Coscienza e movimento volontario: nuove evidenze a dibattito
LORENZO L. BORGIA
NOTE
E NOTIZIE - Anno XI – 18 maggio 2013.
Testi pubblicati sul sito
www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind
& Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a
fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta
settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in
corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli
oggetti di studio dei soci componenti lo staff
dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo:
RECENSIONE]
Attualmente, sulla base delle conoscenze neurofisiologiche degli ultimi decenni, si ritiene che l’esperienza cosciente di voler compiere un movimento non sia la forza trainante la pianificazione motoria, ma solo la conseguenza secondaria di processi neurali non coscienti che preparano lo spostamento di un segmento corporeo o la vera e propria esecuzione di un atto finalizzato. Fin dagli studi di Benjamin Libet, che identificò un circuito a più lunga percorrenza temporale perché un movimento divenisse consapevole (circuito di Libet), si è compreso che il nostro cervello sa cosa stiamo per fare prima di noi. O, almeno, così ritiene oggi la maggior parte dei ricercatori.
Recentemente, il presidente Giuseppe Perrella ha discusso questo argomento presentando una rassegna molto significativa di lavori e dimostrando la fallacia della convinzione espressa da autorevoli neuroscienziati, fra cui Antonio Damasio, secondo i quali l’attività elettrica rilevata nelle aree corticali corrispondenti alle parti del corpo che saranno mosse, prima che queste vengano spostate, dimostrerebbe l’inesistenza del libero arbitrio[1].
Nell’ambito della nostra scuola neuroscientifica la questione sembra essere molto chiara: l’arbitrio di una persona si forma con la sua personalità, la sua cultura, le sue convinzioni, le sue opinioni, con il grado di consapevolezza agita cui la persona è abituata e il livello di gestione cosciente di sé che è solita esercitare[2]. Non riguarda il muovere un dito verso destra o verso sinistra, grattarsi per risposta riflessa o altre cose simili. Il libero arbitrio riguarda scelte di senso importanti per la vita propria e altrui, o caratterizzate da rilevanti conseguenze di tipo affettivo, morale, spirituale, sociale, lavorativo, tecnico, etc., e il fondamento di tali scelte non si compie nei millisecondi che precedono un movimento, ma ha la dimensione dei tempi di una vita. Un altro aspetto molto chiaro alla nostra scuola neuroscientifica è che i correlati neurali del movimento, compresi quelli riferiti all’intenzione cosciente, non sono ancora stati definiti compiutamente, e per quanto riguarda la volontà consapevole, c’è ancora molto da studiare e capire prima di poterne indicare la base cerebrale.
Ora, un
interessante studio di Logan Schneider e colleghi che sarà pubblicato sul Journal of Cognitive Neuroscience
nel prossimo mese di giugno, sembra confermare l’opinione dominante di processi
automatici che precedono - e secondo alcuni influenzano - la coscienza, ma,
d’altro canto, insinua un dubbio sull’interpretazione classica dell’attività
neurale che precede la coscienza del movimento, offrendo una lettura
alternativa tanto stimolante quanto a noi familiare[3].
L’attivazione corticale precoce potrebbe, infatti, non essere un correlato
della preparazione motoria dell’atto che sarà compiuto (Schneider L., et al. What we think before a voluntary movement. The Journal of Cognitive Neuroscience 25 (6), 822-829, 2013).
Gli autori provengono dai National Institutes of Health (NIH, Bethesda, USA) e uno di loro (Ou Bai) lavora anche presso la Virginia Commonwealth University.
Gli autori dello studio affermano che “un elemento centrale del movimento volontario è il senso di volizione”, ma che non è ancora chiaro a che punto del processo di formulazione ed esecuzione del movimento “questo senso” (diremmo questa consapevolezza) insorge. Un gran numero di studi ha finora esplorato i modi in cui il cervello potrebbe attivamente preparare il movimento, prima che si divenga coscienti del “senso di volizione”, ma poiché i tempi della percezione cosciente dell’intenzione volontaria dipendevano da giudizi soggettivi e retrospettivi, i risultati ottenuti sono stati considerati con un notevole grado di scetticismo o, come si dice in Italia, sono stati “presi con le molle”.
Gli eventi elettroencefalografici (EEGrafici), quali le desincronizzazioni β evocate da eventi e i potenziali corticali legati al movimento, sono associati con i processi cerebrali di programmazione del movimento. Schneider, Hallet e colleghi, usando un segnale EEG derivato da variabili multiple, sono stati in grado di fare in tempo reale previsioni dei movimenti prima che si verificassero, con una buona percentuale di successi, cioè con un basso tasso di falsi-positivi.
I ricercatori, nel momento in cui facevano la previsione, chiedevano ai partecipanti cosa stessero pensando: in alcuni casi i volontari dell’esperimento stavano pensando al movimento, ma in altri casi pensavano a tutt’altro. Una simile osservazione dimostra che, almeno in una percentuale significativa di casi, il cervello può preparare dei movimenti volontari mentre il soggetto sta usando la sua coscienza dichiarativa per un diverso processo mentale.
Come nota anche Michel Desmurget[4], numerose linee di evidenza suggeriscono che i segnali precoci registrati dai ricercatori dell’NIH non riflettono la preparazione del movimento per sé, ma piuttosto un accumulo progressivo di attività neurale che porta, infine, all’emergere dell’intenzione cosciente di compiere il movimento.
Secondo questa interpretazione, l’esperienza cosciente di voler compiere un atto non sarebbe la conseguenza dell’inizio del movimento, come vuole il senso comune dell’ultimo quarto di secolo, ma la causa dell’avvio, come vorrebbe il buon senso se si fosse sicuri del significato dei parametri osservati. E perché si possa essere sicuri è necessario che la parola torni alla ricerca.
L’autore invita alla lettura
delle recensioni di lavori di argomento connesso che compaiono nelle “Note e
Notizie” (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA” del sito).
[1] G. Perrella, Intenzione, azione e coscienza: correlati neurofunzionali e illusioni interpretative. BM&L-Italia, Firenze 2013 (Relazione tenuta all’incontro di venerdì 3 maggio 2013).
[2] G. Perrella, op. cit.
[3] L’ipotesi, insieme con altre possibilità, su una base esclusivamente speculativa, era stata proposta a un gruppo di lavoro nel 2003 dal presidente Perrella e condivisa da Rossi, Cardon, Richmond, Colonna e chi scrive.
[4] Si veda alle pagine 830-833 dello stesso fascicolo [25 (6)] di giugno in cui è pubblicato il lavoro.