I vasi corticali non formano schemi colonnari come si credeva

 

 

GIOVANNI ROSSI

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XI – 22 giugno 2013.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

È difficile rendersi conto dell’intricato ammasso vascolare che attraversa il cervello, perché una parte notevole dei più piccoli vasi non è visibile ad occhio nudo, ed un’altra parte dal calibro lievemente maggiore, quando svuotata del sangue come nei preparati anatomici, non è più distinguibile. Eppure, se si osserva attentamente una sezione encefalica o una sua riproduzione fotografica, magari lievemente ingrandita rispetto alla dimensione naturale, si può notare una miriade di forellini sparsi su tutta la superficie: le cavità che in vivo vedono il passaggio del sangue.

Un metodo per studiare la morfologia di queste dense ramificazioni consiste nel realizzare dei finissimi calchi in resina, che si rendono avulsi dall’organo. Uno dei migliori esempi di tali calchi, riprodotto nell’ultima edizione del Gray’s Anatomy[1], rende evidente come la disposizione tridimensionale delle migliaia di vasi rifletta la conformazione delle masse dei due emisferi. Una tale disposizione della trama vasale, che segue la materia neuro-gliale, ha una precisa ragione fisiologica. L’alto livello di attività metabolica, in gran parte dovuto alle richieste energetiche necessarie alla funzione neurale, necessita all’incirca del 15% del sangue messo in circolo dalla sistole cardiaca, e approssimativamente del 25% dell’ossigeno consumato da tutto il corpo.

Tutta la massa arteriolare finemente capillarizzata dipende da una struttura vascolare detta cerchio arterioso, ettagono o poligono di Willis[2], posta alla base dell’encefalo e costituita anteriormente dalle due arterie carotidi interne, e posteriormente dalle due vertebrali che derivano dalla succlavia.

Schematicamente, le arterie del sistema delle carotidi vascolarizzano tutto il proencefalo, eccetto il lobo occipitale, che riceve vasi dalle arterie vertebrali, insieme con il tronco encefalico e il cervelletto. Il sangue venoso refluo dal cervello è drenato nei seni della dura madre.

Dell’importanza del flusso ematico cerebrale, la cui interruzione anche solo per qualche minuto può lasciare danni neurologici permanenti, ho scritto di recente a proposito dell’unità neurovascolare (NVU, da neurovascular unit) costituita da elementi gliali, neuroni, cellule dell’endotelio dei vasi e periciti: “Una delle funzioni principali della NVU è la costituzione di un’attiva interfaccia fra il sangue dei capillari del sistema nervoso centrale e il fluido extracellulare dei neuroni e della glia, cui si da il nome di barriera emato-encefalica (BEE o, in inglese, BBB, da blood-brain barrier). Attualmente si ritiene che una parte importante della flessibilità di risposta del sistema nervoso centrale alle necessità critiche dell’organismo e alle richieste neurofisiologiche interne, derivi dall’orchestrazione funzionale di un’enorme rete eterogenea ed integrata, cui prendono parte neuroni, astrociti, microglia, periciti, cellule muscolari lisce dei vasi e cellule endoteliali che, insieme, costituiscono appunto l’unità neurovascolare”[3].

La massima attenzione della ricerca è attualmente concentrata sull’architettura vascolare e microvascolare della corteccia cerebrale, per il suo strettissimo rapporto con le funzioni cerebrali di più alto livello di integrazione, inclusi i processi psichici. Alcuni studi hanno suggerito che l’organizzazione microvasale corticale sia conformata a moduli che ricalcano la morfologia delle unità colonnari.

Pablo Blinder e i suoi collaboratori hanno condotto un accuratissimo studio istologico che confuta questa ipotesi e mostra una realtà diversa e stimolante allo stesso tempo (Blinder P., et al. The cortical angiome: an interconnected vascular network with noncolumnar patterns of blood flow. Nature Neuroscience [Epub ahead of print doi:10.1038/nn.3426], 2013).

La provenienza degli autori è la seguente: Department of Physics, University of California at San Diego, La Jolla, California (USA); Section of Neurobiology, University of California at San Diego, La Jolla, California (USA); Science Applications International Corporation Intelligent System Division, Arlington, Virginia (USA).

Prima di considerare i contenuti di questo pregevole studio, non posso sottrarmi all’obbligo “didattico” di un’osservazione critica, necessaria a sgombrare il campo da dubbi che potrebbero insorgere nella lettura del titolo dell’articolo originale (The cortical angiome…), soprattutto da parte dei lettori più giovani.

