Un omaggio a James Harris Schwartz

 

 

NICOLE CARDON & MONICA LANFREDINI

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno X – 03 novembre 2012.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: NOTA BIOGRAFICA]

 

 

Per la maggior parte degli studenti di neuroscienze è stato soltanto un nome: quello del secondo degli autori, dopo il Premio Nobel Eric Kandel, dei Principles of Neural Science, ma James Harris Schwartz, per tutti Jimmy, era un uomo poliedrico e versatile, dai molteplici interessi e dai vasti orizzonti culturali, che spaziavano dalle scienze biologiche alla storia delle antiche civiltà del Mediterraneo. Una persona capace di lasciare una traccia viva nella mente di coloro che incontrava, e un segno evidente della sua personalità in ogni lavoro che compiva; non si fa perciò fatica a comprendere perché i colleghi abbiano ritenuto un doveroso omaggio dedicargli l’ultima edizione dei Principles, un’opera alla quale ha lavorato fin dal fondamento del suo progetto, contribuendo a conferirgli sistematicità scientifica, chiarezza espositiva ed efficacia didattica. Il 13 marzo del 2006, quando è deceduto per le complicanze di una leucemia, le neuroscienze hanno perso uno dei pionieri nello studio delle basi biochimiche della memoria e dell’apprendimento, mentre ai numismatici è venuto a mancare uno dei massimi esperti di monete vandaliche del Nord Africa del V secolo.

Nato a Manhattan, Jimmy Schwartz era per molti versi espressione di quella borghesia newyorkese, spesso descritta da Woody Allen, che attraverso la cultura cerca di farsi cittadina del mondo senza però perdere mai quei tratti che rivelano l’appartenenza alla metropoli con tutte le sue contraddizioni, le sue ossessioni, i suoi gigantismi, i suoi eterni conflitti e l’impagabile miriade di opportunità che riserva. Diplomato alla Columbia, si laureò in medicina alla New York University e, nel 1964, ottenne un dottorato alla Rockefeller.

Quando Schwartz fu assunto dalla Columbia University come biochimico presso la facoltà di medicina, Eric Kandel, che aveva abitato con lui durante i corsi estivi di Harvard nel 1951 e lo aveva frequentato presso la New York University (NYU) fino al 1956, non fu nemmeno avvertito. Era la primavera del 1966 e il trentatreenne newyorkese aveva già fama di giovane scienziato emergente, dopo i suoi studi sulla regolazione degli enzimi e la chimica dei batteri, che gli erano valsi la nomina ad assistant professor in microbiologia presso la NYU, dove si era laureato in medicina.

Intanto Kandel, influenzato da Ladislav Tauc, aveva progettato lo studio dell’apprendimento nel mollusco Aplysia, in particolare Aplysia californica, la specie che si trova negli Stati Uniti, perché la sua struttura cerebrale costituita da soli duecento grandi neuroni contro i cento miliardi del nostro cervello, consentiva di isolare semplici risposte cellulari e collegarle al comportamento.  

Fu una lieta sorpresa per Kandel, come egli stesso racconta, rincontrare Jimmy, l’amico della prima giovinezza, e sentirlo motivato a lasciare lo studio dei batteri per la biochimica del sistema nervoso. I neuroni dell’Aplysia, molto grandi e facilmente individuabili, erano i candidati ideali per studiare l’individualità biochimica, vale a dire le caratteristiche molecolari distintive di ciascun tipo di cellula nervosa. Jimmy Schwartz, unitosi ad Alden Spencer ed Eric Kandel per costituire il primo nucleo di una divisione di “neurobiologia e comportamento”, cominciò a studiare i neurotrasmettitori usati dal mollusco per la trasmissione dei segnali, rilevando che la serotonina, mediatore eccitatorio nei mammiferi, in questo piccolo sistema nervoso era rilasciata da interneuroni modulatori che accrescono il rilascio di glutammato.

Sulla scorta del lavoro di Arvid Carlsson, che aveva scoperto la funzione di trasmettitore della dopamina e l’aveva associata al morbo di Parkinson, e Paul Greengard, eccellente biochimico suo collaboratore e studioso dei recettori metabotropici, Schwartz e Kandel scoprirono che, durante quel primo livello di apprendimento che è definito sensibilizzazione, la serotonina attiva l’AMP-ciclico, cioè il secondo messaggero del segnale giunto attraverso la neurotrasmissione. Questo voleva dire che l’AMP-ciclico, una molecola nota da tempo e un po’ banalizzata per la sua onnipresenza, era implicato nella formazione della memoria di breve termine. Ricordiamo che fu l’italiano Marcello Brunelli nel 1976 a compiere gli esperimenti che diedero la conferma del ruolo dell’AMP-ciclico ed aprirono la strada alla collaborazione di Jimmy Schwartz con Paul Greengard.

Cominciò così una lunga avventura di ricerca che portò Arvid Carlsson, Paul Greengard ed Eric Kandel al Premio Nobel nel 2000 per le scoperte sulla trasduzione del segnale nervoso, ma che vide escluso Schwartz.

