Attività corticale esplosiva e plasticità vocale indotte dai nuclei della base

 

 

NICOLE CARDON

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XI – 09 marzo 2013.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

I nuclei della base del telencefalo, detti per tradizione impropriamente “gangli basali” (basal ganglia)[1], sono studiati prevalentemente in associazione con altre formazioni non cerebrali per il loro ruolo nei processi motori, e più in generale esecutivi, che li pone al centro di molte aree di ricerca sulla fisiologia e la fisiopatologia dell’encefalo. È ormai nozione consolidata che i circuiti basali-talamocorticali hanno importanza critica per il controllo motorio e per l’apprendimento motorio. La neurofisiologia classica, storicamente, ha attribuito alle principali formazioni nucleari dei “gangli basali”[2], in particolar modo al caudato e al lenticolare (che include putamen e pallido), il compito di regolare il comportamento motorio mediante l’incremento o il decremento della frequenza di scarica dei neuroni della corteccia cerebrale. Fondandosi su questa concezione, si è assunto che le malattie neurologiche interessanti questi nuclei del cervello, fossero la conseguenza di un livello alterato di attività complessiva dei circuiti cortico-basali. Studi recenti, hanno invece suggerito che la fisiopatologia di tali disturbi possa derivare da configurazioni anomale (abnormal patterns) di accensione dei gruppi neuronici che prendono parte a questi importanti sottosistemi cerebrali. I dati emersi dalla sperimentazione hanno anche suggerito un’interpretazione dell’efficacia di interventi neurochirurgici, quali quelli di pallidotomia, sulla base dell’eliminazione di uno schema distorto, e perciò patologico, di funzionamento.

La nuova prospettiva ha reso più evidente la mancanza di conoscenza su aspetti fondamentali del rapporto fra nuclei della base e corteccia. Ad esempio: qual è il modo in cui caudato e lenticolare normalmente influenzano l’attività corticale legata all’esecuzione di compiti, per regolare il comportamento motorio? In che modo le lesioni dei “gangli basali” influenzano le proprietà fisiologiche di attivazione della corteccia cerebrale?

Per dare risposta a questi quesiti, Satoshi Kojima e colleghi hanno indagato la fisiologia e la patologia di un circuito cortico-basale di uccelli da canto, che presenta sorprendenti omologie con i circuiti basali-talamocorticali dei mammiferi, e che già in passato ha fornito elementi rilevanti per delineare un primo abbozzo descrittivo della fisiologia di questi sistemi di connessioni (Kojima S., et al. Task-related “cortical” bursting depends critically on basal ganglia input and is linked to vocal plasticity. Proceedings of the National Academy of Science USA [Epub ahead of print doi:10.1073/pnas.1216308110], 2013).

La provenienza degli autori dello studio è la seguente: Departments of Physiology and Psychiatry, and Center for Integrative Neuroscience, University of California, San Francisco (USA).

Gli studi che hanno mostrato notevoli similitudini fra il canto degli uccelli e l’eloquio verbale umano, hanno stupito coloro che hanno una visione rigida e schematica dell’evoluzione. Secondo costoro, la linea evolutiva dei rettili, cui appartengono geneticamente gli uccelli, è andata a divergere troppo precocemente da quella che ha condotto, attraverso i mammiferi, alla facoltà umana di comunicazione verbale, perché le due forme di espressione possano avere basi cerebrali comuni. L’assunto sarebbe ineccepibile, se la facoltà di parlare si identificasse totalmente ed esclusivamente con il pensiero simbolico.

In effetti, possiamo distinguere due linee di organizzazione fisiologica: quella relativa al contenuto ideativo (noetico) del linguaggio e quella attinente alla sua estrinsecazione esecutiva, che va dal piano di organizzazione sintattica alla fonoarticolazione. Nella seconda, è evidente un nucleo neuromotorio di gestione della voce che, evidentemente, si è evoluto nelle specie aviarie per effetto di pressioni selettive non tanto diverse da quelle che hanno agito lungo la linea che ha condotto ai primati.

La dipendenza dall’apprendimento rende il canto degli uccelli simile alle lingue verbali acquisite nel contesto umano. L’analogia non è solo apparente, ma riguarda anche la presenza di specifiche strutture neuroniche specializzate nella percezione e nella produzione dei suoni corrispondenti, rispettivamente, al canto aviario e alla parola umana. Gli uccelli, che derivano geneticamente dai rettili, hanno un cervello piuttosto semplice con un’organizzazione spiccatamente modulare, in cui ciascun modulo funzionale assolve ad uno specifico compito. Le unità modulari si possono paragonare ai nuclei vegetativi del tronco encefalico umano, come i centri cardioinibitore, vasomotore, pneumotassico, apneustico, definiti dal compito fisiologico al quale sono preposti; nulla in comune con la complessa architettura funzionale ancora non del tutto decifrata del nostro telencefalo. Nel cervello aviario gli stimoli acustici giungono al centro vocale superiore che controlla i movimenti muscolari dell’organo vocale mediante il centro motorio. Un importante aggregato di neuroni situato nei nuclei della base è l’area X detta anche centro di apprendimento del canto. Una delle vie nervose più studiate del cervello degli uccelli passa proprio per l’area X e può considerarsi equivalente dei circuiti riverberanti della base del telencefalo umano (circuiti cortico-basali riverberanti) fondamentali per l’apprendimento. Il percorso di questa via si può così schematizzare: dal centro vocale superiore all’area X nei nuclei della base, da qui al talamo che riverbera i segnali alla corteccia. Le lesioni dell’area X nei giovani determinano anomalie del canto, mentre negli adulti non alterano le prestazioni canore ma compromettono la possibilità di apprendere nuove modulazioni e fraseggi. Si ritiene, perciò, che il circuito cortico-basale sia importante per l’apprendimento vocale, ma non necessario per la semplice esecuzione[3].

