Nella sindrome dell’X-fragile identificati difetti nei circuiti

 

 

NICOLE CARDON

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XI – 15 giugno 2013.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Bimbi belli, dai grandi occhi buoni, spesso capaci di dolci sorrisi: gli affetti dalla sindrome dell’X-fragile nel 70% dei casi non rientrano nella diagnosi di autismo. Anche se molti fra loro presentano condotte ripetitive, non amano essere toccati e sembrano evitare lo sguardo dell’altro, nella maggior parte dei casi non mostrano un evidente aspetto da deficit neurologico.

Eppure, la sindrome dell’X-fragile è considerata la forma più comune di disabilità intellettiva ereditabile e senz’altro la più frequente fra quelle legate al cromosoma X. Incide il doppio nei maschi, infatti la stima della prevalenza indica cifre quali 1 a 4000 per il sesso maschile e 1 a 8000 per quello femminile.

La causa è stata riconosciuta nell’alterazione del gene FMR1, sito sul cromosoma X e portatore di una espansione della tripletta CGG. Pertanto, la sindrome dell’X-fragile, così come la corea di Huntington, è considerata una malattia da espansione di triplette. In particolare, quando il numero delle sequenze CGG eccede le 200[1], il gene FMR1 diviene pesantemente metilato, con compromissione dell’espressione genica. In condizioni normali, il gene codifica una proteina (FMRP) che agisce legandosi selettivamente all’RNA, rendendo dormiente l’mRNA col blocco della traduzione, fino a quando è richiesta la sintesi proteica. La mancanza della funzione della FMRP è considerata la causa dei sintomi. In un modello murino in cui il gene codificante la proteina è mancante, è rinforzata la depressione di lungo termine (LTD) della trasmissione sinaptica eccitatoria, verosimilmente per eccesso di traduzione dei messaggeri, importanti per la plasticità sinaptica[2].

Se questi progressi nella conoscenza delle basi molecolari della sindrome dell’X-fragile sono stimolanti e lasciano intravvedere qualche possibilità di aiuto farmacologico, si deve notare la totale ignoranza di ciò che si verifica al livello di reti e circuiti, e determina direttamente la sintomatologia.

Lo studio della fisiopatologia dei sistemi nella sindrome dell’X-fragile è stato affrontato da J. Tiago Gonçalves e colleghi mediante imaging bi-fotonico del calcio, EEG ed altre tecniche elettrofisiologiche per l’analisi dell’attività di insiemi di neuroni, in un modello murino della sindrome umana (Gonçalves J. T., et al. Circuit level defects in the developing neocortex of Fragile X mice. Nature Neurosciences [Epub ahead of print doi:10.1038/nn.3415], 2013).

La provenienza degli autori è la seguente: Department of Neurology, David Geffen School of Medicine, University of California, Los Angeles, California (USA); Department of Neurobiology, David Geffen School of Medicine, University of California, Los Angeles, California (USA).

Il riconoscimento della sindrome come malattia genetica ha avuto inizio storicamente quando, nello studio della mappa cromosomica dei bambini affetti, fu identificato presso il termine del cromosoma X un sito di costrizione o “fragile”, strettamente associato con il quadro clinico. Il collegamento fra questa alterazione e il sostrato cerebrale non è stato ancora accertato. Sottili alterazioni nel modo in cui le dinamiche delle reti corticali sono modulate da differenti stati comportamentali, potrebbero incidere sulle normali funzioni cerebrali alla base delle attività psichiche, determinando i sintomi della sindrome del cromosoma X fragile.

Gonçalves e colleghi hanno studiato in vivo l’attività spontanea della corteccia somatosensoriale di topi normali e di ceppi murini Fmr1-/-, mediante imaging bi-fotonico del Ca2+, e metodiche di registrazione elettrofisiologica di estesi insiemi di neuroni corticali.

Il confronto ha evidenziato che i topi Fmr1-/- non anestetizzati facevano registrare una sincronia abnormemente alta nell’attività delle reti neuroniche della neocorteccia, in particolar modo durante le prime due settimane dopo la nascita.

Il tasso neuronale di attivazione è risultato tre volte più alto nei topi Fmr1-/- rispetto ai topi a genotipo naturale, durante le registrazioni a cellula intera, manifestando stati “Up/Down” (sonno ad onde lente, quieta vigilanza), probabilmente come risultato di una più alta probabilità di genesi di potenziali d’azione durante gli stati “Up”.

Esperimenti combinati di elettroencefalografia e calcium imaging hanno confermato che i neuroni dei topi mutanti presentavano livelli abnormemente alti di attivazione e di sincronia funzionale durante il sonno.

Tali rilievi consentono di dedurre che le reti corticali nei modelli murini di sindrome dell’X-fragile sono ipereccitabili secondo una modalità dipendente dallo stato del cervello durante un periodo temporale critico per la plasticità dipendente dall’esperienza.

Questa traccia sperimentale, costituita da difetti funzionali delle reti corticali dipendenti dallo stato fisiologico, sembra in grado di spiegare le disfunzioni dei processi cognitivi, del sonno e dell’integrazione sensoriale associate alla sindrome dell’X-fragile.

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza ed invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che compaiono nelle “Note e Notizie” (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA” del sito).

 

Nicole Cardon

BM&L-15 giugno 2013

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] In condizioni normali le ripetizioni della tripletta non eccedono le 30, invece nella maggior parte degli affetti da sindrome dell’X-fragile il numero delle copie è intorno alle 800.

[2] Interessante la sperimentazione a fini terapeutici di antagonisti dei recettori mGluR5: l’attivazione di questi recettori causa depressione di lungo termine, l’uso degli antagonisti sembra in grado di ridurre l’eccesso di traduzione degli mRNA in proteine, potenzialmente determinando effetti benefici.