La comprensione delle basi principali della memoria di breve termine aveva dimostrato la possibilità di decifrare i meccanismi molecolari dell’abilità animale di ricordare e apprendere, accendendo l’entusiasmo per nuove ricerche che consentissero di definire in che modo, un’esperienza trattenuta brevemente in memoria, fosse poi conservata diventando un ricordo di lungo termine. Schwartz con Kandel aveva scoperto che la memoria di lungo termine richiede la sintesi di nuove proteine, ma a quel punto degli studi non si aveva la più pallida idea di quali esperimenti allestire per capire come ciò potesse avvenire e quali meccanismi si attivassero per giungere alla modificazione sinaptica stabile che conserva il ricordo.

François Jacob faceva una distinzione semiseria in due tipi di pensiero scientifico: la scienza diurna, razionale, logica, pragmatica e concepita sulla base di esperimenti progettati con precisione, e la scienza notturna, una sorta di laboratorio del possibile fondato su intuizioni, sensazioni e manipolazioni creative, che costituiranno i materiali da costruzione per la successiva elaborazione fondata su evidenze sperimentali e coerenza matematica. Giuseppe Perrella cita spesso questa distinzione, e dice che gli scienziati che più ammira sono quelli capaci di trasformare la scienza notturna in scienza diurna: Jimmy Schwartz ed Eric Kandel sicuramente appartenevano a questa categoria.

La trasformazione della scienza notturna in scienza diurna avvenne per Kandel grazie al ritorno alla Columbia University, dove fu chiamato per sostituire il suo mentore e, con Richard Axel, poté affrontare il problema in termini di genetica molecolare. La scelta di imparare a fare “laboratorio di biologia molecolare” per collaborare con Axel, lo allontanò da Schwartz.

Senza la forza propulsiva di Kandel e dei suoi progetti a lunga scadenza, l’attività scientifica di Schwartz divenne sempre più routinaria ed infruttuosa e, anche se nel 1974 contribuì alla fondazione del Columbia’s Center for Neurobiology and Behavior, cominciò a sentire il peso della ricerca neurochimica. Probabilmente anche la stanchezza e la frustrazione per la mancanza di risultati lo indussero a convertire un interesse personale in una carriera parallela.

In breve divenne uno studioso del conio e delle medaglie dell’antichità; collezionò e studiò monete e gioielli di interesse storico, pubblicando ottimi articoli sulla rivista dell’American Numismatic Society. Il suo maggiore interesse si focalizzò per molto tempo sui rapporti fra la cultura greco-romana e quella delle popolazioni considerate barbare a quei tempi, specializzandosi nelle monete coniate dai Vandali nei territori che avevano occupato nell’Africa Settentrionale durante il V secolo. Studiò anche amuleti, gemme e piccoli oggetti del II-IV secolo, provenienti dall’Egitto e da altre civiltà del Mediterraneo dell’Est. L’impegno personale in questo campo fu notevole e, quando l’American Numismatic Society fu in deficit finanziario, cooperò con successo alla raccolta di fondi, acquisendo un ruolo preminente al suo interno. Questi studi ebbero anche una valenza accademica, in quanto gli consentirono di diventare membro del Columbia Center for the Ancient Mediterranean.

Il suo principale investimento di energie ed abilità personali nel campo delle neuroscienze, in questi anni, fu rivolto alla realizzazione dei Principles of Neural Science.

Schwartz aveva le idee molto chiare sul taglio da conferire all’opera. Voleva che si caratterizzasse soprattutto per l’indicazione e la definizione di principi, come dichiarato nel titolo stesso, e non fosse una sorta di enciclopedia di nozioni neurobiologiche; d’accordo con gli altri autori, la concepiva come un ponte di sapere fra la chimica e la clinica del sistema nervoso centrale; infine, voleva che la scrittura fosse di assoluta precisione tecnica ed eleganza stilistica, così da unire efficacia didattica e gradevolezza letteraria. Kandel soleva dire: “Jimmy è uno scrittore superbo”; ma il suo non era un semplice talento narrativo, era piuttosto un’abilità nell’uso della lingua e nell’organizzazione del testo, forgiata nel tempo ed esercitata allo scopo di rendere sempre più perfette le sue lezioni e i suoi testi. Non meraviglia che abbia corretto, riveduto e migliorato il lavoro di tutti gli autori che negli anni hanno contribuito alla redazione delle varie edizioni. Fu sua la scelta di aprire il volume con la riproduzione fotografica del papiro egiziano che riporta in geroglifico la più antica traccia conosciuta della parola cervello; e sua fu la scelta dell’esergo tratta dal “Male Sacro”, opera attribuita ad Ippocrate e citata in una traduzione inglese del 1923, che afferma l’origine cerebrale di tutte le sensazioni, i gesti e gli affetti umani.

L’8 dicembre del 2000 a Stoccolma, Jimmy Schwartz era con la moglie Cathy fra il pubblico ad applaudire il discorso di Eric Kandel alla cerimonia dei Nobel, ma sapeva tanto quanto il suo vecchio amico che una parte di quel premio era moralmente sua.

 

Nicole Cardon & Monica Lanfredini

BM&L-03 novembre 2012

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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