Nuova possibilità terapeutica per la malattia di Alzheimer  

 

 

NICOLE CARDON

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno X – 08 dicembre 2012.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

La patologia della malattia di Alzheimer è dominata dalle due lesioni distintive descritte dallo stesso Alois Alzheimer, ossia le placche amiloidi e la degenerazione neurofibrillare: le prime sono costituite soprattutto da neuriti rigonfi e depositi extracellulari di peptidi Aβ 40-42 derivati dalla scissione dell’APP ad opera di β- e γ-secretasi; la seconda è costituita da fasci di filamenti appaiati ad elica (PHF) formati da aggregati in β-configurazione di peptidi tau.

Nella maggior parte delle forme di neurodegenerazione riconducibili alla fisiopatologia della malattia di Alzheimer, si ritiene che l’elemento principale nell’avvio della patogenesi sia rappresentato dalle specie peptidiche amiloidi[1]. In passato placche, fibrille e protofibrille sono state proposte come le principali responsabili della catena di eventi che porta alla degenerazione, ma oggi si ritiene che siano i multimeri, detti anche ligandi diffusibili Aβ-derivati (ADDL), le principali entità tossiche.

La malattia di Alzheimer è caratterizzata dall’accumulo del peptide β-amiloide () in regioni cerebrali di fondamentale importanza per la memoria e la cognizione in generale. Il recettore dell’amilina è considerato un potenziale tramite per l’espressione delle azioni deleterie delle specie oligomeriche. Ryoichi Kimura, con colleghi canadesi e giapponesi, ha sperimentato il composto AC253, inibitore del recettore dell’amilina, ottenendo risultati molto incoraggianti (Kimura R., et al., Beta Amyloid-Induced Depression of Hippocampal Long-Term Potentiation Is Mediated through the Amylin Receptor. The Journal of Neuroscience 32 (48), 17401-17406, 2012).

La provenienza degli autori dello studio è la seguente: Department of Medicine, Hyogo College of Medicine, Nishinomiya, Hyogo (Giappone); Department of Medicine (Neurology) and Center for Neuroscience, and Department of Biochemistry, Centre for Prions and Protein Folding Diseases, University of Alberta, Edmonton, Alberta (Canada).

I ricercatori hanno preso le mosse dagli effetti deprimenti dell’1-42 e dell’amilina umana sul potenziamento di lungo termine (LTP, da long-term potentiation, è considerato il fenomeno citofisiologico principale alla base della memoria) nei sistemi dell’ippocampo. L’azione di disturbo sul processo di plasticità sinaptica necessario alla conservazione protratta del comportamento elettrico, si ritiene costituisca un elemento fisiopatologico rilevante nella patologia cognitiva della malattia di Alzheimer; pertanto, Kimura e colleghi hanno indagato la possibilità che l’azione antagonistica di AC253 sul recettore dell’amilina sia in grado di neutralizzare la depressione patologica dell’LTP. I ricercatori hanno considerato anche che, nei topi transgenici TgCRND8, i quali sono caratterizzati dall’iperespressione dell’APP (amyloid precursor protein), costituendo un modello della patogenesi del danno cognitivo da eccesso di amiloide, si hanno bassi livelli di LTP ippocampali. Su questa base hanno valutato sperimentalmente anche la possibilità che AC253 eserciti un’azione positiva sulla plasticità sinaptica di questa specie transgenica.

In sezioni sottili di cervello di topo, ottenute dal tessuto dell’ippocampo, i ricercatori hanno registrato i potenziali di campo EPSP dalla lamina detta stratum radiatum della regione ippocampale CA1 (Cornu Ammonis 1), in risposta alla stimolazione elettrica dei collaterali afferenti di Schaeffer. Per indurre l’LTP sono stati impiegati i protocolli di stimolazione “3-theta burst”.

L’Aβ1-42 (50 nM) e l’amilina umana (50 nM) deprimevano l’LTP evocato usando entrambi i protocolli di stimolazione. Impiegando, per controllo, L’Aβ42-1 non si sono avuti effetti deprimenti sul potenziamento sinaptico di lungo termine.

La pre-applicazione del composto inibitore AC253 (250 nM) è stata in grado di bloccare l’effetto di riduzione dell’LTP che si intendeva produrre mediante Aβ ed amilina umana, senza in alcun modo interessare la trasmissione sinaptica di base o il potenziamento fisiologicamente indotto.

La sperimentazione sui topi transgenici ha ugualmente fornito dati positivi. Il gruppo di topi di controllo a genotipo naturale, con i suoi intensi ed evidenti LTP, consentiva di apprezzare bene, negli esemplari TgCRND8 di età compresa fra i 6 e i 12 mesi, i tracciati LTP notevolmente depressi. L’applicazione dell’AC253, con la conseguente inibizione dei recettori dell’amilina, ha causato il notevole rinforzo dell’attività elettrica di potenziamento di lungo termine delle sinapsi ippocampali.

In sintesi, i risultati di questo studio, considerati nel loro insieme, dimostrano le due seguenti evidenze:

1) gli effetti dell’Aβ1-42 e del’amilina umana sull’LTP sono espressi mediante il recettore dell’amilina;

2) il blocco di tale recettore accresce l’LTP nei topi transgenici che presentano elevati accumuli di amiloide cerebrale.

Su questa base appare fondata la proposta di sperimentare gli antagonisti del recettore dell’amilina come farmaci agenti sui disturbi cognitivi della malattia di Alzheimer.

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani e invita alla lettura dei numerosi scritti riguardanti la malattia di Alzheimer che compaiono nelle “Note e Notizie” di questo sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA” del sito) e che, nel loro insieme, possono costituire un’integrazione aggiornata delle trattazioni manualistiche.

 

Nicole Cardon

BM&L-08 dicembre 2012

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

_____________________________________________________________________________________________________________________

 

La Società Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia, affiliata alla International Society of Neuroscience, è registrata presso l’Agenzia delle Entrate di Firenze, Ufficio Firenze 1, in data 16 gennaio 2003 con codice fiscale 94098840484, come organizzazione scientifica e culturale non-profit.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Anche se numerose evidenze dimostrano una più stretta relazione del deficit cognitivo con la patologia neurofibrillare intracellulare che con l’entità dei depositi di amiloide.