Da quando si è deciso di battezzare “genoma” l’intero patrimonio genetico di una specie animale, si è andata affermando la moda di qualificare con il suffisso “-oma” l’insieme di tutti i composti di ogni categoria molecolare presente in una cellula: proteoma, lipidoma, glicoma. L’utilità, a mio avviso, è soprattutto nell’aver indicato con una parola un campo unitario di studio corrispondente ad un insieme molecolare, come proteomica, lipidomica, glicomica, perché, ad esempio, gli studi di proteomica possono essere condotti in campi disciplinari diversi, quali genetica molecolare, chimica delle proteine, immunologia, biofisica delle macromole, e così via. L’uso, poi, si è esteso all’indicazione dell’insieme di altri elementi biologici, e così nelle neuroscienze si è avuto il connettoma (connectome), ossia l’insieme di tutte le connessioni evidenziabili con procedure basate sulla risonanza magnetica, come la trattografia. Francamente, non condivido l’uso del termine angioma[4], che da sempre designa i tumori vascolari, per indicare l’insieme dei vasi, perché esiste già una terminologia anatomica non ambigua ed efficacemente descrittiva per indicare le varie parti del sistema vascolare, inclusa la rete arteriolare e capillare della corteccia cerebrale[5].

Pablo Blinder e colleghi hanno indagato la corteccia cerebrale murina che controlla la funzione delle vibrisse: territori corticali estesamente esplorati e bene conosciuti nella loro fisiologia, le cui principali operazioni sono state descritte in termini di analisi computazionale. Al fine di comprendere l’organizzazione morfologica vasculo-neuro-gliale, hanno impiegato una metodologia istologica avanzata (high-throughput histology) per ricostruire la completa angioarchitettura[6] e la posizione di tutti i corpi cellulari dei neuroni per molti millimetri cubici di regioni della corteccia sensoriale primaria delle vibrisse di topo.

Il lavoro di ricostruzione grafica delle strutture ha consentito di derivare la configurazione delle reti microvascolari. Mano a mano che il lavoro basato sulle analisi teorico-grafiche si andava compiendo, i ricercatori hanno visto emergere un disegno decisamente diverso da quello dei modelli ipotetici attualmente adottati, nei quali la rete vascolare è strettamente associata e morfologicamente simile alle colonne corticali.

Lo studio, infatti, ha rivelato dei profili della rete microvasale disposta sotto la superficie corticale, caratterizzati da anelli (loops) di interconnessione con una topologia invariante rispetto alle posizioni e alla morfologia delle colonne corticali.

Lo studio, nelle reti microvascolari, dei patterns di flusso ematico mediante precise determinazioni di calcolo, ne ha rivelato l’indipendenza rispetto alla localizzazione delle colonne corticali. È emerso invece, con evidenza, che il sangue proveniente dalle arteriole penetranti era efficacemente drenato dalle venule penetranti, ottenendo la limitazione della perfusione laterale.

Gli schemi di flusso (flow patterns) emersi dallo studio, per il cui dettaglio si rinvia al lavoro originale, possono spiegare l’origine di ictus conseguenti a occlusione o rottura di singoli vasi.

Si possono condividere le conclusioni degli autori, secondo i quali la loro analisi fornisce elementi per una migliore comprensione delle immagini ottenute con metodiche di studio funzionale del cervello dei pazienti, così come dell’effetto dell’occlusione e della rottura dei vasi penetranti sulla vitalità del cervello.

 

L’autore della nota ringrazia il professor Giuseppe Perrella, Presidente della Società Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia, per le sue integrazioni e correzioni, e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che compaiono nelle “Note e Notizie” (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA” del sito).

 

Giovanni Rossi

BM&L-22 giugno 2013

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Rosso in campo nero, evidenzia tutti i vasi, dalle grandi arterie vertebro-basilari e carotidee ai più piccoli vasi visibili ad occhio nudo [Susan Standring (editor in chief), Gray’s Anatomy, p. 295, Elsevier 2005].

[2] Nel poligono di Willis si possono riconoscere sette lati: anteriormente, le due arterie cerebrali anteriori unite dalla piccola comunicante formano i tre lati della parte rostrale; i quattro lati rimanenti sono costituiti dalle due comunicanti posteriori che da ciascuna carotide interna si uniscono alle cerebrali posteriori. Il poligono di Willis è contenuto nella cisterna centrale che isola le sue pulsazioni evitando che si trasmettano al cervello.

[3] Note e Notizie 18-05-13 Alla scoperta dei periciti.

[4] In inglese il termine angiome invece di angioma (il tumore) consente di mantenere la distinzione.

[5] In anatomia è sufficiente l’impiego di espressioni quali “rete vascolare dell’encefalo” o, più semplicemente, “vasi encefalici” o “vasi cerebrali” per includere arterie, vene e capillari di ogni ordine e tipo.

[6] L’organizzazione strutturale dei vasi come in una architettura: si fa riferimento implicito alla cito-architettonica e alla mielo-architettonica della corteccia cerebrale che hanno a lungo costituito oggetto di studio di branche specializzate della neuroanatomia.