La sintassi musicale nella mano del pianista

 

 

DIANE RICHMOND

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XI – 04 maggio 2013.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

La composizione della musica, al pari di quella di testi scritti nelle lingue che conosciamo e dei messaggi verbali che continuamente trasmettiamo e riceviamo, segue una grammatica che risponde ad un’intrinseca coerenza, grazie alla quale le successioni di note e di accordi creano un filo o una trama che possono essere riconosciuti ed apprezzati nel loro insieme. Gli studi di neurofisiologia della musica suggeriscono che tali regole possono essere paragonate a quelle di una sintassi generica, presumibilmente alla base di tutte le lingue verbali.

Si comprende come l’ipotesi di un tale schema[1], sul quale prenderebbero forma tutte le creazioni musicali, suggerisca la possibilità che esistano, come isomorfismi del “tema sintattico”, dei programmi neuromotori, quali quelli che consentono alle dita, nel suonare uno strumento musicale, di eseguire un brano ed anche creare, attraverso l’esecuzione stessa, nuova musica.

Daniela Sammler, Giacomo Novembre, Stefan Koelsch e Peter E. Keller hanno ipotizzato che i piani di esecuzione psicomotoria delle dita dei pianisti esperti siano governati da una “grammatica delle procedure per suonare il pianoforte”, e che tale set di regole possa essere rivelato mediante lo studio del cervello di professionisti che eseguono brani di musica classica.

Secondo quanto ritenuto dai ricercatori, come all’orecchio del pianista suona sgradevole un accordo “asintattico” in una successione armonica o una nota “sgrammaticata” in una sequenza melodica, così per le sue dita sono sbagliati i movimenti corrispondenti a tali stonature. Questa ipotesi si fonda su una concezione non nuova, ma ancora controversa, secondo cui nella percezione e nella produzione della musica siano attivi meccanismi neurali simili, e una grammatica di base si trasferisca dal dominio della conoscenza musicale a quello degli atti motori. I ricercatori hanno sottoposto a verifica quanto ipotizzato studiando, mediante la registrazione elettroencefalografica dei potenziali evocati cognitivi (ERP, da event-related potential) durante l’osservazione, la programmazione e l’esecuzione di azioni musicali (Sammler D., et al. Syntax in a pianist’s hand: ERP signatures of “embodied” syntax processing in music. Cortex 49 (5), 1325-1338, 2013).

La provenienza degli autori è la seguente: Department of Neuropsychology, Max Planck Institute for Human Cognitive and Brain Sciences, Leipzig (Germania).

Le operazioni sintattiche nel linguaggio verbale e nella musica sono ben definite ed è nota la loro associazione in termini cognitivi e neuroanatomici. Rimane invece materia di dibattito se la nozione di sintassi si applichi anche alle azioni umane e come, queste ultime, possano essere associate alla sintassi del linguaggio e della musica. Lo studio elettroencefalografico condotto da Sammler e colleghi ha cercato di esplorare i correlati neurofunzionali dei processi sintattici durante le esperienze di osservazione, programmazione motoria ed esecuzione di azioni musicali.

A questo scopo, si è chiesto a pianisti esperti di guardare ed imitare dei video privi di audio riproducenti una mano che suona sequenze di cinque accordi in cui l’ultimo accordo poteva essere sintatticamente congruo o incongruo rispetto al precedente contesto armonico. Come “controllo”, cioè come prova neutra parallela alla quale riportare gli esiti delle osservazioni, si è impiegata una successione di due soli accordi, che riduceva la prevedibilità dell’ultimo accordo su base sintattica, in quanto il contesto armonico non era dato da una sequenza di quattro toni, ma era ridotto ad un solo altro termine.

Nello studio dei tracciati EEG e del comportamento dei pianisti, i ricercatori hanno assunto che gli effetti in termini di ERP e comportamento (ad esempio, differenze fra prove in cui l’ultimo accordo era congruo e prove in cui era incongruo), che erano significativamente diversi nelle prove con cinque accordi rispetto a quelle con due, fossero da attribuire all’elaborazione sintattica. Seguendo questo criterio, i risultati ottenuti mostrano un’influenza del contesto sintattico sui potenziali evocati da eventi (ERP) in rapporto a

1) l’osservazione dell’azione;

2) la programmazione motoria per l’imitazione dell’azione;

3) l’accuratezza e i tempi di esecuzione dei partecipanti.

In particolare, l’apparire di indici elettrofisiologici di inibizione dell’azione e di riprogrammazione quando un accordo incongruo doveva essere imitato, implica che il sistema motorio del pianista anticipava (e revocava) l’accordo congruo durante l’osservazione dell’azione.

Aspetto rilevante è che questo ben noto potenziale anticipatorio del sistema motorio sembra essere fortemente basato sulla conoscenza della sintattica musicale da parte dell’osservatore, cosa che suggerisce l’elaborazione “incorporata”[2] della sintassi musicale.

L’insieme dei dati registrati, per il cui dettaglio si rimanda alla lettura del testo del lavoro originale, mostra che la nozione di sintassi musicale non si applica solo alla modalità uditiva ma si trasferisce, in musicisti formati, a una “grammatica dell’azione musicale”.

 

L’autrice, che ringrazia il presidente della “Società Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia”, Giuseppe Perrella, con il quale ha discusso l’argomento trattato e rivisto il presente testo, invita alla lettura delle recensioni di lavori di argomento connesso che compaiono nelle “Note e Notizie” (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA” del sito).

 

Diane Richmond

BM&L-04 maggio 2013

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Una sorta di paradigma funzionale nell’utilizzo di memorie, verosimilmente costituito da uno schema di segmenti di durata (simili alla clause fonemica di Boomer per il linguaggio verbale) delimitati da pause, da vincoli (associazioni vietate) e da stereotipi (associazioni frequenti), e così via. A proposito dei rapporti fra la sintassi delle lingue e il canto degli uccelli si veda “Note e Notizie 02-07-11 Uccelli che riconoscono regole sintattiche”.

[2] “Embodied”, termine caro ad Edelman, è l’espressione adoperata dagli autori dello studio.