La stima umana e animale della quantità non è separata dalla competenza numerica

 

 

DIANE RICHMOND

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno X – 03 novembre 2012.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Noi esseri umani condividiamo con gli animali la capacità di stimare, senza contare, il numero degli oggetti presenti in un insieme non troppo numeroso, grazie all’attività di un sostrato neuronico solo in parte definito ed operativamente denominato approximate number system (ANS). A differenza degli animali, noi possediamo l’abilità esclusiva, e solo in parte collegata con il linguaggio, di apprendere ed impiegare il livello simbolico astratto dei concetti e delle operazioni matematiche, in virtù di un sistema di neuroni del quale sono state individuate le principali aree e connessioni. A dispetto delle grandi differenze neuroevolutive, neurofunzionali e prestazionali fra questi due sistemi, una grande messe di dati proveniente dallo studio delle basi neurali e delle risposte comportamentali suggerisce l’esistenza, nell’uomo, di connessioni funzionali fra i due sostrati neurali. Recentemente, i risultati di una linea di ricerca seguita da vari gruppi in tutto il mondo, hanno suggerito la possibilità che il sistema di stima intuitiva ANS sia parte di un sistema più grande e più generale di rappresentazione della misura dimensionale (magnitude).

Per indagare i rapporti fra questi due modi di elaborare la quantità, Stella F. Lourenco e colleghi hanno condotto uno studio veramente interessante e degno di nota (Lourenco S. F., et al., Nonsymbolic number cumulative area representations contribute shared and unique variance to simbolyc math competence. Proceedings of the National Academy of Science USA [Published online ahead of print doi:10.1073/pnas.1207212109], 2012).

I numeri sono tutt’altro che intuitivi, come talvolta si legge. Intuitivi sono i concetti che permettono di comprenderli ed usarli. Al tempo di Pitagora erano considerati numeri solo i numeri interi e la relazione fra due numeri interi. Per oltre 20 secoli i matematici sono stati impegnati dalla ricerca di una formalizzazione soddisfacente che esprimesse in modo corretto e coerente tutti i concetti che riguardano la simbolizzazione numerica. Solo un secolo fa il lavoro di Dedekind ha prodotto le prime definizioni soddisfacenti dell’insieme dei numeri reali. E’ utile soffermare la propria attenzione su questo aspetto, ovvero su quanto acquisiamo con l’apprendimento scolastico di un lungo percorso culturale che ha impiegato le convenzioni dell’intelligenza per fissare nozioni tutt’altro che banali in un insieme di concetti ridotti alla semantica di simboli facilmente adoperabili.

Molti animali, fra cui i mammiferi e varie specie di uccelli sottoposti a verifica sperimentale, sono in grado di distinguere e riconoscere le quantità, inoltre molti di essi hanno mostrato abilità sorprendenti nell’ambito della numerosità di oggetti ed elementi rappresentati. In particolare, riescono ad appaiare per numero esatto, in prove in cui si impiegano pochi elementi, e ad ottenere una ricompensa aggiungendo o sottraendo elementi ad un dato insieme, secondo una logica proposta dai ricercatori. Questa abilità animale, che spiega le impressionanti prestazioni di fenomeni circensi celebri e di esemplari ammaestrati nei nostri giorni, così come comportamenti “intelligenti” osservati da tempo dagli etologi, viene ordinariamente riferita ad un processo descritto con la metafora dell’accumulatore. In altri termini, si ipotizza un meccanismo basato su una rappresentazione analogica, ben diverso e incomparabilmente meno efficiente della capacità umana di enumerare mediante la simbolizzazione numerica che consente di astrarre le quantità riportandole al valore di una cifra che può essere impiegata a piacimento nelle operazioni aritmetiche e in ogni altro processo logico-matematico.

