Autocontrollo del desiderio e interazioni corticali nel vizio del fumo
GIOVANNI ROSSI
NOTE
E NOTIZIE - Anno XI – 09 febbraio 2013.
Testi pubblicati sul sito
www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind
& Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a
fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta
settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in
corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli
oggetti di studio dei soci componenti lo staff
dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo:
RECENSIONE]
In circa il 30% di tutti coloro che fanno esperienza di prodotti del tabacco si sviluppa dipendenza, ma più dell’80% di coloro che divenuti dipendenti provano a smettere, ricade nell’abitudine viziosa entro un anno. La sindrome da astinenza di nicotina, non è certo paragonabile a quelle che si osservano nei tossicodipendenti da eroina o da cocaina, tuttavia presenta sintomi notevolmente molesti, quali desiderio smanioso di fumare, irritabilità, disforia, irrequietezza, ansia e accresciuto appetito alimentare. La sindrome è trattata con terapie di sostituzione (gomme o patches) o con agonisti parziali quali la vareniclina e, talvolta, con il bupropione, un farmaco classificato fra gli antidepressivi, ma con molteplici e complessi effetti sul cervello. Il trattamento dei sintomi che si presentano in astinenza è spesso confuso con una “terapia antifumo”, cioè con misure che consentano di smettere di fumare. In realtà, la chiave è nell’esercizio di volontà, integrato e supportato dall’eliminazione o dalla riduzione di tutti quegli stimoli che agiscono da promotori nelle condizioni di ridotto controllo cosciente[1].
Se la forza di volontà, che si suppone abbia nelle funzioni neocorticali una parte importante della sua base neurobiologica, rimane la risorsa migliore per interrompere il condizionamento compulsivo e facilitare il rimodellamento delle abitudini, sicuramente gli stimoli che agiscono da innesco per il desiderio costituiscono uno degli ostacoli più evidenti e noti ai fumatori che tentano di smettere. Gli stimoli associati consapevolmente o inconsapevolmente alla nicotina, come l’odore di tabacco, la vista delle sigarette, l’odore del fumo, il caffè o altre bevande costantemente assunte in associazione, possono indurre desiderio, e in tal modo, superando una già debole resistenza psicologica, rinforzare l’uso o determinare la recidiva in chi aveva deciso di eliminare dalla propria vita questa dannosa e costosa autostimolazione.
Alcuni studi
hanno messo in evidenza che il desiderio
intenso e compulsivo (craving)
che, ricordiamo, rappresenta già una turba funzionale in quanto esprime per una
sostanza superflua una spinta verso l’ottenimento, che in condizioni
fisiologiche è riservata al bisogno biologico (es.: fame dopo un lungo digiuno),
è sotto l’influenza di fattori quali la disponibilità
della sostanza (in questo caso, dei prodotti contenenti nicotina) e la scelta
di esercitare l’autocontrollo. Studi
condotti mediante metodiche di neuroimmagine, nei quali si è impiegato il
paradigma degli stimoli connessi alla sostanza di abuso, hanno dimostrato
l’intervento dei lobi frontali in
questa influenza contestuale sulla risposta agli stimoli, ma fino ad oggi non è
stato chiarito come e quali aree frontali sono responsabili di
questo fenomeno. Una prima risposta a questi interrogativi viene da uno studio nippo-canadese, che ha combinato la stimolazione magnetica
trans-cranica e la risonanza magnetica funzionale del cervello di fumatori in
condizioni di saggio, per cercare di comprendere il ruolo di singole regioni
del lobo frontale (Hayashi T., et
al., Dorsolateral prefrontal
and orbitofrontal cortex interactions during self-control
of cigarette craving. Proceedings of the National Academy of Science
USA [Epub ahead of print doi:10.1073/pnas.1212185110],
2013).
La provenienza
degli autori dello studio è la seguente: McConnell
Brain Imaging Center, Montreal Neurological Institute, McGill University,
Montreal QC (Canada); RIKEN Center for Molecular Imaging Science, Kobe, Hyogo (Giappone); Department of Medicine (Neurology), University
of Toronto ON (Canada); Human Brain Research Center, Graduate School of
Medicine, Kyoto University, Kyoto (Giappone).
Takuya Hayashi e colleghi hanno esplorato, in volontari fumatori, il contributo del lobo frontale al desiderio compulsivo indotto da evocatori della molecola in differenti condizioni intertemporali di disponibilità della molecola stessa, combinando la TMS (transcranial magnetic stimulation) con la fMRI (functional magnetic resonance imaging).
I ricercatori hanno ipotizzato che la corteccia prefrontale dorso-laterale (DLPFC, da dorsolateral prefrontal cortex) regoli il desiderio durante i cambiamenti di disponibilità intertemporale. La percezione soggettiva del desiderio o, per meglio dire, la spinta avvertita, era più grande quando le sigarette erano immediatamente disponibili. Tale effetto poteva essere eliminato mediante la temporanea inattivazione della DLPFC con la TMS.
La fMRI ha consentito di rilevare che il segnale più vicino ad un andamento proporzionale all’entità del desiderio avvertito dal soggetto, era localizzato nella corteccia orbitofrontale mediale (MOFC, da medial orbitofrontal cortex), praticamente in tutti i contesti sperimentati, mentre la DLPFC sembrava codificare più strettamente informazioni relative alla disponibilità intertemporale. Il segnale associato al desiderio nella MOFC era attenuato dall’inattivazione della DLPFC, particolarmente quando le sigarette erano immediatamente disponibili.
L’inattivazione della DLPFC riduceva anche i segnali associati al desiderio nella parte anteriore della corteccia del giro del cingolo e nello striato ventrale, aree implicate nella trasformazione di segnali di valore in azioni.
Sulla base di questi elementi si può supporre che la DLPFC accumuli segnali di valore basati sulla conoscenza della disponibilità della nicotina e, probabilmente, più in generale di una sostanza che induce una forma di dipendenza simile, e supporta un modello nel quale un circuito aberrante, che leghi le regioni prefrontali dorsolaterale ed orbitofrontale, potrebbe essere alla base della dipendenza.
L’autore della nota, che ringrazia
per la collaborazione il prof. Giuseppe Perrella, invita alla lettura delle recensioni
di lavori di argomento connesso che compaiono nelle “Note e Notizie”
(utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA” del sito).
[1] Cfr. G. Perrella, Astinenza da sostanze psicotrope: distanza fra neurochimica e coscienza, meccanismi e volontà. BM&L-Italia, Firenze 2011; G. Perrella, Appunti di Neurochimica. BM&L-Italia, Firenze 2006.