Ambiente ricco combatte Alzheimer modulando microRNA
DIANE RICHMOND
NOTE
E NOTIZIE - Anno XI – 28 settembre 2013.
Testi pubblicati sul sito
www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind
& Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a
fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta
settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in
corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli
oggetti di studio dei soci componenti lo staff
dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo:
RECENSIONE]
La ricerca sulla malattia di Alzheimer, alla quale la nostra società scientifica dedica sempre molta attenzione, come testimoniano le numerose recensioni di lavori sperimentali e gli aggiornamenti periodici curati da gruppi di studio specificamente dedicati, negli ultimi anni non ha fatto registrare quel decisivo balzo in avanti di conoscenza che ci si attendeva. Dopo alcune notevoli acquisizioni nel campo della genetica e della biologia molecolare delle principali proteine implicate nella fisiopatologia e verosimilmente nella patogenesi delle principali forme cliniche, studiate mediante modelli sperimentali, non vi sono state scoperte illuminanti nel campo dei meccanismi eziopatogenetici, e non si è giunti ad individuare farmaci in grado di modificare realmente l’andamento e la progressione dei processi neurodegenerativi.
Alcune acquisizioni degli anni recenti potrebbero tuttavia rivelarsi particolarmente interessanti nel suggerire nuove vie per la ricerca e per la terapia. Già in passato abbiamo rilevato un dato ben noto ai ricercatori, ma ancora quasi del tutto ignorato dai clinici: l’esposizione ad un ambiente ricco e stimolante è in grado di rallentare la progressione della malattia come nessun farmaco noto è in grado di fare[1].
Nello spettro degli effetti prodotti dalla malattia neurodegenerativa e, per converso, dall’ambiente arricchito (EE, da enriched environment), le azioni sui microRNA hanno attratto l’attenzione di alcuni gruppi di ricerca.
Barak e
colleghi hanno identificato per la prima volta dei microRNA che sono
inversamente regolati nella malattia di Alzheimer e nell’EE (Barak B., et
al., Opposing actions of
environmental enrichment and Alzheimer’s disease on the expression of
hippocampal microRNAs in mouse models. Translational Psychiatry 3, e304; doi:10.1038/tp.2013.77,
2013).
La provenienza
degli autori è la seguente: Department of Neurobiology, Life Sciences
Faculty, Tel Aviv University, Tel Aviv (Israele);
Sago School for Neuroscience, Tel Aviv University, Tel Aviv (Israele); Department of Cell and Developmental Biology, Sackler Faculty of Medicine, Tel Aviv University, Tel Aviv
(Israele); The Mina and Everard
Goodman Faculty of Life Sciences, and The Gonda
Multidisciplinary Brain Research Center, Bar Ilan
University, Ramat-Gan, (Israele);
Laboratory of Neurosciences, National Institute on Aging Intramural Research
Program, NIH, Baltimore, MD (USA).
I ricercatori hanno condotto una sperimentazione che ha consentito loro di caratterizzare gli effetti della patologia alzheimeriana e dell’EE su regolatori post-trascrizionali, quali i microRNA, che possono contribuire agli aspetti negativi indotti dalla malattia e positivi indotti dagli stimoli ambientali, agendo su proteine legate alla plasticità sinaptica e sui processi patologici. Barak e colleghi hanno identificato per la prima volta dei microRNA che erano inversamente regolati dai processi della malattia neurodegenerativa e dagli influssi ambientali e potevano agire su proteine sinaptiche e modulatori, fattori molecolari associati con la patologia alzheimeriana, fattori di sopravvivenza e fattori neuroprotettivi.
Il lavoro di questa ricerca è stato articolato e complesso, pertanto qui di seguito considereremo solo gli aspetti più rilevanti.
I microRNA che erano regolati verso l’alto, ossia maggiormente espressi, nei topi 3xTgAD, modelli murini della malattia di Alzheimer, e non lo erano negli animali di controllo, apparivano localizzati nelle sinapsi, predicevano la regolazione verso il basso di proteine sinaptiche essenziali ed erano altamente associati con la regolazione dell’apoptosi e con altri processi strettamente legati alla patologia neurodegenerativa.
I ricercatori hanno studiato le variazioni progressive nella modulazione dei microRNA durante la vita dei modelli murini della malattia e, durante l’invecchiamento dei topi 3xTgAD, hanno identificato delle molecole di microRNA che erano regolate nelle fasi precoci della malattia, e le hanno considerate come potenziali biomarkers della malattia di Alzheimer.
Barak e colleghi hanno caratterizzato, nell’ippocampo del topo, effetti correlati alla malattia di Alzheimer e all’EE sui livelli della proteina tomosina, un inibitore dell’apparato di trasmissione sinaptica. I dati di osservazione sono risultati di chiara evidenza: l’ambiente arricchito riduceva nettamente i livelli di tomosina, mentre nei topi 3xTgAD, man mano che invecchiavano sviluppando la patologia neurodegenerativa, si registravano livelli accresciuti di tomosina. Non è superfluo sottolineare che questo risultato ha suggerito ai ricercatori un ruolo per questa proteina nel noto deficit di trasmissione sinaptica tipico della grave demenza degenerativa.
I ricercatori hanno accertato che il microRNA miR-325 regola l’espressione dei livelli di tomosina, come dimostrato da un saggio condotto con il metodo della luciferasi. Nella patologia alzheimeriana miR-325 era regolato in basso, mentre a seguito degli effetti dell’ambiente arricchito si registrava una upregulation.
Il complesso dei dati emersi da questo studio, per il cui dettaglio si rimanda al testo integrale del lavoro originale, accresce sicuramente la nostra conoscenza dei processi cellulari e molecolari che hanno luogo nella malattia di Alzheimer, di quelli che si verificano per effetto di un ambiente ricco e stimolante, e di ciò che accade nel conflitto fra gli stimoli dell’esperienza vissuta e i processi patologici, che porta all’unico effetto dimostrato nell’uomo di temporaneo arresto della progressione del danno noto.
In conclusione, questa direzione della ricerca sembra molto promettente, soprattutto se i dati che emergeranno da questi studi potranno concorrere al completamento di un quadro di patologia molecolare che richiede ancora molti progressi negli altri ambiti in cui sono attualmente impegnati i ricercatori che indagano le basi cellulari e molecolari della malattia di Alzheimer.
L’autrice della nota ringrazia il
presidente Perrella, con il quale ha discusso l’argomento trattato, e la
dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza, e invita alla
lettura delle recensioni di studi di argomento connesso disponibili sul sito
(utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).