La nuova edizione del celebre trattato sul dolore di Wall e Melzack
GIUSEPPE PERRELLA
(Trascrizione
di Lorenzo L. Borgia)
NOTE
E NOTIZIE - Anno XI – 29 giugno 2013.
Testi pubblicati sul sito
www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind
& Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a
fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta
settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in
corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli
oggetti di studio dei soci componenti lo staff
dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo:
TRASCRIZIONE DI UNA RELAZIONE ORALE]
Il presente testo è stato tratto dalla registrazione di una
relazione tenuta venerdì 14 giugno 2013 in Firenze dal presidente della Società
Nazionale di Neuroscienze, Giuseppe Perrella, che ha recensito per i soci la
sesta edizione del trattato sul dolore più famoso al mondo. Il testo, per
espresso desiderio dell’autore, è stato riassunto in alcune parti e privato
degli approfondimenti specialistici, sia per consentire una lettura scorrevole
ai visitatori del sito non esperti del settore, sia per permettere al
trascrivente una sollecita consegna per la pubblicazione.
La malattia è il dottore al quale prestiamo
maggiore attenzione:
alla gentilezza, alla conoscenza noi facciamo solo
promesse:
al dolore obbediamo
(Marcel Proust)
Se dovessi scegliere fra il dolore e il nulla,
io sceglierei il dolore
(William Faulkner)
Non siamo noi stessi quando la natura, creatura
oppressa,
impone alla mente di soffrire col corpo
(William Shakespeare, Re Lear)
Con l’aiuto della spina nel piede,
io salto più in alto di chiunque altro con i piedi sani
(Sjøren Kierkegaard)
(Seconda
Parte)
Negli anni che sono trascorsi dalla
precedente edizione, si è verificato un notevole sviluppo delle conoscenze nel
campo della natura e dei meccanismi del dolore, grazie ad una straordinaria
intensificazione della ricerca. Per avere un’idea di quanto sia cresciuto il
numero degli studi condotti negli ultimi 6-7 anni, basta digitare la parola “pain” nell’apposito spazio del motore di
ricerca dell’NIH, ossia PubMed, e considerare le pubblicazioni dal 2006 ai
primi mesi del 2013: l’elenco fornisce oltre 160.000 titoli, con un incremento
del 40% rispetto ad un periodo di tempo analogo ma precedente la quinta
edizione. Stephen B. McMahon osserva che i 147 autori del nuovo Textbook of Pain hanno sicuramente letto
la massima parte dei 160.000 lavori, dunque con una media di oltre 1000 articoli
letti da ogni contributor.
I dati bibliometrici ci consentono di
rilevare anche alcuni cambiamenti intervenuti nell’orientamento della ricerca,
e noti quasi esclusivamente ai ricercatori del settore: l’enorme aumento di
interesse per il dolore neuropatico, ossia i sintomi algici causati da danno
dei nervi, e la tendenza a ridursi della crescita, in passato esponenziale,
degli studi sulle cefalee. Infatti, la verifica su PubMed per neuropathic pain e per headache, con gli stessi criteri
adoperati per pain, fa registrare un
incremento del 90% nel primo caso e solo del 30% nel secondo.
Questa differenza è riflessa nelle
proporzioni che questi argomenti hanno assunto nel volume: 166 pagine (da p.
861 a 1027) della sezione VII (capitoli 61-71) dedicate al dolore neuropatico,
contro le 67 pagine dedicate alle cefalee e ai dolori facciali (sez. VI, capitoli
56-60, pp. 793-860).
