La nuova edizione dei Principles of Neural Science di Kandel, Schwartz, Jessell, Siegelbaum e Hudspeth

 

 

GIUSEPPE PERRELLA

(Trascrizione di Lorenzo L. Borgia)

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno X – 17 novembre 2012.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: TRASCRIZIONE DI UNA RELAZIONE ORALE]

 

Il presente testo è stato tratto dalla registrazione di una relazione tenuta sabato 27 ottobre 2012 dal Presidente della Società Nazionale di Neuroscienze, Giuseppe Perrella, che ha recensito per i soci la quinta edizione del testo, presentandone le caratteristiche generali e le principali novità, e poi soffermando l’attenzione su alcuni argomenti la cui trattazione nella IV edizione era stata oggetto di critiche anche severe da parte di qualche membro della Commissione Scientifica di BM&L. In una premessa alla relazione, il Presidente ha rivolto un particolare ringraziamento alla signora Ilaria Berti della Feltrinelli International di Firenze per l’impegno profuso nel seguire otto anni di rinvii editoriali e garantire la disponibilità del volume alla Società in anticipo sulla data di uscita ufficiale. A questa prima presentazione seguiranno recensioni critiche mirate su singoli oggetti della trattazione, tenute dai membri della nostra Commissione Scientifica.

 

(Quarta Parte)

 

Gli autori del trattato vanno però oltre la prospettiva più prossima, e per questo più realistica, di decodificare i processi cognitivi in termini biologici e, giustamente criticando l’angusto limite dello studio mediante l’osservazione del comportamento, ricordano che l’ambizioso traguardo della neural science è trovare il fondamento di ogni aspetto della vita psichica, inclusa la coscienza e il libero arbitrio, così come di ogni disturbo di origine cerebrale. In questo senso, dichiarano gli autori nella prefazione, i Principles, anche in considerazione della crescente importanza delle scienze neurali in seno alla biologia, si propongono come strumento per tutti gli studenti di biologia, per molti allievi dei corsi di psicologia e, naturalmente, per i futuri medici.

A questo proposito, Kandel rompe gli indugi ed afferma apertamente che la psichiatria può essere considerata una “scienza neurale clinica” e che i progressi compiuti attraverso i trattamenti psicoterapici possono oggi essere verificati mediante la diagnostica per immagini del cervello, ossia il brain imaging. E, anche a nome degli altri autori, dichiara: “Noi perciò crediamo che sia particolarmente importante chiarire i maggiori principi e meccanismi che governano le funzioni del sistema nervoso in salute e in malattia senza perderci nei dettagli” (Cfr. Preface).

Desidero, ora, fare delle osservazioni e delle considerazioni più specifiche e mirate al contenuto di singoli capitoli.

Non avrei avuto il tempo di leggere, per questa recensione, tutte le 1760 pagine, né credo che, se pure lo avessi avuto, avrei potuto abusare della pazienza del mio uditorio per tante ore quante sarebbero necessarie al commento di 67 capitoli più appendici. Ho scelto, pertanto, alcuni argomenti per questo primo incontro, seguendo il criterio delle priorità dettate dalle attese emerse dalle conversazioni con i soci della Commissione Scientifica responsabili delle attività didattiche della Società Nazionale di Neuroscienze BM&L. Naturalmente, dopo questa presentazione, la lettura critica proseguirà con l’apporto di tutti coloro che impiegheranno il trattato come strumento di insegnamento o come libro di testo per i propri studi.

Comincio dalla glia: molti ricorderanno la mia critica severa alla IV edizione nella quale le popolazioni cellulari di questa componente fondamentale del sistema nervoso erano ancora presentate come parte di un tessuto di sostegno con ipotetiche funzioni trofiche e immunoprotettive, ignorando i risultati ottenuti negli ultimi tre decenni da diversi filoni di ricerca che avevano delineato precisi profili e ruoli funzionali per astrociti, oligodendrociti e microglia. Dalla gliotrasmissione degli astrociti al ruolo degli oligodendrociti in processi patogenetici importanti, una serie di scoperte sensazionali ha completamente cancellato l’idea di una componente ancillare del tutto trascurabile nello studio delle funzioni del cervello. Per rendersi conto di quanto i ricercatori direttamente impegnati in questi studi si siano allontanati dalla visione dell’istologia di mezzo secolo fa, cui sembrava ancorata la IV edizione, si può leggere The Other Brain di Douglas Fields (Simon & Schuster, 2009), un saggio divulgativo, non troppo tecnico e scritto in forma accattivante, ma completo della maggior parte delle nuove acquisizioni.

Nella V edizione questa macchia è stata cancellata, perché i riferimenti ai ruoli della glia nelle sue cellule e nei suoi sistemi (si pensi alla rete astrocitaria) sono numerosi; tuttavia, in considerazione del grado di approfondimento mediamente riservato agli altri argomenti, non si può essere del tutto soddisfatti per lo spazio ancora molto limitato che è stato concesso alle nuove nozioni e alla discussione.

