Scoperta sul ferormone di allarme che amplia il ruolo del ganglio di Grueneberg

 

 

NICOLE CARDON

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XI – 16 marzo 2013.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Nella realtà umana la comunicazione sociale è essenzialmente fondata sulla parola, in genere solo integrata da varie forme di linguaggio non verbale, costituito prevalentemente dalla mimica facciale e gestuale, ed arricchita da altri segni e segnali visivi ed acustici, spesso nella forma dei messaggi subliminali: volume e tono della voce, statica posturale o dinamica del corpo durante la comunicazione, ecc. L’elaborazione della realtà individuale e collettiva nelle culture umane che ci sono note, e così in quella che attualmente ci riguarda, non ha mai considerato l’emissione e la ricezione di stimoli chimici per l’apparato olfattivo, alla stregua di un canale comunicativo, non andando oltre la concezione di essenze odorose in qualità di profumo. In molte specie animali, al contrario, gli stimoli olfattivi costituiscono un mezzo di primaria importanza per la trasmissione estesa di messaggi di rilievo critico per la sopravvivenza, per la ricerca del cibo, per la riproduzione e per il riconoscimento di ruoli sociali[1].

Sono state studiate, soprattutto in varie specie di mammiferi, numerose molecole peptidiche e proteiche presenti nell’aria espirata, nelle urine e nei secreti ghiandolari, in grado di agire nel ricevente come stimoli olfattivi, anche se non necessariamente odorosi, adatti a sollecitare risposte innate, come la promozione di comportamenti finalizzati all’accoppiamento, e risposte apprese, quali l’acquisizione di una preferenza alimentare[2].

Molte delle attuali conoscenze sulle basi molecolari della comunicazione sociale mediata dall’olfatto, provengono dallo studio di sottosistemi specializzati, quali i neuroni sensoriali dell’organo vomeronasale dei roditori e di altri mammiferi inferiori. Tali cellule nervose rispondono ad una gamma di molecole prodotte da “conspecifici”, inducendo modificazioni fisiologiche nell’organismo, oppure evocando comportamenti stereotipati. Esempi delle prime sono le variazioni ormonali che accelerano l’avvio della pubertà e quelle che determinano la sincronizzazione dei periodi estrali; i secondi consistono soprattutto nelle sequenze neuromotorie dell’aggressione e dell’accoppiamento[3].

Passando dai roditori ai primati è stato osservato che, molti dei geni[4] importanti nella comunicazione sociale mediata dall’olfatto, diventano pseudogeni. Su questa base si potrebbe supporre che, nel percorso evolutivo che porta dai mammiferi inferiori macrosmatici con un importante rinencefalo, ai primati e all’uomo, si è progressivamente perso il ruolo della comunicazione sociale legata all’olfatto. Molte evidenze sperimentali contraddicono tale supposizione, pertanto gli studi sui roditori rimangono di estremo interesse in questo campo, e la comprensione dei cambiamenti che, nel corso dell’evoluzione, in parte hanno mutato e in parte conservato omologie di segnalazione, costituiscono una sfida per la ricerca presente e futura.

Un aspetto particolarmente interessante e straordinariamente attuale è costituito dalla trasmissione e dalla ricezione di messaggi chimici di allarme. Il rilievo di segnali chimici di avvertimento presenti nell’ambiente ha un’importanza capitale per la sopravvivenza delle specie animali; nei mammiferi questa forma di comunicazione del pericolo si verifica in due modi diversi:

1) grazie al rilascio nello spazio circostante di odori naturali da parte dei predatori che, in tal modo, inconsapevolmente avvertono le potenziali prede della loro presenza (in altri termini: le prede hanno sviluppato memorie della specie che consentono il riconoscimento chimico del predatore dal rilievo di una sostanza volatile e diffusibile nell’aria, eliminata dal corpo del potenziale aggressore);

2) per effetto del rilievo di molecole volatili dette ferormoni di allarme rilasciate da animali della stessa specie sottoposti all’esperienza di stress vissuta nel ruolo di preda, indotto dalla presenza del predatore, dalla minaccia da parte di questi o da una vera e propria aggressione.

In breve, il segnale di presenza di un predatore e quello di stress-paura di un membro della propria specie, costituiscono i messaggi provenienti dall’ambiente che pongono in allerta un mammifero. Marie-Christine Broillet e colleghi identificarono il ganglio olfattivo di Grueneberg come l’organo sensoriale mediante il quale i ferormoni di allarme possono informare il sistema nervoso centrale della presenza di una minaccia o di un pericolo, così determinando la selezione del pattern funzionale corrispondente. Ora, la stessa Broillet con i suoi collaboratori, ha condotto uno studio analitico volto a stabilire con precisione la natura chimica della molecola ferormonica che determina allerta: il risultato, che è allo stesso tempo sorprendente in chiave fisiologica e coerente in un’ottica evoluzionistica, oltre a fornire un’identità biochimica al segnale olfattivo, delinea un doppio ruolo per il ganglio di Grueneberg (Broillet M-C., et al. Mouse alarm pheromone shares structural similarity with predator scents. Proceedings of the National Academy of Science USA [Epub ahead of print doi:10.1073/pnas.1214249110], 2013).

La provenienza degli autori dello studio è la seguente: Department of Pharmacology and Toxicology, Faculty of Biology and Medicine, University of Lausanne (Svizzera); University Center of Legal Medicine, Lausanne-Geneva, (Svizzera). Il lavoro è stato edito da Mu-ming Poo dell’Università della California a Berkley.

