Nella depressione manca il potenziamento da serotonina di sinapsi ippocampali

 

 

LUDOVICA R. POGGI

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XI – 06 aprile 2013.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

La depressione non è causata da un difetto di rilascio o da un eccesso di ricaptazione della serotonina (5-HT, da 5-idrossitriptamina), come si potrebbe desumere dal meccanismo d’azione dei farmaci più impiegati per il suo trattamento da decenni[1], ma da fattori[2], in grado di determinare processi di riduzione volumetrica dell’ippocampo e di altre aree cerebrali (c. d. atrofia depressiva), riduzione dei livelli di dopamina, noradrenalina e serotonina, accanto a variazioni di patterns neurofunzionali alla base di cambiamenti nell’atteggiamento mentale e nella predisposizione (setting) psicomotoria di fondo.

Come è noto, se si è affetti da uno stato depressivo, non si è solo poco allegri, ma si vive un mutamento psichico e psicosensomotorio globale. Il differente assetto è reso evidente dal rallentamento cognitivo, da gradi più o meno marcati di perdita di iniziativa, dall’atteggiamento passivo, dai disturbi del sonno, da un’ideazione pessimistica o rinunciataria, da un costante stato di preoccupazione che sembra assorbire energia anche quando non si manifesta come ansia, ma come generale inibizione. Le forme di depressione media e grave si accompagnano alla riduzione dell’esperienza del piacere, fino alla virtuale impossibilità di provarlo (anedonìa) e ad una serie di circoli viziosi fra ideazione e comportamento che, quando non interrotti, portano ad un peggioramento progressivo che può giungere fino all’immobilità completa. Senza evocare quadri psicopatologici di qualità psicotica, con deliri ed allucinazioni, appare evidente che i disturbi depressivi, sebbene nelle forme lievi e medie costituiscano un’esperienza che può riguardare praticamente tutti noi, siano sostenuti da una fisiopatologia articolata e complessa, lontana dall’alterazione di un singolo neurotrasmettitore.

Eppure, se i trattamenti con inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) sono efficaci in molti casi[3], vuol dire che la fisiologia della trasmissione serotoninergica è strettamente legata a quella di altri sistemi e, verosimilmente, influenza i neuroni glutammatergici, ossia le cellule che utilizzano il principale mediatore eccitatorio del nostro encefalo.

La ricerca che sta indagando in questa direzione, promette di individuare meccanismi molecolari e processi cellulari con un ruolo-chiave nella patogenesi dei disturbi depressivi.

Xiang Cai e colleghi, studiando gli effetti della serotonina mediati dai recettori 5-HT1B, hanno ottenuto risultati di notevole interesse (Cai X., et al. Local potentiation of excitatory synapses by serotonin and its alteration in rodent models of depression. Nature Neuroscience [Epub ahead of print doi:10.1038/nn.3355], 2013).

La provenienza degli autori dello studio è la seguente: Department of Physiology, University of Maryland School of Medicine, Baltimore, Maryland (USA); Department of Psychiatry; Solomon H. Snyder Department of Neuroscience, Howard Hughes Medical Institute, Johns Hopkins University School of Medicine, Baltimore, Maryland (USA); University of Maryland School of Medicine, Baltimore, Maryland (USA); Programs in Neuroscience and Membrane Biology, University of Maryland School of Medicine, Baltimore, Maryland (USA); Medical Scientist Training Program, University of Maryland School of Medicine, Baltimore, Maryland (USA); Department of Psychology, Saint Mary’s College of Maryland, St. Mary’s City, Maryland (USA); The Zanvyl Krieger Mind/Brain Institute, Johns Hopkins University, Baltimore, Maryland (USA).

Come si è già più sopra accennato, gli antidepressivi più impiegati accrescono le concentrazioni di monoammine, in particolar modo di serotonina, ma non è stato ancora stabilito se gli eventi a valle, che conseguono all’aumento di azione sinaptica, abbiano un ruolo importante per il loro effetto terapeutico. I ricercatori hanno condotto una sperimentazione che ha consentito loro di rilevare e dimostrare un primo dato di notevole interesse: la serotonina endogena, agendo mediante i recettori 5-HT1B, potenzia selettivamente le sinapsi eccitatorie formate dalla via temporo-ammonica[4] con i neuroni piramidali della regione CA1 dell’ippocampo, senza interessare le adiacenti sinapsi collaterali di Schaffer. Questo potenziamento aveva espressione post-sinaptica mediante i recettori AMPA del glutammato e richiedeva la fosforilazione della subunità GluA1, calmodulina-dipendente e protein-chinasi mediata.

Xiang Cai e colleghi hanno poi osservato che, il potenziamento di lungo termine (LTP) dell’attività sinaptica e il potenziamento indotto da serotonina, in quanto condividono meccanismi di espressione, si occludono reciprocamente.

Nel prosieguo della sperimentazione, il consolidamento di lungo termine dell’apprendimento spaziale, una funzione delle sinapsi temporo-ammoniche CA1, è risultato accresciuto dall’impiego di molecole ad azione antagonista dei recettori 5-HT1B.

Cai e colleghi, in un modello sperimentale di depressione animale (ratto), hanno rilevato che il potenziamento sinaptico indotto da serotonina era alterato qualitativamente e quantitativamente; questo profilo poteva essere ricondotto a parametri fisiologici dalla somministrazione cronica di antidepressivi. La cura farmacologica efficace dell’anedonia indotta da stress, ottenuta mediante trattamento cronico con antidepressivi, richiedeva il potenziamento eccitatorio indotto da serotonina.

In conclusione, i risultati di questo studio dimostrano con notevole evidenza che le variazioni nel potenziamento sinaptico eccitatorio mediato da serotonina e il suo recupero mediante antidepressivi, indicano le sinapsi eccitatorie come sede cruciale di plasticità nei processi rilevanti per la fisiopatologia della depressione.

 

L’autrice della nota invita alla lettura delle recensioni di lavori di argomento connesso che compaiono nelle “Note e Notizie” (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA” del sito).

 

Ludovica R. Poggi

BM&L-06 aprile 2013

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Inibitori della ricaptazione di serotonina agenti anche su altre monoammine, già in uso negli anni Settanta (imipramina e amitriptilina) o inibitori altamente selettivi (SSRI) della serotonina come la fluoxetina (prozac).

[2] Come, ad esempio, lo stress cronico o i vissuti di perdita che, agendo su vari terreni di predisposizione genetica e variando per intensità e durata, possono determinare una gamma di espressioni cliniche che va dai sintomi della depressione mascherata alle forme più gravi di depressione maggiore.

[3] Si ricorda che gli SSRI sono maggiormente efficaci nelle donne. Negli uomini, in cui la riduzione dei livelli di monoammine sembra riguardare maggiormente le catecolamine, spesso si sono rivelati più efficaci i vecchi antidepressivi, meno selettivi, e perciò in grado di ottenere un maggior effetto sulla trasmissione noradrenergica.

[4] “Ammonica” si riferisce al Corno d’Ammone, nome dato in anatomia all’ippocampo propriamente detto.