Identificazione di un circuito modulatore dei sogni

 

 

ROBERTO COLONNA

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XI – 05 ottobre 2013.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Lo studio elettroencefalografico del cervello durante il sonno ha tradizionalmente riconosciuto cinque distinte fasi (Stage 1-4 sleep; Stage 5 sleep o REM sleep). La quinta fase, caratterizzata da un’attivazione che si accompagna a rapidi movimenti dei globi oculari sotto le palpebre chiuse (REM, da rapid eye movement) ed associata ai sogni, è comunemente ritenuta tanto importante da determinare la distinzione di tutto il fenomeno del dormire nell’uomo e per estensione negli animali studiati, in sonno REM e non-REM.

Nell’uomo adulto il sonno REM copre approssimativamente il 25% del tempo in cui si dorme. Sembra che i sogni vividi occupino all’incirca 2 ore per ogni notte, ma l’incapacità di ricordare quanto si è sognato è una regola frequente, al punto che molti si meravigliano di questa stima e dichiarano di non sognare affatto. L’analisi scientifica dei sogni è uno studio molto recente, e le sue prime acquisizioni entrano in contrasto con molte convinzioni radicate, ma non provate scientificamente e, in generale, frutto di deduzioni e interpretazioni basate sulla generalizzazione di casi particolari o su costruzioni psicologiche del passato.

Gli studi recenti convergono nell’indicare che i sogni non sono eventi fugaci e insignificanti per la fisiologia cerebrale, ma nemmeno si possono considerare alla stregua di trame intessute, secondo il modello freudiano, dall’intenzionalità di un agente psichico inconscio, se non in casi particolari.

Impressionante e ancora misteriosa la maniera in cui avviene l’attivazione dall’interno delle modalità sensoriali: la componente cerebrale della visione è sempre attiva in tutti i sogni, ma manca nelle persone affette da cecità congenita. Eventi uditivi si verificano nel 65% dei casi valutati, mentre quelli vestibolari raggiungono l’8%; tutte le altre modalità sensoriali fanno registrare percentuali molto basse. Anche il contenuto emozionale non è sempre presente o rilevabile; l’ansia raggiunge il 14%, la sorpresa il 9%, la gioia il 7%, la tristezza il 5% e la vergogna solo il 2%.

Sia che i sogni costituiscano un effetto collaterale di un processo di riequilibrio sinaptico, sia che abbiano nella loro struttura un preciso fine, il sonno REM ha un’importanza fisiologica notevole e la sua deprivazione è causa di patologia.

Sonia Jego e colleghi quali Jeffrey Friedman della Rockfeller, Denis Burdakov del King’s College e Antoine R. Adamantidis, responsabile del progetto presso il Dipartimento di Psichiatria della McGill University, hanno rilevato che la stimolazione optogenetica dei neuroni esprimenti l’ormone concentrante la melatonina (MCH) nell’ipotalamo laterale, selettivamente estendeva la durata dei cicli di sonno paradosso (REM) nei topi. L’attivazione delle fibre dei neuroni MCH nel nucleo tuberomammillare dell’ipotalamo portava al rilascio di GABA e determinava un simile prolungamento della fase REM. Su questa base i ricercatori hanno riconosciuto il ruolo di circuito modulatore del sonno paradosso al sistema ipotalamico studiato (Jego S., et al., Optogenetic identification of a rapid eye movement sleep modulatory circuit in the hypothalamus. Nature Neuroscience  [Epub ahead of print doi:10.1038/nn.3522], 2013).

La provenienza degli autori è la seguente: Douglas Institute, Department of Psychiatry, McGill University, Montreal (Canada); Howard Hughes Medical Institute, Laboratory of Molecular Genetics, Rockfeller University, New York (USA); MRC National Institute for Medical Research and King’s College London, London (UK).

Il nostro livello di vigilanza, e così quello degli altri mammiferi, può essere descritto da un ciclo circadiano sonno-veglia e un ritmo ultradiano nel periodo del sonno, consistente in una oscillazione fra fasi REM e non-REM. Sebbene il nucleo soprachiasmatico dell’ipotalamo (l’orologio biologico principale dell’organismo, il master clock) sia critico per la genesi e la sincronizzazione dei ritmi circadiani, non è all’origine di questa periodicità, della quale sembra principalmente responsabile il “sistema attivatore ascendente” della formazione reticolare troncoencefalica scoperto da Giuseppe Moruzzi e Horace Magoun (1949). La ciclicità REM/non-REM può essere vista come l’interazione antagonistica fra sistemi REM-OFF (istaminergici, noradrenergici e serotoninergici) e sistema colinergico, REM-ON.

Il sonno REM ha specifici correlati nell’attività neuronica del tronco encefalico, del proencefalo basale e dell’ipotalamo laterale. I neuroni esprimenti MCH dell’ipotalamo laterale sono attivi durante il sonno, ma la loro influenza sulla fase REM non è stata finora chiarita.

Jego e colleghi, usando la tecnica optogenetica in topi espressamente generati, Tg(Pmch-cre), hanno accertato che l’attivazione acuta di neuroni MCH (ChETA, SSFO) all’inizio del sonno REM estendeva la durata di questa fase, ma non di quella non-REM. All’opposto, l’acuto silenziamento delle stesse cellule (eNpHR3.0, archaerodopsin) riduceva la frequenza e l’ampiezza del ritmo teta dell’ippocampo senza influenzare la durata della fase REM.

Gli esperimenti in vitro di attivazione dei terminali dei neuroni MCH inducevano, nel nucleo tuberomammilare, correnti post-sinaptiche inibitorie GABAA-mediate nei neuroni istaminergici promuoventi il risveglio, e l’attivazione in vivo dei terminali dei neuroni MCH nel setto mediale o nello stesso nucleo tuberomammillare, era in grado di prolungare la durata degli episodi di sonno REM.

Questi risultati suggeriscono che l’attivazione dei neuroni MCH, attraverso l’inibizione dei sistemi neuronici di risveglio, mantiene e prolunga la durata del sonno REM; pertanto su questa base si deve riconoscere agli autori dello studio di aver identificato, come annunciato nel titolo dell’articolo, un circuito modulatore ipotalamico della fase del sonno in cui si sogna.

 

L’autore della nota invita alla lettura delle recensioni di studi di argomento connesso disponibili sul sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Roberto Colonna

BM&L-05 ottobre 2013

www.brainmindlife.org