Individuato homunculus BOLD nelle aree motorie corticali
NICOLE CARDON
NOTE
E NOTIZIE - Anno X – 27 ottobre 2012.
Testi pubblicati sul sito
www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind
& Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a
fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta
settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in
corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli
oggetti di studio dei soci componenti lo staff
dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo:
RECENSIONE]
Lo studio del cervello umano in attività mediante la risonanza magnetica funzionale (fMRI, da functional magnetic resonance imaging, o RMF, secondo l’acronimo italiano) ha determinato un mutamento di prospettiva ed un’accelerazione del cammino di conoscenza nel campo della ricerca neurofisiologica: la possibilità di vedere e registrare immagini delle aree encefaliche attivamente metabolizzanti durante compiti specifici, e di confrontarle con le incidenze tomografiche che registrano gli stati di base, ha consentito di creare delle mappe di attività, dalle quali ricostruire ipotetici patterns correlati al comportamento. Le configurazioni, così ottenute, possono essere accostate a nozioni consolidate e dati recenti acquisiti mediante altre metodologie di studio, da quelle di maggiore tradizione, quali l’anatomo-clinica, l’elettrofisiologica e la neuropsicologica, a quelle affermatesi negli ultimi decenni, quali la sperimentazione mediante modelli animali, la realizzazione di mappe neuroanatomiche di espressione genica, eccetera.
Tuttavia, l’apporto della metodica alla conoscenza dei modi in cui sistemi e circuiti neuronici codificano e mediano gli atti mentali e materiali della nostra vita quotidiana, è inferiore a quanto ci si potrebbe attendere se non si tenessero nel debito conto i limiti della fMRI. In particolare, sebbene rispetto alle metodiche di medicina nucleare[1], quali PET e SPECT - che nel recente passato costituivano la sola possibilità per avere immagini funzionali dell’encefalo in vivo - la risoluzione spaziale e, dunque, la precisione anatomica dei reperti funzionali sia di gran lunga maggiore, per varie ragioni è ancora lontana dalla possibilità di fornire lo sperato “filo di Arianna” ai tentativi di orientarsi nel labirinto di sistemi e sottosistemi che compongono le aree attive in un inestricabile intreccio che nasconde spesso sia la natura dei ruoli delle singole parti sia i vincoli, incluso quello temporale, che ne governano i rapporti.
Rispetto a
questa osservazione, che riguarda in generale la ricerca mediante fMRI, negli
anni recenti si sono compiuti alcuni passi in avanti mediante lo studio dei
segnali dipendenti dal livello di ossigenazione del sangue (BOLD, da blood oxygenation level-dependent). Un esempio, a nostro avviso
rilevante, dell’efficacia dell’impiego di questo paradigma è costituto dal
recente lavoro condotto da Noa Zeharia e colleghi, che hanno studiato la codifica dei movimenti nella corteccia
motoria primaria e nell’area motoria
supplementare, analizzando i segnali BOLD
positivi e negativi di queste regioni (Zeharia
N., et al., Negative blood
oxygenation level dependent homunculus and somatotopic information in primary
motor cortex and supplementary motor area. Proceedings of the National Academy of Science
USA [Published online ahead of print
doi:10.1073/pnas.1119125109], 2012).
Gli autori
provengono dal Department of Medical Neurobiology, Institute for Medical
Research Israel-Canada, Faculty of Medicine; centri specializzati e istituti
della Hebrew University, Jerusalem (Israele); Weizmann Institute of Science,
The Department of Computer Science and Applied Mathematics, Rehovot (Israele).
Segnaliamo che questo studio ha avuto come
“editor” Emilio Bizzi del MIT (Cambridge, Massachusetts).
Un requisito cruciale nella codifica del
movimento è un adeguato equilibrio fra la soppressione dei muscoli non
richiesti e l’attivazione di quelli richiesti. I ricercatori hanno studiato la
codifica del movimento da parte dei sistemi neuronici della corteccia
motoria primaria (M1) e dell’area motoria supplementare (SMA)
mediante l’ispezione dei segnali positivi e negativi dipendenti dal livello di ossigenazione
del sangue (BOLD) in queste regioni. Impiegando esperimenti periodici e
legati ad evento, incorporanti i movimenti bilaterali/assiali di 20 parti del
corpo, Zeharia e colleghi hanno rilevato dettagliate mappe di immagini
mototopiche, costruite grazie ad una procedura affidabile (phase-lock analysis). E’ interessante notare che, oltre al segnale BOLD
positivo, i ricercatori hanno rilevato un significativo BOLD negativo
nelle aree corticali corrispondenti ad M1, ma non nel territorio della SMA.
E’ risultato evidente che il pattern spaziale del BOLD negativo
non era né localizzato nel territorio somatotopico ipsilaterale, né distribuito
casualmente. L’analisi ha, infatti, rivelato che presentava un’organizzazione
somatotopica all’interno dell’intera rappresentazione corticale del cosiddetto
omuncolo motorio, con una distribuzione complementare a quella del BOLD
positivo, creando un omuncolo BOLD negativo.
La fonte neuronica del BOLD negativo non è
chiara.
L’area M1 fornisce un sistema unico per
verificare se l’origine del segnale negativo è neuronica, in quanto arterie
differenti forniscono sangue a differenti regioni nell’omuncolo, consentendo di
escludere spiegazioni basate sul furto di sangue.
L’autrice della nota, che ha
discusso l’argomento trattato con il Prof. Perrella, ringrazia la dottoressa
Floriani per la correzione della bozza, e invita alla lettura delle recensioni
di lavori di argomento connesso che compaiono nelle “Note e Notizie”
(utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA” del sito).
[1] Ricordiamo, per il lettore che non abbia una specifica formazione, che le metodiche di medicina nucleare sono quelle che impiegano radionuclidi per la formazione delle immagini e, dunque, la RMN, che sfrutta la spontanea capacità di “risuonare” dei nuclei atomici investiti da impulsi a radiofrequenza, non è un’indagine di medicina nucleare, nonostante l’appellativo “nucleare”.