La struttura del ferormone di allarme del topo, o almeno di uno dei tipi molecolari che svolge questo ruolo fisiologico nelle specie murine, è rimasta elusiva fino a questo studio. La Broillet e i suoi sette collaboratori hanno impiegato l’analisi chimica, in combinazione con una serie di tests fisiologici e comportamentali, per definire la struttura molecolare di un ferormone in grado di segnalare il pericolo nel topo.

Per essere certi di concentrare gli sforzi sul composto giusto, è stato condotto un lavoro preliminare di selezione delle molecole volatili in grado di segnalare il pericolo, restringendo il campo a quelle in grado di attivare i neuroni del ganglio di Grueneberg murino, generando le fisiologiche reazioni innate di paura.

Prima di riferire l’esito della sperimentazione, per facilitarne l’inquadramento anche da parte del lettore non specialista, vediamo in sintesi qualche nozione utile sul ganglio di Grueneberg.

La prima descrizione di questa piccola formazione anatomica risale ad uno studio condotto nel 1973 da Hans Grueneberg (o Grüneberg), dal quale deriva l’eponimo del ganglio che, in anni più recenti, è stato definito funzionalmente come un sotto-sistema olfattorio pari e simmetrico, costituito da un numero di neuroni che varia da 300 a 500. Gli assoni di queste cellule nervose, che sono disposte parallelamente ai due lati del naso, formano due fascicoli di fibre che raggiungono il bulbo olfattivo. Il ganglio di Grueneberg è stato riscontrato in tutte le specie di mammiferi sottoposte ad indagine anatomica, inclusa la specie umana, ed è ragionevole ipotizzare una omologia funzionale oltre che anatomica. Nicole Cardon ha recensito nel 2008 il lavoro con il quale Marie Christine Broillet e colleghi comunicavano l’identificazione del ganglio di Grueneberg con il sistema di rilevazione del messaggio di allarme trasmesso fra animali della stessa specie[5]. Concludendo la recensione, la professoressa Cardon osservava: “…è probabile che i neuroni di questa struttura funzionino da rilevatori sensoriali di allarme in tutti i mammiferi e perciò possano mediare anche una forma di influenza interumana consistente nella trasmissione di segnali in grado di contribuire alla genesi di stati di allerta, ansia o paura”.

Marie-Christine Broillet e colleghi hanno accertato che la struttura chimica del ferormone di allarme murino studiato, presenta degli elementi simili a quelli dei composti volatili contenenti zolfo rilasciati dai predatori carnivori. In altri termini, la segnalazione del pericolo che genera paura avviene attraverso due vie diverse, ma i due tipi di segnale, quello che appartiene al predatore e come traccia di identità ne indica la presenza, e quello rilasciato da un individuo della stessa specie in condizioni di stress/paura, sono costituiti da due tipi di molecole che condividono parti della conformazione strutturale.

Su questa base, si comprende l’affermazione dei ricercatori secondo cui questo dato non solo rivela la presenza di un Leitmotiv chimico sottostante la segnalazione biologica della paura, ma indica un doppio ruolo per il ganglio di Grueneberg come mediatore della comunicazione della paura, sia nel processo intraspecifico sia in quello interspecifico.

 

L’autrice ringrazia il dottor Lorenzo L. Borgia per la collaborazione e invita alla lettura delle recensioni di lavori di argomento connesso che compaiono nelle “Note e Notizie” (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA” del sito).

 

Nicole Cardon

BM&L-16 marzo 2013

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Si veda, anche per approfondimenti sulla mediazione chimica della comunicazione sociale nei mammiferi: Steven D. Munger & Giuseppe Perrella, Olfaction and social communication. BM&L-International & BM&L-Italia, Firenze 2013 [Cfr. Munger S. D., Molecular Basis of Olfaction and Taste (Box: Olfaction and social communication), in Brady, Siegel, Albers, Price, Basic Neurochemistry, pp. 909-910, Elsevier Academic Press, 2013].

[2] Si veda Stower & Logan (2010) in Steven D. Munger & Giuseppe Perrella, op. cit., e in Brady, Siegel, Albers, Price, Basic Neurochemistry, p. 909, Elsevier Academic Press, 2013.

[3] Come notato di recente da G. Perrella (comunicazione orale, Firenze 25-01-13), anche il sistema olfattivo principale rileva stimoli sociali. Ad esempio, i neuroni sensoriali dell’olfatto che esprimono l’enzima guanilil-ciclasi GC-D, sono altamente sensibili ad un odore sociale presente nell’aria espirata dai mammiferi (carbon disulfide) che, accoppiato all’odore di un cibo ingerito, crea una memoria positiva, importante in chiave evoluzionistica: quel cibo sicuramente non è velenoso perché il suo odore proviene da un animale vivo e respirante e, in quanto scelto sulla base di memorie genetiche ed apprese da un esemplare della stessa specie, con alta probabilità possiede qualità metabolicamente e fisiologicamente ottimali.

[4] Inclusi la maggior parte dei geni dei recettori vomeronasali, i geni codificanti GC-D e il canale di trasduzione TRPC2.

[5]Note e Notizie 10-08 Il Ganglio di Grueneberg rileva il segnale di allarme” (recensione di Cardon N. per BM&L-Italia di “Brechbühl J., Klaey M. & Broillet M.-C. Grueneberg ganglion cells mediate alarm pheromone detection in mice. Science 321, 1092-1095, 2008”). Lo scritto include una descrizione delle cellule “GG” che costituiscono il ganglio.