Un altro aspetto rispecchiato dai dati
bibliometrici e dal trattato, si collega direttamente alla notevole riduzione
dei costi delle operazioni e delle tecnologie impiegate per il sequenziamento
del DNA e dell’RNA. Questo vantaggio economico ha permesso a molti laboratori
di includere valutazioni genetiche negli studi sul dolore: la ricerca, sempre
nella banca-dati PubMed, con le parole genetics
e pain rivela un aumento del 60%
delle pubblicazioni, ed è evidente nel Textbook
of Pain una genetica molecolare molto più dettagliata della precedente
edizione. Per concludere con le curiosità bibliometriche emerse interrogando
PubMed, si può notare che fra l’inizio del 2001 e la fine del 2006, digitando epigenetics e pain si otteneva il titolo di un solo lavoro, ma dopo di allora
sono stati pubblicati 19 studi, in un campo che promette una crescita notevole.
La sesta edizione del Textbook of Pain conserva la stessa struttura generale che era
stata concepita per la quinta edizione, con l’aggiunta di alcuni capitoli che trattano
argomenti nuovi, e l’accorpamento di altri, secondo le esigenze attuali della
materia. Al lavoro di filtro nell’integrazione della grande mole di nuove
nozioni, hanno dato un contributo speciale di esperienza ed efficienza Irene
Tracey e Dennis Turk.
Molti degli studi epidemiologici riportati
nel volume consentono di rendersi conto dell’alta prevalenza del dolore cronico
in tutto il mondo, e dell’efficacia ancora limitata delle cure per la maggior
parte delle persone sofferenti. Qualche modesto progresso si è avuto con
l’approvazione di alcune nuove terapie, come l’applicazione topica di
capsaicina, peraltro in un numero ancora limitato di paesi. Una serie di trials clinici, passati in rassegna nel
volume, hanno documentato una impressionante efficacia clinica nel sollievo del
dolore da parte dei bloccanti del fattore di crescita NGF, scoperto da Rita
Levi-Montalcini. Si tratta di una possibilità per la quale si nutrono tante
speranze di successo quanti timori di limitazioni a causa degli effetti
collaterali: lo stile della tempestiva proposizione ai medici di questa
sperimentazione clinica ancora in corso, mi sembra un segno eloquente del ruolo
che questo trattato ha svolto e intende svolgere.
Nel suo insieme, questa nuova edizione non
delude le aspettative, confermando e migliorando alcuni pregi delle passate
edizioni, quali:
1) traduzione delle nuove acquisizioni
sperimentali in concreti elementi per la pratica clinica;
2) efficace resa per immagini di rilevanti
concetti scientifici grazie ad un programma di illustrazioni di notevole
utilità;
3) indicazione dei metodi di gestione clinica
più sicuri ed efficaci, con un’ampia sezione dedicata alle tecniche
anestetiche;
4) aggiornamento agli ultimi sviluppi per
argomenti quali l’iperalgesia indotta da oppioidi, l’abuso e la dipendenza da
sostanze psicotrope, la neuromodulazione e la gestione del dolore,
l’identificazione di specifici obiettivi molecolari nel dolore.
In questa sesta edizione un difetto evidente,
che ad essere sincero mi ha veramente sorpreso, è l’assenza della bibliografia
al termine di ciascun capitolo: i 147 autori non hanno fatto in tempo a compilare
l’elenco delle referenze bibliografiche citate nel testo e, pertanto, l’editore
ha deciso di inserire una frase stereotipa di rimando ad un sito web al termine di ciascuno dei 76
capitoli. In pratica non è un grande problema perché, una volta acquistato il
testo nel quale è criptato un codice di accesso, si potranno facilmente trovare
gli elenchi mancanti presso www.expertconsult.com. Rimane, tuttavia,
il disagio dell’incompiutezza in chi adopera il volume per fini di studio, e
non per semplice consultazione a supporto della pratica clinica, oltre che la
sensazione di un errore di coordinazione o di gestione dei tempi di lavoro, in un volume in cui la cura editoriale si
nota dalla qualità della carta e della rilegatura, all’accurato sistema di
soluzioni grafiche volte a facilitare la fruizione da ogni punto di vista.
