Un nuovo modello spiega come si inizia un movimento
DIANE RICHMOND
NOTE
E NOTIZIE - Anno X – 22 settembre 2012.
Testi pubblicati sul sito
www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind
& Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a
fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta
settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in
corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli
oggetti di studio dei soci componenti lo staff
dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo:
RECENSIONE]
La genesi del movimento è sempre fra gli argomenti più affascinanti della fisiologia animale e, anche se molto si è accertato e compreso dei meccanismi che danno luogo ai movimenti automatici, molto ancora c’è da indagare sui rapporti fra intenzionalità e fenomeni biologici che determinano il momento esatto in cui un’azione sarà compiuta. In particolare, un campo che è stato oggetto di numerosi studi, condotti con metodiche di rilevazione elettrofunzionale, è quello relativo ai processi necessari alla genesi dei movimenti volontari auto-avviati.
Un graduale accumulo di attività neuronica conosciuto come RP (readiness potential) precede con affidabile precisione i movimenti volontari iniziati autonomamente da un soggetto, nel tempo medio fissato per l’insorgenza del movimento. Si ritiene che questo accumulo rifletta gli stadi finali dei processi cerebrali di pianificazione e preparazione degli atti motori.
Aaron
Schurger, Jacobo D. Sitt e Stanislas Dehaene propongono una diversa
interpretazione del significato dello sviluppo di questa attività neuronica che
precede il movimento, attraverso la realizzazione di un modello di notevole
interesse (Schurger A., et al. An
accumulator model for spontaneous neural activity prior to self-initiated
movement. Proceedings of the
National Academy of Science USA [Published online ahead
of print doi:10.1073/pnas.1210467109], 2012).
I tre ricercatori fanno capo ai seguenti istituti: Cognitive Neuroimaging Unit, Institut National de la Santé et de la Recherche Médicale (INSERM) et Direction des Sciences du Vivant, NeuroSpin Center, Gif sur Yvette (Francia); Université Paris 6, Faculté de Médecine Pitié-Salpetriere (Parigi, Francia); Unité Mixte de Recherche S 975, INSERM, Institut du Cerveau et de la Moelle Epiniére (ICM) Research Center (Parigi, Francia); Université Paris-Sud 11, 91405 (Orsay, Francia); Collège de Francia (Parigi, Francia).
Di passaggio, ricordiamo che Stanislas Dehaene, matematico poi divenuto ricercatore nel campo delle neuroscienze, ha condotto studi, anche di tipo comparato, su processi psichici basati su una ipotetica funzione di accumulatore, quali la stima di numerosità che prescinde dalla facoltà di contare, tipica degli animali e dei bambini in età prescolare.
Per creare un modello della decisione neurale relativa al “quando” muoversi, in una prova senza alcuna indicazione temporale, ma con un imperativo generale di produrre un movimento dopo un non ben definito intervallo dell’ordine di alcuni secondi, i tre ricercatori hanno impiegato un accumulatore stocastico[1].
Secondo il modello creato da Dehaene e colleghi, quando l’imperativo di produrre un movimento è debole, il preciso momento al quale la soglia della decisione è superata, con la conseguente esecuzione dell’atto motorio, è largamente determinato da spontanee fluttuazioni sotto-soglia dell’attività neuronica. L’intervallo temporale definito per l’insorgere del movimento assicura che queste fluttuazioni appaiano in media come un incremento graduale esponenziale dell’attività dei neuroni implicati.
Il nuovo modello rende conto dei dati comportamentali ed elettroencefalografici osservati e rilevati dai soggetti volontari che eseguivano la prova sperimentale, e consente anche di fare una specifica previsione: risposte rapide ad interruzioni temporanee imprevedibili dovrebbero essere precedute da una lenta deflessione di voltaggio negativo, con inizio ben precedente l’interruzione stessa, anche quando il soggetto non si sta preparando a muoversi in quel particolare momento. Tale previsione ha trovato conferma in un secondo esperimento elettroencefalografico.
Se le verifiche di ulteriori studi confermeranno l’attendibilità del modello, e perciò la validità dell’ipotesi, tutte le teorie interpretative delle basi fisiologiche dei movimenti autonomamente avviati dovranno tener conto dell’elevata probabilità dell’esistenza di un meccanismo ad accumulo stocastico.
L’autrice della nota ringrazia la
dottoressa Floriani per la correzione della bozza, e invita alla lettura delle
recensioni di lavori di argomento connesso che compaiono nelle “Note e Notizie”
(utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA” del sito).
[1] Ricordiamo che, in teoria della probabilità, un processo stocastico o aleatorio esprime in chiave probabilistica il concetto di sistema dinamico. In pratica, corrisponde ad una famiglia di variabili aleatorie dipendenti dal tempo, individuate su un unico spazio campione finito ed assumenti valori in un insieme definito “spazio degli stati del processo”. Un processo stocastico può perciò considerarsi come un insieme di funzioni che evolvono nel tempo, ognuna delle quali è associata ad un elemento dello spazio campione, così che il risultato di un esperimento casuale corrisponde di fatto all’estrazione di una di queste funzioni.