Il nucleo del flusso corticale in uscita è richiesto per la plasticità necessaria all’apprendimento del canto e normalmente fa registrare un’aumentata accensione dei suoi neuroni durante l’atto del cantare, e specifici episodi di attivazione esplosiva legati al canto. Kojima e colleghi hanno accertato che le lesioni del nucleo striato-pallidale di questo circuito, precludevano variazioni nella “canzone” dipendenti dall’ascolto. In altri termini, coerentemente con i risultati di precedenti studi, hanno riscontrato la compromissione dei processi di apprendimento derivanti dall’ascolto, per effetto della lesione della formazione grigia aviaria corrispondente allo striato-pallido umano. L’osservazione degli effetti delle lesioni sperimentali di questi omologhi dei gangli della base umani, ha evidenziato che il danno agiva sui neuroni responsabili del flusso informativo in uscita dalla corteccia, privandoli dei loro specifici patterns di accensione a scariche esplosive durante il canto, senza modificare il livello complessivo di funzionalità di tali popolazioni neuroniche, sia in termini di attività spontanea sia nella risposta elettrica associata agli eventi dell’esecuzione canora.

Nel loro insieme, i risultati dello studio, per il cui dettaglio si rimanda alla lettura del testo del lavoro originale, suggeriscono che i nuclei della base non sono essenziali nella genesi del normale livello di attività della corteccia cerebrale, ma lo sono per guidare l’attivazione di patterns specifici di accensione neuronica corticale per un determinato compito e, in particolare, per guidare le scariche improvvise, a scoppio, di potenziali d’azione delle popolazioni neuroniche della corteccia cerebrale. Inoltre, tali scariche prodotte secondo definite configurazioni, sembrano essere critiche per la plasticità motoria.

Gli elementi emersi da questo lavoro, ad un valore biologico che condividono con gli esiti di altri studi simili, aggiungono un significato in prospettiva clinica, in quanto costituiscono una prova a favore delle terapie che si prefiggono di trattare i disturbi motori da patologia dei gangli basali, mediante la normalizzazione dei patterns di scarica.

 

L’autrice ringrazia il presidente della “Società Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia”, Giuseppe Perrella, con il quale ha studiato l’argomento e materialmente esteso il testo, e invita alla lettura delle recensioni di lavori di argomento connesso che compaiono nelle “Note e Notizie” (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA” del sito).

 

Nicole Cardon

BM&L-09 marzo 2013

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Alla definizione anatomica corretta di nuclei della base telencefalica, molti ricercatori preferiscono la denominazione basal ganglia rimasta in uso nella comunicazione scientifica in lingua inglese. Naturalmente non si tratta di gangli. I gangli, formazioni esterne al nevrasse che contengono i corpi cellulari dei neuroni sensitivi (gangli cerebro-spinali) o viscerosensitivi (gangli dell’ortosimpatico e del parasimpatico), presentano una capsula connettivale che in superficie si continua con l’epinervio e in profondità prosegue in una trama di connettivo reticolare strutturato come un’impalcatura composta da una miriade di setti che sepimentano tutta la struttura e, contenendo cellule gliali o satelliti, giunge fino a circondare il neurone sensitivo. I basal ganglia sono agglomerati di neuroni dell’encefalo.

[2] Originariamente la definizione era equivalente a “nuclei della base” ed includeva il corpo striato (distinto in caudato, putamen e pallido), il claustro e l’amigdala. Poi, il claustro è stato escluso perché non se ne comprendeva la funzione, e l’amigdala è stata studiata col sistema limbico. L’espressione, sebbene impropria anatomicamente, è utile per due ragioni pratiche: 1) secondo un criterio fisiologico nei “gangli della base” si includono anche formazioni che non appartengono al telencefalo; 2) parlando di nuclei in senso anatomico bisognerebbe ogni volta elencarli per spiegare quali si intende includere o escludere. Ormai basal ganglia è un’espressione di intesa che convenzionalmente richiama la ripartizione in neostriato, costituito da caudato e putamen (quest’ultimo forma la parte esterna del nucleo lenticolare, che include il pallido) e striato ventrale al quale appartiene il pallido (o globus pallidus, ripartito in interno ed esterno, o mediale e laterale), ed include il nucleo subtalamico (del diencefalo) e la substantia nigra o sostanza nera (nucleo del mesencefalo e, quindi, appartenente al tronco encefalico e non al cervello come il resto dei nuclei della base telencefalica). Proprio l’adozione di criteri funzionali ha facilitato il riconoscimento di omologie con il sistema di nuclei che controlla il canto degli uccelli. Basandosi sulla presunta funzione delle sedi corticali da cui prendono origine le principali componenti dei sistemi di connessione, in gran parte rientrante, che esistono fra questi nuclei, il talamo e la corteccia cerebrale, si distinguono quattro circuiti: scheletromotorio, oculomotorio, associativo e limbico.

 

[3] Crf. Diane Richmond & Giuseppe Perrella, FOXP2 e la Parola. BM&L-Italia, Firenze 2007.