Il limitato tempo a mia disposizione non mi
consente di entrare nel merito dei contenuti dei singoli argomenti, ma desidero
fare un’eccezione a proposito del ruolo
della microglia nel dolore neuropatico. La nostra Società Scientifica, fin
dalla sua fondazione, ha contribuito in ogni occasione e con molti suoi membri
ad attrarre l’attenzione della comunità neuroscientifica sui molteplici ruoli
delle popolazioni cellulari della glia, rimanendo spesso inascoltata. Oggi mi
piace dare merito agli autori della sesta edizione del Textbook of Pain per aver efficacemente esposto le più recenti vedute
sul ruolo della microglia, e voglio cogliere l’occasione per rendere un sia pur
breve omaggio ad uno studioso dall’intuito geniale.
Carl Ludwig Schleich (1849-1922), chirurgo ed anestesista tedesco, fu pioniere dell’anestesia regionale, rifinendone la tecnica con un metodo di infiltrazione a basso rischio descritto nel saggio del 1899, Schmerzlose Operationen (Operazioni indolori).
In quel libro Schleich espone le sua visione della fisiologia cerebrale che si discosta e si oppone a quella della “rete neurale” propugnata da Sigmund Exner (1894) e suggerisce un ruolo attivo per le cellule della glia. In proposito, si cita un aneddoto secondo cui Schleich, nel guardare i piedi di un pianista azionare i pedali durante l’esecuzione di un brano musicale, abbia tratto ispirazione per intuire un ruolo delle cellule non nervose del cervello: “La glia come un pedale del pianoforte, un apparato per commutare i registri […] un regolatore dell’inibizione” (Schleich 1921).
Schleich aveva correttamente intuito che le cellule della glia partecipano all’attività dei neuroni, controllandone l’eccitazione, sebbene non potesse fornire alcuna prova sperimentale a sostegno delle sue certezze. Le sue idee furono ritenute fantasiose e prive di fondamento da parte della maggioranza dei ricercatori, che lo considerava un medico-chirurgo privo della preparazione biologica necessaria per affrontare quegli argomenti.
Sommerso da critiche e stroncature, Schleich dovette persino sopportare che gli si dicesse che il suo cervello si stava “trasformando in colla” (Schleich 1921), con un gioco di parole dal termine greco da cui deriva glia, e che vuol dire colla.
Le interazioni fra neuroni e glia sono sempre più di frequente riconosciute come elemento chiave alla base di processi fisiologici e patologici del sistema nervoso centrale. La microglia nelle corna dorsali del midollo spinale risponde ai danni dei nervi periferici adottando uno specifico stato di risposta caratterizzato dalla up-regulation del recettore purinergico P2X4. In questo stato P2X4R+, la microglia rilascia BDNF, che disinibisce i neuroni nella rete di elaborazione nocicettiva spinale. Il cambiamento nell’elaborazione indotto dalla segnalazione della microglia P2X4R+, può spiegare i sintomi principali del dolore neuropatico negli esseri umani.
Concludendo la presentazione di questa preziosa opera scientifica e clinica, vorrei fare un ultimo riferimento alla dimensione umana del dolore.
Per il grado attuale di consapevolezza individuale e di sviluppo culturale, il dolore biologico ha un’importanza sempre minore come segnale, e i progressi scientifici ci consentono sempre più spesso di farne a meno come sintomo e di sopprimerlo con trattamenti efficaci. Ben diversa ci appare la condizione del dolore psichico che si manifesta nella coscienza, e sembra che non si possa eliminarlo senza interferire con essa. Se è vero che non c’è amore senza sofferenza attuale o potenziale ed è proprio la capacità umana di investire nei rapporti affettivi che rende vulnerabili, è anche vero che la conoscenza che deriva dall’investimento, dalla perdita e da ogni altra forma di patire, è insostituibile e, forse, eliminarla vorrebbe dire rinunciare ad una parte importante della coscienza, esercitando un potere che, come quello di cui parla Sofocle, ottiene il suo effetto ma rende irrimediabilmente ciechi.