad onde lente o nel riposo, determinano il temporaneo accoppiamento funzionale di insiemi di cellule nervose nelle quali si riconosce un comportamento unico. Infatti, i neuroni che prendono parte all’attività SPW-Rs, si distinguono da quelli adiacenti per la presenza di potenziali d’azione che hanno inizio ectopicamente nell’area distale dell’assone e si propagano antidromicamente verso il corpo cellulare. Questa attività è facilitata dalla depolarizzazione degli assoni mediata dai recettori GABAA e dall’accoppiamento elettrotonico. I possibili effetti dell’attivazione antidromica sulla forza sinaptica non sono stati indagati prima di questo studio, perciò è di sicuro interesse quanto accertato al riguardo da Fields e colleghi. I loro esperimenti hanno evidenziato, in sezioni sottili di ippocampo di ratto, che la facilitazione dell’attività SPW-Rs spontanea, ottenuta accrescendo l’accoppiamento mediante gap junction e la depolarizzazione GABAA mediata, determinava una riduzione della forza sinaptica.
Un altro aspetto rilevante riguarda l’esito della stimolazione elettrica che i ricercatori hanno esercitato sugli assoni dei neuroni ippocampali a conduzione antidromica: una depressione sinaptica di lungo termine (LTD, da long-term depression) ampiamente diffusa. È interessante notare che, a differenza di altre forme di plasticità sinaptica, questa depressione funzionale di lungo termine non dipende dall’input sinaptico, ossia dal rilascio giunzionale di mediatore, o dall’attivazione di recettori del glutammato, ma richiede invece l’attivazione di canali del calcio di tipo L e di gap junction funzionali.
I ricercatori hanno poi provato a stimolare, mediante l’erogazione di correnti calibrate, le sinapsi dei neuroni ad attività SPW-Rs, dopo l’attività a conduzione inversa. L’eccitazione antidromica era naturalmente troppo debole per indurre potenziamento sinaptico, ma la stimolazione artificiale ha generato un incremento della forza sinaptica a lungo protratto nel tempo.
Valutando nel complesso tutti i dati rilevati, i ricercatori dell’NIH ipotizzano che la ridefinizione proporzionale dei pesi sinaptici in sottoinsiemi di neuroni attivati antidromicamente durante l’attività SPW-Rs “potrebbe contribuire al consolidamento mnemonico acuendo la specificità del successivo input sinaptico e promuovendo l’incorporazione di nuova informazione”[7].
Concludendo questo breve aggiornamento, osserviamo che alle nostre fiduciose aspettative derivanti dalla consapevolezza di trovarci di fronte ad una nuova via da percorrere per la comprensione dei meccanismi alla base di alcune fra le più importanti funzioni cerebrali, si associano dubbi legittimi su quanti e quali siano i processi che ancora non conosciamo, e su quale rilievo avranno queste acquisizioni quando il quadro delle conoscenze sarà prossimo a completarsi.
Gli autori della nota invitano
alla lettura delle recensioni di studi di argomento connesso disponibili sul
sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).
[1] Il Sonno e la Memoria (Roma, 5 aprile 2007); La Memoria e il Sonno (Roma, settembre/dicembre 2007). Le relazioni che hanno introdotto i lavori (schede introduttive) di entrambi gli aggiornamenti sono disponibili sul sito.
[2] A rigor di termini, il primo neurone delle vie della sensibilità generale e degli organi di senso ha sede periferica, rispettivamente in un ganglio o in una struttura recettiva specializzata (retina, coclea, ecc.), ma il primo che interessa lo studio del sistema nervoso centrale è quello sito nelle formazioni grigie del nevrasse. Pertanto, in anatomia si è adottata la definizione di deutoneurone per indicare la prima cellula recettiva che si incontra all’interno dell’encefalo e del midollo spinale, corrispondente alla seconda cellula nervosa, in assoluto, delle vie di senso.
[3] Si veda, ad esempio, la recensione contemporaneamente pubblicata: Note e Notizie 05-10-13 Identificato un circuito modulatore dei sogni. Da quando nel 1953 Eugene Aserinsky e Nathaniel Kleitman scoprirono che una delle cinque fasi elettroencefalografiche del sonno si associa a rapidi movimenti oculari (Rapid Eye Movement, REM) e a sogni, si distingue il sonno in REM e Non-REM.
[4] Cfr. “Head Lines” in Scientific American MIND 24 (4): 18,
September/October 2013.
[5] Bukalo O., et al. Synaptic plasticity by antidromic firing during hippocampal
network oscillation. PNAS USA 110
(13): 5175-5180, 2013.
[6] Con questo termine si fa riferimento al processo di sintesi delle nuove esperienze in un contesto, ossia la tipica base neurale dell’apprendimento e di altri compiti cognitivi.
[7] Bukalo O., et al., op. cit.