La percezione acustica impiega sintesi statistiche con esiti interessanti
LORENZO L. BORGIA
NOTE
E NOTIZIE - Anno XI – 16 marzo 2013.
Testi pubblicati sul sito
www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind
& Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a
fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta
settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in
corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli
oggetti di studio dei soci componenti lo staff
dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo:
RECENSIONE]
I progressi che sono stati compiuti nello studio della fisiologia della percezione, dopo aver fornito risposte soddisfacenti agli interrogativi sulla natura dell’esperienza mediata dai sensi, che storicamente aveva visto la contrapposizione fra filosofi empiristi ed idealisti, ed aver definito elementi di base universali per la codifica sensoriale, e particolari per l’elaborazione cognitiva, ci pongono oggi di fronte a nuove domande. Ad esempio, i segnali sensoriali vanno incontro ad un processo di trasduzione ad alta risoluzione, che è coerente con il livello estremamente elevato e specifico di analisi, discriminazione e riconoscimento tipici dell’elaborazione umana; tuttavia, tutti i dati in nostro possesso indicano che la loro struttura deve essere immagazzinata in un formato molto più compatto. Come è possibile?
Il problema è
stato affrontato da McDermott, Schemitsch e Simoncelli, mediante lo studio
dell’elaborazione dei segnali acustici da parte del sistema uditivo. I tre
ricercatori hanno accertato che la complessa organizzazione neurale che
consente al cervello la gestione dell’informazione proveniente dalla coclea,
sintetizza i dettagli temporali dei suoni usando statistiche delle medie dei
tempi. Tali rappresentazioni statistiche consentirebbero di compattare
efficientemente i repertori di memorie necessarie per la discriminazione, ma
condizionano in modo interessante la prestazione (McDermott J. H., et al. Summary statistics in auditory perception. Nature Neuroscience [Epub ahead of print doi:10.1038/nn.3347], 2013).
La provenienza degli autori dello
studio è la seguente: Department of Brain and Cognitive Science, Massachusetts
Institute of Technology, Cambridge, Massachusetts (USA); Howard Hughes Medical
Institute, Center for Neural Science, and Courant Institute of Mathematical
Sciences, New York University, New York (USA).
A causa del suo ruolo nella comprensione e nella produzione del linguaggio verbale, la percezione uditiva nella nostra specie è una delle modalità sensoriali più importanti. Nella maggior parte degli animali, l’udito è cruciale per la localizzazione e l’identificazione dei suoni, ma in un numero significativo di specie, dalle aviarie all’uomo, a questo ruolo si aggiunge il compito di guida dell’apprendimento del comportamento vocale. Dopo che i suoni sono stati trasformati in risposte elettriche nella coclea, una complessa gerarchia di circuiti uditivi analizza ed elabora questi segnali per dare origine alla percezione propriamente detta degli stimoli sonori. Il sistema uditivo differisce dagli altri sistemi sensoriali per il fatto che la localizzazione degli stimoli nello spazio non è convogliata dall’organizzazione spaziale delle vie nervose afferenti. Infatti, la localizzazione e l’identificazione dei suoni è costruita sulla base di patterns di frequenze mappate dai due orecchi e in base alla loro relativa intensità e timing. Il sistema uditivo è particolare anche per la sua sensibilità temporale: possono essere rilevate differenze temporali piccole quanto quelle dell’ordine dei 10 microsecondi.
Eero P. Simoncelli e i suoi due colleghi hanno misurato la discriminazione di “trame dei suoni” che erano caratterizzate da particolari proprietà statistiche, come normalmente risulta dalla sovrapposizione di molte caratteristiche acustiche nelle “scene uditive”. Quando gli ascoltatori discriminavano esempi di differenti trame sonore, la prestazione migliorava con la durata del campione ascoltato. Al contrario, quando gli ascoltatori discriminavano diversi esempi della stessa trama sonora, la prestazione peggiorava proporzionalmente alla durata del test: un risultato paradossale, dato che l’informazione disponibile per la discriminazione cresce con la durata.
Nel complesso, i risultati emersi dallo studio, per il cui dettaglio si rinvia alla lettura del testo del lavoro originale, indicano che quando i suoni sono di lunghezza moderata, la rappresentazione cerebrale è limitata alle statistiche delle medie temporali, che per differenti esempi della stessa trama, convergono verso gli stessi valori con crescente durata. Tali rappresentazioni statistiche producono una buona discriminazione categoriale, ma limitano l’abilità di discernere i dettagli temporali.
L’autore invita alla lettura
delle recensioni di lavori di argomento connesso che compaiono nelle “Note e
Notizie” (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA” del sito).