Esercizio efficace contro il rallentamento neurale del cervello anziano
DIANE RICHMOND
NOTE
E NOTIZIE - Anno XI – 23 febbraio 2013.
Testi pubblicati sul sito
www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind
& Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a
fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta
settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in
corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli
oggetti di studio dei soci componenti lo staff
dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo:
RECENSIONE]
Il rallentamento neurale è una caratteristica fisiologica involutiva del cervello degli adulti anziani, le cui conseguenze nei domini sensoriale, motorio e cognitivo, sono tali da invalidare spesso la comunicazione e da incidere negativamente, talvolta, sulle relazioni interpersonali. Le caratteristiche neurofisiologiche di questo rallentamento sono state da tempo rilevate e studiate, anche al fine di comprenderne l’esatto profilo ed individuarne possibili rimedi.
Uno degli effetti deleteri del rallentamento neurale consiste nella riduzione dell’abilità di risoluzione temporale: problema che si rende particolarmente evidente nelle prestazioni di decodifica del messaggio verbale vocale, recepito mediante la percezione acustica del linguaggio parlato. È evidenza frequente che gli anziani, pur se in condizioni di efficienza uditiva nella media normale per l’età, presentano una riduzione dell’abilità di elaborazione degli eventi rapidi che caratterizzano la lingua parlata, con un ulteriore peggioramento in ambienti rumorosi. Sebbene varie forme di presidi terapeutici acustici possano, in taluni casi, portare le prestazioni percettive a livelli tali da incidere complessivamente in maniera positiva sulla performance cognitivo-comunicativa, in genere non hanno alcun potere di compenso dei difetti di elaborazione temporale uditiva. Uno specifico esercizio cognitivo-uditivo si ritiene possa costituire una strategia efficace per affrontare questo problema.
Samira Anderson e colleghi hanno valutato gli effetti sulla
precisione temporale dell’elaborazione sottocorticale del
linguaggio verbale, di un training cognitivo
basato sull’udito. I risultati sono davvero incoraggianti (Anderson
S., et al., Reversal of age-related
neural timing delays with training. Proceedings
of the National Academy of Science USA [Epub ahead of print
doi:10.1073/pnas.1213555110], 2013).
La provenienza
degli autori dello studio è la seguente:
Auditory Neuroscience Laboratory, Department of Communication Sciences,
Departments of Neurobiology, Physiology, Otolaryngology and Northwestern
University Institute of Neuroscience, Northwestern University, Evanston (USA).
L’esercizio cognitivo era finalizzato ad ottenere risultati in condizioni il più possibile vicine a quelle della vita reale e, pertanto, la percezione della parola udita avveniva in un ambiente rumoroso, volto a creare interferenze simili a quelle che possono verificarsi nelle circostanze in cui ordinariamente si svolge una conversazione o uno scambio comunicativo.
La valutazione, dopo il periodo di esercizio con il programma cognitivo-uditivo, ha fatto registrare nei volontari anziani tempi di elaborazione neurale complessivamente più veloci, con miglioramenti nella memoria, nella velocità di processo dell’informazione e nella decodifica percettiva del parlato, ascoltato su un sottofondo di rumore. In un gruppo di controllo, specificamente corrispondente a quello degli anziani volontari sottoposti a training, ma non esercitato nello stesso periodo, non si sono riscontrati cambiamenti nei dati prestazionali e nei parametri funzionali rilevati prima dell’esperimento.
Un altro aspetto degno di nota, fra gli effetti positivi dovuti all’esercizio uditivo-cognitivo, è l’esito di una riduzione nella variabilità dei picchi di risposta tronco-encefalici. Un tale dato può essere agevolmente interpretato come un contenimento del raggio di oscillazioni temporali in risposta ad un segnale verbo-acustico.
L’esame complessivo e dettagliato dei risultati dello studio, per i quali si rimanda alla lettura del testo dell’articolo originale, chiaramente dimostra che uno specifico training cognitivo basato sulla funzione uditiva, può parzialmente ristabilire le attività di elaborazione temporale nel cervello, secondo i livelli prestazionali precedenti a quelli dell’epoca in cui si è sviluppato il deficit legato all’età. Il recupero funzionale di base, determinatosi grazie alla plasticità, può innescare un circolo virtuoso in grado di promuovere il miglioramento delle prestazioni percettive e cognitive.
L’autrice ringrazia la dottoressa
Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni
di lavori di argomento connesso che compaiono nelle “Note e Notizie”
(utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA” del sito).