Condividevo l’opinione di molti nostri soci, secondo i quali dopo il primo rinvio della pubblicazione, l’aggiornamento della trattazione della glia sarebbe stato certo: tutta la comunità neuroscientifica era ormai al corrente delle nuove scoperte. Le cellule della glia, che nel sistema nervoso centrale sono nove volte più numerose dei neuroni, possono comunicare fra loro e con le cellule nervose, partecipare negli spazi intersinaptici alla modulazione del segnale, influenzare i processi che determinano la sede in cui si formano le sinapsi, intervenire nella riparazione del danno nervoso, essere al centro della patogenesi di malattie demielinizzanti; senza contare che gli astrociti possono attivare neuroni distanti contribuendo alla formazione di memorie. Proprio nel 2004, quando è stata annunciata per la prima volta questa nuova edizione, Douglas Fields fondava la rivista Neuron Glia Biology, come conseguenza della enorme messe di dati sulla glia che si andava raccogliendo e della crescita esponenziale di interesse per un nuovo campo che avrebbe potuto consacrare come pionieri tanti giovani ricercatori intraprendenti e tenaci. Per un sintetico “stato dell’arte” di quel periodo si può leggere Fields R. D., “The Other Half of the Brain”, Scientific American 290 (4): 26-33, 2004.

Il “buco della glia nei Principles”, come scherzosamente avevo chiamato la negligenza nella trattazione dell’argomento, è stato attribuito da alcuni, oltre che alla mancanza di veri esperti del settore fra gli editors, ad una forma di prudenza, in parte istintiva, per risultati troppo marcatamente in controtendenza rispetto alle convinzioni più consolidate; in parte suggerita dall’assenza di grandi nomi della ricerca neuroscientifica fra gli autori degli studi che avevano accertato le maggiori novità.

Ma passiamo ad un altro argomento che ho voluto leggere subito. I canali ionici sono sempre stati un tallone d’Achille dei Principles e, negli anni d’attesa per la nuova edizione, consigliavamo agli studenti l’ottima trattazione dell’argomento nei capitoli 9, 10 e 11 di Elements of Molecular Neurobiology di C. U. M. Smith che, pur essendo stato pubblicato soli due anni dopo la IV edizione dei “Principi”, sembrava di una decade più recente. Fatalmente invecchiati anche i tre capitoli del manuale di Smith, non rimanevano che le rassegne monografiche e le trattazioni superspecialistiche, spesso costituite da ponderose raccolte di dati sperimentali difficili da concettualizzare e talvolta anche da leggere, in assenza di una specifica esperienza sperimentale con quelle molecole. Per inciso, la trattazione contenuta in Basic Neurochemistry, sintetica ma di ottimo livello e completata da un’aggiornata scheda sulle “canalopatie ioniche”,  è giunta solo con l’ottava edizione del 2012, ossia in commercio da quest’anno. In molti, perciò, abbiamo atteso con ansia la nuova edizione dei Principles anche per questo argomento.

Il capitolo 5, intitolato semplicemente Canali Ionici, mi è sembrato didatticamente ottimo e scientificamente ineccepibile, soprattutto se completato dalle parti del capitolo 6 dedicate alla fisiologia di alcune di queste molecole e da nozioni esposte in altre parti del trattato. Devo tuttavia osservare che, nel complesso, il livello di approfondimento e dettaglio, adeguato per la preparazione di uno studente delle facoltà di medicina e biologia, appare insufficiente per la formazione di un dottorando e, come per altre parti dell’opera, non aggiornato alle acquisizioni degli ultimi anni.

I capitoli dedicati alla trasmissione sinaptica sono notevolmente migliorati rispetto al passato e, oltre all’impostazione data da Schwartz nei primi anni di preparazione di quest’edizione e all’apporto di Siegelbaum, si apprezza il contributo di Thomas C. Südhof (capitolo 12) uno dei tre autori dell’ottimo volume “Synapses”, pubblicato in collaborazione con l’Howard Huges Medical Institute.

Commentando questa sezione dell’opera, per la sua redazione e i suoi contenuti, non posso non fare un riferimento a Steve Siegelbaum, conosciuto da Kandel a Parigi nel 1980 e subito arruolato per lo studio della natura biofisica del potenziale sinaptico lento. A quell’epoca Siegelbaum era un giovane biofisico specializzato nello studio delle proprietà dei singoli canali ionici: appena avviata la collaborazione alla Columbia, scoprì che uno dei bersagli dell’AMP-ciclico e della proteinchinasi A è un canale ionico del potassio (K+) che reagisce alla serotonina. Il gruppo di ricerca decise di chiamarlo “Canale S” per l’iniziale del nome del suo scopritore e, solo in seconda istanza, per l’amina biogena. La chiusura di questo canale nelle terminazioni presinaptiche, scoprì Siegelbaum, causa il potenziale sinaptico lento che, accrescendo il rilascio di glutammato, contribuisce alla memoria di breve termine.

Ho apprezzato il capitolo 17 redatto da Eric Kandel: Dalle cellule nervose alla cognizione: le rappresentazioni interne dello spazio e dell’azione. Pur in una esposizione essenziale degli argomenti, la trattazione appare completa, andando dai riferimenti storici ai risultati degli studi più importanti sugli animali e nell’uomo, e affrontando argomenti che vanno dalle mappe somatotopiche corticali alla rappresentazione interna del proprio corpo ed esterna dello spazio.

