Nuovi elementi sulla connettività nei disturbi autistici
NICOLE CARDON
NOTE
E NOTIZIE - Anno XI – 02 febbraio 2013.
Testi pubblicati sul sito
www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind
& Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a
fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta
settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in
corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli
oggetti di studio dei soci componenti lo staff
dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo:
RECENSIONE]
Le sindromi caratterizzate dai sintomi clinici dell’autismo infantile sono correttamente descritte come disturbi pervasivi dello sviluppo neuroevolutivo, ma non costituiscono una categoria omogenea e, molto probabilmente, come sostenuto da sempre dalla nostra scuola neuroscientifica, includono di fatto entità patologiche diverse. Per questa ragione, molti ricercatori ritengono che la diagnosi per tutti i disturbi dello spettro dell’autismo (ASD, da autism spectrum disorders) non dovrebbe più essere considerata “categoriale”, ma “dimensionale”, così da riflettere questa eterogeneità eziopatogenetica.
Tanto premesso, è opportuno precisare che lo studio negli affetti da ASD della connettività, ossia del complesso delle connessioni macroscopiche in chiave funzionale, è giustificato dall’esistenza di elementi comuni nell’anatomia cerebrale. Alcune caratteristiche sono state osservate e confermate in vari studi; in particolare, è stato rilevato che la connettività corticale di lungo raggio, cioè quella dei fasci di proiezione che collegano aree distanti, è spesso ridotta, mentre per quanto riguarda le fibre assoniche di collegamento locale, ovvero di breve distanza fra aree prossime della corteccia cerebrale, non si è ancora riusciti a definire un profilo fisiologico.
Sheraz Khan e collaboratori, impiegando la metodica della magnetoencefalografia, sono riusciti a misurare la
connettività funzionale durante prove in cui, persone diagnosticate di ASD e
volontari normodotati fungenti da gruppo di controllo, erano sottoposte ad un
compito visivo (Khan S., et al., Local and long-range functional connectivity is reduced in concert in autism spectrum disorders. Proceedings of the National Academy
of Science USA [Epub ahead of print doi:10.1073/pnas.1214533110],
2013).
La provenienza
degli autori dello studio è la seguente:
Department of Neurology and Radiology, Massachusetts General Hospital, Harvard
Medical School, Boston (MA, USA); A. A. Martinos
Center for Biomedical Imaging, Massachusetts General Hospital/MIT/Harvard
University, Boston (MA, USA); McGovern Institute, MIT, Cambridge (MA, USA);
Division of Health Sciences and Technology, Harvard University/MIT, Cambridge
(MA, USA); Department of Psychology and School of Medicine, Boston University,
Boston (MA, USA).
I ricercatori hanno realizzato, con un gruppo di affetti da ASD e un gruppo di controllo, un tipico paradigma di studio della funzionalità delle connessioni corticali locali della cosiddetta area dei volti localizzata nel giro fusiforme (FFA, da fusiform face area), mediante l’accoppiamento fra la fase delle oscillazioni alfa e l’ampiezza delle oscillazioni gamma, durante la visione delle seguenti tipologie di immagini:
1) volti caratterizzati dall’espressione di definiti stati emozionali;
2) volti emotivamente neutri;
3) immagini di case.
Khan e colleghi, durante lo stesso paradigma, hanno anche misurato la connettività di lungo raggio fra FFA e il resto della corteccia cerebrale di ogni partecipante all’esperimento, come era stato fatto in altri studi.
Confermando quanto era stato accertato in precedenza, i ricercatori hanno rilevato, nei partecipanti affetti da ASD, la riduzione della connettività funzionale fra la FFA e tre regioni distanti della corteccia cerebrale. Ma, contrariamente all’ipotesi prevalente in questo campo della ricerca, Khan e colleghi hanno rilevato che, durante l’osservazione dei volti, nelle persone diagnosticate di ASD si assisteva ad una riduzione della connettività funzionale all’interno del territorio corticale corrispondente alla FFA. Ma un’altra osservazione ha reso questo rilievo ancora più significativo: la forza della connettività funzionale di lungo raggio era direttamente correlata con la forza della connettività locale in entrambi i gruppi; conseguentemente, nel gruppo degli affetti da ASD, le connettività di lungo e breve raggio erano entrambe ridotte proporzionalmente.
Infine, un dato di estremo interesse emerso da questo studio, è che la magnitudo della connettività funzionale locale era strettamente legata, in proporzione inversa, alla gravità della sindrome autistica accertata mediante diagnosi clinica; e una classificazione statistica realizzata impiegando i dati di connettività locale e di lungo raggio ha consentito di identificare diagnosi di ASD con una fedeltà del 90%.
Se questi risultati troveranno conferma su grandi numeri, si potrà ritenere che un difetto comune alla base della fisiopatologia dei disturbi che si manifestano con un quadro clinico di autismo, consista nell’incompiuta partecipazione di popolazioni neuroniche normalmente attivate per connessioni sia all’interno di aree circoscritte di tessuto corticale, sia fra regioni corticali fra loro distanti.
L’autrice ringrazia la dottoressa
Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni
di lavori di argomento connesso che compaiono nelle “Note e Notizie”
(utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA” del sito).