Il CD33 e la malattia di
Alzheimer
ROBERTO COLONNA
NOTE
E NOTIZIE - Anno XI – 25 maggio 2013.
Testi pubblicati sul sito
www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind
& Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a
fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta
settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in
corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli
oggetti di studio dei soci componenti lo staff
dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo:
RECENSIONE]
Studi di associazione estesi a tutto il genoma hanno identificato il CD33 come un locus genico di suscettibilità per la malattia di Alzheimer.
Elizabeth M. Bradshaw e numerosi colleghi di vari istituti scientifici e del consorzio “The Alzheimer Disease Neuroimaging Initiative”, hanno accertato che l’allele di rischio CD33 è associato con un’alterazione della funzione mieloide, con l’attivazione della microglia e con la patologia amiloide in vivo (Brandshaw E. M., et al. CD33 Alzheimer’s disease locus: altered monocyte function and amyloid biology. Nature Neuroscience [Epub ahead of print doi:10.1038/nn.3435], 2013).
I principali istituti di provenienza degli autori sono i seguenti: Center for Neurologic Diseases, Brigham and Women’s Hospital, Harvard Medical School, Boston, Massachusetts (USA); Program in Translational NeuroPsychiatric Genomics, Institute for the Neurosciences, Department of Neurology, Brigham and Women’s Hospital, Boston, Massachusetts (USA); Rush Alzheimer’s Disease Center, Rush University Medical Center, Chicago, Illinois (USA); Consortia “The Alzheimer Disease Neuroimaging Initiative”.
Lo studio volto alla dissezione funzionale del locus di suscettibilità per la malattia di Alzheimer CD33 ha accertato che l’allele di rischio rs3865444c è associato con una maggiore espressione sulla superficie cellulare di CD33 nei monociti (t50 = 10.06, Pjoint = 1.3 x 10-13) di individui giovani e anziani. È ancora risultato associato con diminuita internalizzazione del peptide amiloide β-42, con accumulo rilevante di elementi fondamentali della patologia amiloide e la formazione di amiloide fibrillare rivelato da metodiche di imaging in vivo e, infine, un numero notevolmente accresciuto di cellule della microglia attivate.
Ulteriori studi consentiranno di verificare quanto è emerso e di accertare eventuali ulteriori elementi di connessione fra il locus genico e il fenotipo patologico.
L’autore della nota invita alla
lettura delle recensioni di lavori di argomento connesso che compaiono nelle
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