Kandel non manca di citare, a proposito dell’arto fantasma, il celebre caso riferito vent’anni fa da Ramachandran di un giovane che, amputato del braccio, evocava da specifiche aree della cute del volto sensazioni riferite alle singole dita della mano mancante. A proposito della negligenza spaziale da lesione parietale, e in particolare nella negligenza di rappresentazione (representational neglect), riporta la prima descrizione dettagliata di questo disturbo che ne fece il neurologo e neuropsicologo italiano Edoardo Bisiach in un gruppo di pazienti milanesi accomunati da una lesione parietale posteriore. Tutti i pazienti avevano una perfetta memoria degli edifici presenti nella celebre Piazza del Duomo della propria città ma, quando richiesti di immaginare di essere in un preciso punto della piazza, ad esempio sulle scale della cattedrale con le spalle rivolte alla facciata, riuscivano a rievocare solo gli edifici e gli altri elementi caratterizzanti che sarebbero stati alla propria destra nella situazione reale. Ma, se si chiedeva loro di immaginare di essere nel punto opposto, di fronte alla maestosa facciata gotica, gli edifici apparentemente scomparsi dalla memoria potevano riapparire.

In questo capitolo Kandel non perde l’occasione di sottolineare che la maggior parte dei processi psichici è frutto di automatismi inconsci ed affronta, in una discussione particolarmente utile per gli studenti, l’annoso problema dell’accessibilità della coscienza all’analisi biologica e, successivamente, sintetizza le principali posizioni di interesse neuroscientifico sulla natura della coscienza.

Proseguendo con la lettura del capitolo 18, L’organizzazione della cognizione di Olson e Colby, la differenza nella redazione del testo e nella proposizione dei contenuti mi è parsa evidente, ed ho trovato un po’ carenti i paragrafi relativi alla corteccia prefrontale, per i quali è necessario rimandare ancora a Prefrontal Cortex di Joaquin M. Fuster (2008).

La V Parte, dedicata alla percezione, mi sembra migliorata rispetto alla precedente edizione ma ancora difetta di aggiornamento in alcune parti. Ad esempio, il capitolo sul dolore, tradizionalmente esauriente nell’anatomia e nella fisiologia dei sistemi, è stato ancora completato e in parte aggiornato, ma rimane carente da un punto di vista neurochimico e di biologia molecolare.

Nella VI parte, dedicata al movimento, ho letto con attenzione il capitolo 42 di Stephen G. Lisberger e W. Thomas Thach dedicato al cervelletto.

Thach era stato l’autore del capitolo sul cervelletto nell’edizione del 1980 di Medical Physiology di Wernon Mountcastle, un testo allora considerato fra i migliori per la neurofisiologia, quando ancora non vi erano trattati specialistici di alto livello scientifico dedicati esclusivamente alla fisiologia del sistema nervoso. Mi piace ricordare che Mountcastle, al quale si deve la descrizione delle colonne di dominanza della corteccia cerebrale, affiancò Gerald Edelman nello studio del manto corticale, quando il Premio Nobel decise di dedicarsi alla ricerca delle basi neurobiologiche delle funzioni psichiche, postulando l’esistenza di gruppi neuronici come unità di selezione darwiniana all’interno del cervello.

Lisberger è uno dei massimi esperti del ruolo del cervelletto nell’apprendimento motorio.

Il profilo culturale dei due autori mi sembra ben riflesso in questa breve trattazione monografica: un ottimo saggio di fisiologia classica, con solida base morfologica e integrazioni di neurologia clinica in gran parte tratte dai “Principi di Neurologia” di Adams e Victor, al quale si aggiunge un aggiornamento focalizzato soprattutto sul ruolo dei sistemi cerebellari nell’apprendimento motorio.

Fin qui solo considerazioni positive. Ma, tutte quelle funzioni e attività non motorie cui prende parte il cervelletto, e che sono state materia sperimentale per tanti studi degli anni recenti dove sono trattate? Mi aspettavo un capitolo a parte o, almeno, una serie di paragrafi nel capitolo 42. Niente di tutto ciò. Devo pensare che in questa autorevolissima pubblicazione del 2013 il cervelletto ritorni ad essere una “formazione nervosa preposta al controllo della postura e del movimento” come si leggeva negli anni Settanta?

Personalmente ho sempre seguito gli studi sulla fisiologia cerebellare con il massimo interesse e mi aspettavo, in questa V edizione, di trovare una rassegna, sia pure essenziale e prevalentemente didattica, che coprisse tutti quegli studi che da molto tempo hanno registrato l’intervento del cervelletto in funzioni diverse da quelle motorie quali, ad esempio, la gradazione del giudizio cognitivo di valori legati alla percezione. Nessuna traccia: sono rimasto sorpreso.

Un secondo “caso glia”? Speriamo che questa volta non si debba attendere dodici anni perché vi pongano rimedio.

 

[continua]

 

Giuseppe Perrella

 (trascrizione di Lorenzo L. Borgia)

BM&L-17 novembre 2012

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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