Come i sistemi cerebrali consentono di apprendere per tentativo ed errore

 

 

NICOLE CARDON

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno X – 06 ottobre 2012.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

La maggior parte dell’apprendimento comportamentale in biologia deriva da esperienze di tentativi riusciti, ed immediatamente rinforzati per il loro esito positivo, o falliti e successivamente modificati o corretti in base all’errore. Poiché al tentativo fallito e poi corretto corrisponde l’acquisizione di una nuova conoscenza, e conseguentemente di un nuovo comportamento, questo tipo di apprendimento è convenzionalmente definito per tentativo ed errore”. Il condizionamento operante, impiegato ormai da tempo come paradigma sperimentale negli studi sull’apprendimento e come modello concettuale per la psicologia del comportamento, si ritiene costituisca una chiave nella comprensione dei processi che consentono all’animale di imparare per tentativo ed errore. Ma, nonostante un consolidato sapere fenomenico-comportamentale, derivato dalle innumerevoli esperienze sperimentali, e un ruolo di paradigma concettuale nell’insegnamento della psicologia accademica, si sa ancora poco su come i singoli sistemi e circuiti encefalici determinano e influenzano questi processi di apprendimento. Pico Caroni, con Sarah Ruediger e altri due colleghi del Friedrich Miescher Institute di Basilea, ha realizzato uno studio dell’apprendimento murino per tentativo ed errore in un contesto sperimentale classico (Morris water maze), scoprendo una sequenza stereotipata di attivazione dell’ippocampo, lungo un asse che va dall’estremo ventrale a quello dorsale, quale base dei processi che consentono ai roditori di imparare dall’esperienza (Sara Ruediger, Dominique Spirig, Flavio Donato & Pico Caroni, Goal-oriented searching mediated by ventral hippocampus early in trial and error learning. Nature Neuroscience [Epub ahead of print doi:10.1038/nn.3224], 2012).

I ricercatori hanno impiegato topi non sottoposti in precedenza ad apprendimento sperimentale, ed hanno fatto uso di un dispositivo morfologico, precedentemente validato, che ha presentato informazioni ad alta definizione del circuito delle fibre muscoidi dell’ippocampo. Nel procedimento sperimentale hanno fatto ricorso a lesioni anatomiche o molecolari.

Nel suo complesso la sperimentazione ha mostrato che, la suddivisione ventro-dorsale dell’ippocampo in aree funzionali, ha una precisa corrispondenza con funzioni specifiche e sequenziali nella “navigazione” per tentativo ed errore in un labirinto. L’ippocampo ventrale, in particolare, è risultato mediare la ricerca iniziale, specifica per un compito ed orientata verso uno scopo definito.

I ricercatori svizzeri hanno rilevato che, sebbene la prestazione e lo sviluppo della strategia progredivano con continuità al livello di popolazione, i singoli topi mostravano fasi di apprendimento definite, ciascuna caratterizzata da particolari condotte nella ricerca. Le transizioni fra le fasi di apprendimento riflettevano la crescita della connettività inibitoria a feedforward (FFI) che aveva luogo sequenzialmente, prima nelle suddivisioni ippocampali ventrali, poi in quelle intermedie e, infine, in quelle dorsali. La crescita della FFI nell’ippocampo ventrale si verificava improvvisamente, a seguito dell’apprendimento comportamentale delle relazioni esistenti fra scopo e compito.

Le lesioni dell’ippocampo ventrale o l’assenza della crescita della FFI in questa porzione della struttura fondamentale per l’apprendimento e la memoria di breve termine, ritardava l’apprendimento iniziale e comprometteva la coerenza della prestazione. Lesioni delle aree situate in posizione intermedia lungo l’asse ventrale-dorsale, causavano la perdita di efficienza della fisiologica funzione di apprendimento per i luoghi intermedi. Infine, le lesioni prodotte nelle aree dell’ippocampo dorsale, invalidavano selettivamente l’apprendimento spaziale tardivo.

Il dettaglio delle procedure e degli esiti sperimentali, per i quali si rimanda alla lettura integrale dell’articolo, mostra con notevole evidenza che i processi di apprendimento per tentativo ed errore nel contesto di un comportamento di esplorazione valutativa guidata da uno scopo, in topi non impiegati in precedenza, implica una sequenza stereotipata di sotto-compiti sempre più precisi, appresi attraverso l’attività di distinte suddivisioni di territori funzionali dell’ippocampo.

Infine, gli autori del lavoro ipotizzano che l’ippocampo ventrale, in virtù dei suoi particolari schemi di connessione, possa svolgere un ruolo di raccordo fra scopi specifici dell’animale e stati interni del cervello nel corso dell’apprendimento, sia in condizioni normali che patologiche.

 

L’autrice della nota ringrazia il prof. Perrella con il quale ha discusso l’argomento trattato, e invita alla lettura delle recensioni di lavori di argomento connesso che compaiono nelle “Note e Notizie” (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA” del sito).

 

Nicole Cardon

BM&L-06 ottobre 2012

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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