La proteina anti-età Klotho interessa la cura della sclerosi multipla

 

 

NICOLE CARDON

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XI – 23 febbraio 2013.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

La funzione nel cervello della proteina anti-età Klotho è sconosciuta, ma è ben noto che la perdita della sua espressione determina rilevanti deficit cognitivi. Prevalentemente prodotta nel cervello e nel rene, il fascino e il mistero di questa molecola sono certamente legati ad un ruolo funzionale che può indurre al suggestivo accostamento con una “fonte della giovinezza” intrinsecamente presente nel nostro organismo: la sua iperespressione prolunga la vita, mentre la sua perdita accelera notevolmente lo sviluppo del fenotipo proprio dell’invecchiamento.

Chen Ci-Di e i suoi colleghi - ai quali si deve la dimostrazione che anomalie della mielina caratterizzano il fisiologico invecchiamento cerebrale e che la riduzione di Klotho col trascorrere degli anni è conservata attraverso le specie animali - hanno condotto un nuovo lavoro di assoluto interesse circa il ruolo di questa molecola; uno studio che apre prospettive future, in chiave terapeutica, per la sclerosi multipla ed altre affezioni caratterizzate dalla degenerazione mielinica (Chen Ci-Di, et al., The Antiaging Protein Klotho Enhances Oligodendrocyte Maturation and Myelination of the CNS. The Journal of Neuroscience 33 (5): 1927-1939, 2013).

La provenienza degli autori dello studio è la seguente: Department of Biochemistry, Boston University School of Medicine, Boston (USA);Department of Neurology, Boston University School of Medicine, Boston (USA); Department of Anatomy & Neurobiology, Boston University School of Medicine, Boston (USA); Department of Neurology, Beth Israel Deaconess Medical Center, Boston (USA); Department of Biomedical Engineering, Boston University, Boston (USA); Department of Neurology, University of California, Los Angeles (UCLA), Los Angeles (USA); Department of Neuroscience, University of Connecticut Medical School, Farmington (USA); University of Texas Southwestern Medical Center, Dallas (USA).

Gli studi di microscopia elettronica hanno fornito da tempo evidenze di cambiamenti degenerativi della mielina oligodendrocitica associati all’età, quali scissure o rigonfiamenti della guaina in forma di vescicole o vere e proprie bolle, accanto a modificazioni simili a quelle che si rilevano quale esito della rigenerazione della mielina danneggiata: assottigliamento e riduzione dei tratti internodali. Si ritiene, infatti, che con l’avanzare degli anni, alcuni tratti di mielina vadano incontro a degenerazione e siano sostituiti da oligodendrociti neoprodotti da cellule OPC endogene[1] (progenitrici degli oligodendrociti adulti) o derivate dalla zona subventricolare (SVZ). Altre alterazioni legate all’età sono state notate nelle strutture paranodali e riguardano la localizzazione di proteine assoniche ai nodi di Ranvier. Studi condotti mediante risonanza magnetica funzionale (fMRI), suggeriscono che danni agli oligodendrociti metabolicamente più vulnerabili possono contribuire ai deficit osservati nell’invecchiamento cerebrale fisiologico e nelle demenze, attraverso la compromissione della trasmissione rapida e la perdita della sincronizzazione delle funzioni cognitive di più alto livello.

Chen Ci-Di e i suoi colleghi hanno rilevato effetti significativi di Klotho sulle funzioni degli oligodendrociti, fra cui l’induzione della maturazione in vitro di cellule OPC primarie di ratto e la formazione della guaina mielinica. L’analisi delle fosfoproteine ha indicato che gli effetti a valle di Klotho includono le vie di segnalazione Akt ed ERK.

La sperimentazione ha mostrato che Klotho aumentava la maturazione delle cellule OPC, e che l’inibizione della funzione di Akt ed ERK era in grado di bloccare in maniera evidente tale effetto.

Studi condotti in vivo con topi knockout per Klotho e con ceppi geneticamente normali, in tutto equivalenti, di animali di controllo che condividevano le condizioni di stabulazione, hanno rivelato, agli autori del lavoro recensito, che i roditori mancanti degli effetti della molecola studiata, presentavano una riduzione della principale proteina mielinica e dell’espressione genica.

Impiegando una metodologia immunoistochimica per l’identificazione degli oligodendrociti, si è proceduto ad una conta comparativa di questi elementi cellulari macrogliali nei topi Klotho-knockout e in quelli geneticamente integri, fungenti da controllo: il numero degli oligodendrociti totali e di quelli maturi era notevolmente più basso nei Klotho-knockout.

Gli esiti di un approfondito e dettagliato studio morfologico del sistema nervoso dei topi Klotho-knockout, ha sorpreso Chen e colleghi: al livello ultrastrutturale, si rilevava una mielinizzazione notevolmente deficitaria in strutture cerebrali di primaria importanza, quali il nervo ottico e il corpo calloso. A questo dato di insufficienza gliale di rilievo macroscopico, si associava il riscontro di gravi e numerose anomalie nell’area dei nodi di Ranvier, ossia nelle aree di interruzione dell’avvolgimento mielinico dell’assone in cui si rigenera il potenziale d’azione.

Per decifrare i meccanismi mediante i quali Klotho esercita i suoi effetti negli oligodendrociti, i ricercatori hanno impiegato il metodo della luciferasi (luciferase pathway reporters) che ha consentito l’identificazione dei fattori di trascrizione implicati.

Presi nel loro insieme, il complesso degli esperimenti eseguiti da Chen e colleghi, per il cui dettaglio si rimanda alla lettura del lavoro originale, forniscono nuove evidenze a sostegno di un ruolo chiave giocato nella biologia della mielina da Klotho, che potrebbe costituire il principale oggetto di interesse per la ricerca che si impegna nel tentativo di proteggere le membrane che costituiscono la sostanza bianca cerebrale dalle alterazioni connesse con l’invecchiamento, e cerca nuove strategie farmacologiche per promuovere un’efficace riparazione del danno nella sclerosi multipla.

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di lavori di argomento connesso che compaiono nelle “Note e Notizie” (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA” del sito).

 

Nicole Cardon

BM&L-23 febbraio 2013

www.brainmindlife.org

 

 

 

 



[1] Cellule progenitrici degli oligodendrociti adulti identificate mediante l’espressione del recettore del fattore di crescita derivato dalle piastrine alfa (PDGFRα) e dell’antigene NG2: per questo dette anche “cellule NG2”. L’antigene NG2 è un prodotto del gene Cspg-4 (condroitin-solfato proteoglicano 4), nell’uomo indicato anche come MCSP (melanoma condroitin-solfato proteoglicano). Ricordiamo che le cellule NG2, dette anche polidendrociti, sono la fonte primaria di oligodendrociti mielinanti e non-mielinanti nel sistema nervoso adulto, anche se sembra che non tutti i polidendrociti diano origine ad oligodendrociti. Le cellule NG2, nel loro complesso, costituiscono dal 2% al 9% del totale di tutte le popolazioni del sistema nervoso centrale dei mammiferi.