Come una dose di L-dopa impedisce il ritorno della paura

 

 

NICOLE CARDON

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XI – 22 giugno 2013.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

È noto che gli eventi traumatici possono determinare lo sviluppo di reazioni di paura eccessive e persistenti, a circostanze ed esperienze in grado di rievocare il trauma. Non è noto a tutti che l’effetto di ritorno della reazione emozionale intensa e disturbante, per azione di innesco da parte di “rievocatori”, si verifica spesso anche in persone trattate con successo per sindromi quali il disturbo post-traumatico da stress (PTSD), il disturbo acuto da stress (ASD) e varie forme di risposta fobica isolata o quale parte di altri quadri sindromici dello spettro dell’ansia.

I metodi psicoterapeutici più impiegati nel trattamento di tali disturbi, mirano ad indurre nei pazienti il formarsi di memorie positive, verosimilmente in grado di inibire quelle negative che causano alterazione dell’umore, allarme e, in generale, perdita delle condizioni di ordinario equilibrio fra cognizione ed emozione. Il ritorno della paura si ritiene che si possa verificare, ad esempio, per un insufficiente effetto delle memorie positive sull’attualità funzionale psichica del momento[1]. Su questa base teorico-ipotetica, si è indagata la possibilità di rinforzare le memorie positive per tentare di combattere il ritorno delle reazioni patologiche.

Jan Haaker e colleghi hanno sperimentato una molecola in grado di attraversare la barriera emato-encefalica (BEE) per essere decarbossilata nei neuroni: la L-dopa, ossia il farmaco-base nel trattamento della malattia di Parkinson. Come è noto, nei neuroni la L-dopa è convertita in dopamina da decarbossilasi piridossal-5-fosfato dipendenti.

Lo scopo dei ricercatori è stato quello di aumentare in maniera diretta i livelli encefalici di dopamina subito dopo un’esperienza positiva. Il neurotrasmettitore catecolaminergico è impiegato nella mediazione delle attività neuroniche necessarie alla formazione di memorie di quanto si è esperito. La sperimentazione, condotta su esseri umani, oltre che su modelli murini, ha dimostrato che le memorie desiderate possono non solo essere rinforzate, ma anche rievocate con maggiore efficienza grazie ad una singola dose del precursore naturale dell’amina biogena che, per decenni, è stata anche il principale target della terapia antipsicotica (Haaker J., et al. Single dose of L-dopa makes extinction memories context-independent and prevents the return of fear. Proceedings of the National Academy of Sciences USA [Epub ahead of print doi:10.1073/pnas.1303061110], 2013).

La provenienza degli autori è la seguente: Institute for Systems Neuroscience, University Medical Center Hamburg-Eppendorf (UKE), Hamburg (Germania); Experimental Neuropediatrics, Center for Molecular Neurobiology Hamburg (ZNMH), University Medical Center Hamburg-Eppendorf (UKE), Hamburg (Germania); Institute of Physiology I (Neurophysiology), Westfaelische Wilhems University Münster (Germania); Department of Pharmacology and Toxicology, Institute of Pharmacy and Center for Molecular Biosciences (CMBI) Innsbruck, University of Innsbruck, Innsbruck (Austria); Neuroimaging Center Mainz (NIC), Focus Program of Translational Neuroscience, Johannes Gutenberg University Medical Center, Mainz (Germania).

Numerose evidenze sperimentali hanno dimostrato che l’estinzione, ossia il processo che determina nell’animale di laboratorio la scomparsa di un apprendimento condizionato e che corrisponde a quanto si presume accada nella guarigione da sintomi fobici e assimilabili, non cancella in senso letterale le memorie patologiche, ma genera “memorie di estinzione”, ossia processi competitivi in grado di inibire la paura. Tali processi, secondo quanto ha mostrato la sperimentazione, sono legati al contesto in cui l’estinzione si verifica. Coerentemente con questi esiti sperimentali, si osserva spesso nella realtà psicoterapeutica una prevalenza della paura sull’espressione delle memorie di estinzione – con conseguente ritorno dei sintomi – se gli stimoli che evocano l’emozione negativa sono incontrati al di fuori del contesto terapeutico.

Jan Haaker e colleghi hanno dimostrato che la somministrazione post-estinzione del precursore della dopamina L-dopa, rende le memorie di estinzione indipendenti dal contesto, così riducendo in modo drastico la possibilità di ritorno della paura nelle persone volontarie che si sono sottoposte all’esperimento, così come nei roditori.

La riduzione della paura così indotta, si accompagnava ad un decremento di attività nell’amigdala e ad una accresciuta attivazione della corteccia prefrontale ventro-mediale, tanto nei roditori quanto nei rappresentanti della nostra specie. Negli esseri umani, l’attività della corteccia prefrontale ventro-mediale è predetta da un accentuato accoppiamento funzionale allo stato di riposo di quest’area con i sistemi dopaminergici del mesencefalo durante la fase di consolidamento post-estinzione.

Gli autori, concludendo l’articolo, affermano ottimisticamente che il rinforzo dipendente da dopamina del consolidamento delle memorie di estinzione costituisce un’ampia e promettente via per il miglioramento della terapia dei disturbi dello spettro dell’ansia.

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza ed invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che compaiono nelle “Note e Notizie” (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA” del sito).

 

Nicole Cardon

BM&L-22 giugno 2013

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Un’approfondita discussione in proposito si trova in Perrella G., Ipotesi sui processi di formazione ed estinzione dei sintomi da stress. BM&L, Firenze 2003.