Il matematico e neuroscienziato Stanislas Dehaene è stato fra i pionieri in questo campo, postulando per primo che “noi siamo dotati di una rappresentazione mentale delle quantità molto simile a quella di ratti, piccioni e scimmie. Come loro, noi siamo capaci di enumerare rapidamente raccolte di oggetti visivi o uditivi, addizionarli e comparare le loro numerosità. Io speculo che queste abilità non solo ci rendono capaci di desumere rapidamente la numerosità degli insiemi, ma sono anche alla base della nostra capacità di comprendere i numerali come le cifre arabe. In sostanza, il senso dei numeri che noi ereditiamo dalla nostra storia evolutiva gioca il ruolo di un germe che favorisce l’emergere di abilità matematiche più progredite”[1].

Il lavoro condotto presso il Dipartimento di Psicologia della Emory University di Atlanta (Georgia, USA) da Stella Lourenco, Justin Bonny, Edmund Fernandez e Sonia Rao, si inscrive proprio nell’ambito teorico tracciato dalla scuola di Dehaene ed appartiene al filone di studi che fornisce prove all’ipotesi di lavoro del matematico francese.

Studi precedenti hanno rilevato delle interazioni cognitive e una codifica neurale comune fra i numeri ed altre stime dimensionali quali, ad esempio, l’estensione spaziale. Su questa base i ricercatori della Emory si sono chiesti se e come la dimensione non-numerica si rapporti alla competenza matematica. Per rispondere a questi due quesiti sono stati studiati i processi cognitivi di studenti di college, che si sono sottoposti alle valutazioni sperimentali in qualità di volontari.

In due compiti di comparazione dimensionale, gli studenti dovevano stimare, in una condizione in cui non potevano contare o calcolare esplicitamente, quale di due insiemi fosse più grande nel numero o nell’area cumulativa. Tali prove erano intese a valutare la prestazione dell’ANS, ossia del sistema di neuroni responsabile della stima d’impressione, grezza e rapida (quick and dirty), convenzionalmente ritenuta equivalente al processo compiuto dal cervello animale.

I ragazzi sono stati poi sottoposti ad una prova - consistente in una batteria di test matematici standardizzati - volta a valutare l’efficienza del sistema eminentemente semantico-dichiarativo che permette l’uso astratto della simbolizzazione, delle nozioni e della logica che le sottende.

Gli esiti sono stati veramente interessanti: le differenze individuali nella precisione sia del numero che dell’area cumulativa (misurata sulla base dell’accuratezza nell’esecuzione dei compiti di comparazione dimensionale) erano strettamente correlate alla variabilità nella competenza matematica, in particolar modo nell’ambito di aritmetica e geometria di livello avanzato. La stima era confermata anche dopo aver tenuto conto di aspetti generali dell’intelligenza. Inoltre, le analisi hanno rivelato che, mentre la precisione nel numero contribuiva specificamente alla varianza dell’aritmetica avanzata, la precisione dell’area cumulativa contribuiva specificamente alla varianza della geometria.

Considerati complessivamente, questi risultati costituiscono un’evidenza prestazionale dell’esistenza di contributi, sia condivisi che separati, della rappresentazione non-simbolica dei numeri e dell’area cumulativa alla matematica insegnata formalmente.

Stella Lourenco e colleghi danno un’interpretazione più estensiva dei risultati: secondo loro suggeriscono che “branche esclusivamente umane della matematica si interfacciano con un sistema dimensionale generale evoluzionisticamente primitivo, che include rappresentazioni parzialmente interferenti di grandezze numeriche e non-numeriche”.

In conclusione, si osserva che questo lavoro, realizzato con una metodologia psicologica, ha fornito una prova indiretta o, come si è soliti dire, comportamentale dei rapporti fra i due sistemi neurofunzionali: indagini volte a definire l’attività neuronica correlata alle specifiche prestazioni, potranno chiarire se le conclusioni cui sono pervenuti gli autori di questo studio sono corrette.

 

L’autrice della nota, che ringrazia il Presidente Perrella con il quale ha discusso l’argomento trattato e la dottoressa Floriani per la correzione della bozza, invita alla lettura delle recensioni di lavori di argomento connesso che compaiono nelle “Note e Notizie” (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA” del sito).

 

Diane Richmond

BM&L-03 novembre 2012

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] Stanislas Dehaene, The Number Sense. How the Mind Creates Mathematics, p. 40, Penguin Books, 1999.