Cognizione umana e struttura sinaptica  

 

 

DIANE RICHMOND

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno X – 15 dicembre 2012.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

L’evoluzione del sistema nervoso dei vertebrati nel corso della filogenesi, fino allo sviluppo delle abilità cognitive del cervello dei mammiferi culminante nell’intelligenza umana, può essere considerata come una progressiva crescita di complessità morfo-funzionale, che ha aggiunto circuiti e sistemi di cellule nervose con un grado di specializzazione fisiologica sempre più elevato, parallelamente ad una orchestrazione ed integrazione complessiva sempre più efficiente[1]. E’ importante ricordare che, nonostante il proliferare di teorie e il moltiplicarsi di sforzi interpretativi, l’origine e il fondamento evolutivo delle funzioni cognitive di più alto grado, incluse le forme complesse e sofisticate di apprendimento, attenzione intenzionale e funzioni esecutive, non hanno ancora trovato una spiegazione scientifica. In altri termini, non esiste ancora la definizione certa e supportata da verifiche sperimentali, della ragione e della forza trainante l’insieme dei processi che ha condotto al cervello di Homo sapiens sapiens.

Un potenziale meccanismo che si ritiene possa aver guidato l’evoluzione della cognizione dei vertebrati in un’epoca iniziale nel corso della storia biologica della più importante linea animale, ossia all’incirca intorno ai 550 milioni di anni fa, è la duplicazione genomica con la conseguente diversificazione di geni post-sinaptici. Jess Nithianantharajah e colleghi provenienti da vari istituti scientifici britannici, propongono la prima analisi genetica sistematica, mediante touchscreens computerizzati, del ruolo nelle funzioni cognitive di una famiglia di geni dei vertebrati (Nithianantharajah J., et al., Synaptic scaffold evolution generated components of vertebrate cognitive complexity. Nature Neuroscience [Epub ahead of print doi:10.1038/nn3276], 2012).

I  principali istituti di provenienza degli autori dello studio sono i seguenti: Genes to Cognition Programme, Centre for Clinical Brain Sciences and Centre for Neuroregeneration, The University of Edinburgh, Edinburgh (Regno Unito); Genes to Cognition Programme, The Wellcome Trust Sanger Institute, Hinxton (Regno Unito); Division of Psychiatry, The University of Edinburgh, Royal Edinburgh Hospital, Edinburgh (Regno Unito); Patrick Wild Centre, The University of Edinburgh, Edinburgh (Regno Unito); Institute of Medical Science, University of Aberdeen, Aberdeen (Regno Unito); School of Veterinary Medicine and Science, University of Nottingham, Sutton Bonington, (Regno Unito).

La sperimentazione ha previsto la valutazione comparativa di topi portatori di mutazioni in ciascuno dei quattro geni paraloghi Dlg.

L’osservazione ha fatto rilevare risultati notevolmente evidenti. Ad esempio, l’apprendimento associativo semplice richiedeva assolutamente la funzione di Dlg4, mentre i ruoli di Dlg2 e Dlg3 sono risultati notevolmente diversificati e, in processi cognitivi complessi, hanno mostrato funzioni opposte.

Sfruttando la funzione traduttiva mediata da touchscreens fra esseri umani e topi, sono state sottoposte a verifica mutazioni in Dlg2 in entrambe le specie: il ruolo di questo gene nell’apprendimento complesso, nella flessibilità cognitiva e nell’attenzione, risulta altamente conservato attraverso una dinamica evolutiva la cui durata si stima intorno ai 100 milioni di anni.

Sono state descritte numerose mutazioni, nella famiglia di geni Dlg, associate a disturbi psichiatrici e considerate potenziali responsabili delle manifestazioni cliniche. Tale osservazione, unita ai risultati di questo studio, sembra indicare che l’evoluzione del genoma ha straordinariamente esteso la complessità delle reti cerebrali alla base delle abilità cognitive dei vertebrati, al costo di una maggiore vulnerabilità alla malattia mentale.

 

L’autrice della nota ringrazia il presidente Perrella, con il quale ha discusso ed elaborato l’argomento trattato, e invita alla lettura degli scritti di argomento connesso che compaiono nelle “Note e Notizie” (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA” del sito).

 

Diane Richmond

BM&L-15 dicembre 2012

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] Cfr. G. Perrella, Evoluzione del cervello e ipotesi sulla mente. BM&L, Firenze 2005.