Viaggio nel DSM 5: interessanti cambiamenti, nuovi errori e vecchi limiti

 

 

GIUSEPPE PERRELLA

(a cura di Giovanna Rezzoni)

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno X – 22 settembre 2012.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: AGGIORNAMENTO]

 

Premessa. Venerdì 22 giugno 2012, in occasione dell’incontro dei gruppi di studio strutturali con la Commissione Scientifica della Società Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia, il presidente, Giuseppe Perrella, ha tenuto una relazione di presentazione della nuova edizione dell’ormai celebre manuale diagnostico e statistico realizzato per conto della maggiore associazione di psichiatri statunitensi. Giovanna Rezzoni ha registrato la relazione ed ha collaborato con l’autore per l’editing finale del testo che sarà proposto in parti pubblicate settimanalmente.

 

(Quarta Parte)

 

E’ auspicabile che la richiesta di definire il grado di espressione delle manifestazioni cliniche, induca anche gli psichiatri che hanno ridotto la propria pratica ad una prescrizione reiterata di farmaci dopo una singola fase diagnostica, a seguire i propri pazienti monitorando costantemente le variazioni quantitative e qualitative dei sintomi. In proposito, mi piace ricordare l’efficacia psicologica del rilievo dei miglioramenti: condividere con il paziente l’esito di una valutazione oggettiva che indichi il passaggio di una stima da “grave” a “lieve”, può costituire una fonte straordinaria di motivazione a cooperare con il terapeuta e ad adottare le misure più idonee per ottenere l’estinzione del sintomo.

Anche se dal mio punto di vista la stima di gravità è da considerarsi una delle più importanti novità positive introdotte dal DSM-5, devo riferire che molti medici americani, soprattutto fra coloro che svolgono la professione in un ruolo corrispondente a quello dei nostri medici di famiglia, hanno manifestato preoccupazioni per alcune conseguenze che potrebbero derivarne.

In particolare, si teme che la definizione dei livelli di gravità possa rappresentare all’esterno un’indicazione del grado di importanza o rilevanza per la terapia: ad esempio, la combinazione dell’abolizione del disturbo di Asperger e l’obbligo della definizione di gravità dei sintomi del disturbo autistico, potrebbe comportare che gli affetti da questa sindrome siano classificati come autistici lievi per i quali non è necessario un trattamento. Più specificamente, alcuni medici temono che le compagnie di assicurazione sanitaria possano approfittare a proprio vantaggio delle stime di gravità e non sostenere più le spese per i pazienti affetti da forme non gravi o che presentino una parziale remissione dei sintomi. E’ stato addirittura prospettato il rischio che le compagnie assicurative definiscano precisi livelli di gravità basati sul DSM-5 perché si possa accedere al rimborso delle spese, ad esempio, per un trattamento farmacologico in pazienti affetti da depressione o per un trattamento riabilitativo in bambini con disturbi dello sviluppo.

Personalmente ritengo che gli psichiatri statunitensi non debbano rinunciare ad un miglioramento della media dell’esercizio clinico come è attualmente condotto nel loro paese, solo per il timore di un atteggiamento eccessivamente fiscale o addirittura scorretto delle maggiori società che lucrano sulla tutela assicurativa della salute. L’APA potrebbe fin d’ora, e comunque prima della pubblicazione del manuale, adottare misure preventive, realizzando documenti ufficiali che illustrino nel dettaglio scientifico e clinico le ragioni a sostegno della conservazione dei criteri attualmente impiegati per la copertura degli oneri da prestazioni di diagnosi e cura.

Esaurita questa parte dedicata alle modifiche volte alla correzione dei principali limiti di impostazione del DSM rilevati dalla Commissione, passiamo alla considerazione di alcune forme di disturbo mentale introdotte nella nuova edizione. Secondo la denominazione originale in lingua inglese sono il Gambling Disorder, il Binge Eating Disorder, l’Hypersexual Disorder e l’Absexual Disorder.

Gambling Disorder. La nosografizzazione di un disturbo da gioco d’azzardo è stata giustificata soprattutto sulla base di studi condotti nell’ultimo decennio, che hanno evidenziato molte analogie fra la dipendenza da sostanze psicotrope d’abuso e quella da giochi associati a rischio economico nei casi di compulsione incoercibile. Ad esempio, studi condotti con metodiche di neuroimmagine funzionale, hanno dimostrato che il cervello di giocatori d’azzardo patologici risponde in maniera simile a quello delle persone dipendenti da droghe in presenza dello stimolo evocatore, che nel primo caso rappresenta o ricorda la posta in palio e, nel secondo, la sostanza assunta. La risposta consiste in una notevole attivazione del circuito a ricompensa includente l’area tegmentale ventrale (VTA); gli stessi stimoli non causano nulla di simile nei giocatori non abituali e negli assuntori sporadici di sostanze psicotrope. Come nelle tossicodipendenze da eroina, cocaina, alcool, e così via, sembrano essere efficaci strategie terapeutiche che sfruttino il condizionamento esistenziale, quali trattamenti in comunità, in gruppi, in cliniche con specifici programmi che impegnano ed occupano le risorse mentali e il tempo vissuto, favorendo la progressiva riduzione della compulsione.

L’introduzione di questa categoria e, in parte, anche quella del disturbo compulsivo dell’alimentazione o Binge Eating Disorder, potrebbe portare a banalizzare la fisiopatologia delle tossicodipendenze: ferme restando le somiglianze, infatti, non si deve correre il rischio di sottovalutare le differenze. In particolare, nell’abuso di sostanze, si deve tener conto della presenza di un problema medico-tossicologico assente nella tendenza compulsiva al gioco d’azzardo: nel caso della dipendenza da sostanze chimiche che risultano tossiche alle dosi efficaci (tossico-dipendenza); dosi peraltro frequentemente ripetute ed accresciute per indurre lo stesso effetto di piacere (abitudine = necessità di aumentare la dose per ottenere lo stesso effetto), si deve tener conto delle lesioni dirette e dose-dipendenti al cervello e ad altri organi e sistemi.

Binge Eating Disorder. Per soddisfare l’esigenza di definire nel modo più generale e “scientifico” possibile questo disturbo, gli autori della nuova edizione hanno proposto criteri comportamentali che appaiono alquanto vaghi: consumare una quantità di cibo definitamente maggiore di quella che la maggior parte delle persone avrebbe assunto in un simile periodo di tempo nelle stesse circostanze; mancare di controllo su cosa, quanto e quanto rapidamente si mangia.

Hypersexual Disorder. Vediamo in base a quali criteri si diagnostica l’ipersessualità: avere desideri sessuali insolitamente intensi per almeno sei mesi (non è dato sapere su quale base siano indicati i 6 mesi come discrimine fra normale e patologico, ma il DSM ci ha abituato all’indicazione di simili limiti temporali precisi, su basi totalmente arbitrarie) o trascorrere un tempo eccessivo in rapporti sessuali procurati per reazione allo stress o alla noia, senza riguardo per danni fisici o emotivi a se stesso o agli altri, e a dispetto del fatto che questa attività sessuale interferisca con la vita sociale e con il lavoro.

Ancor più del “disturbo” precedente, che fa di un sintomo una malattia, sembra si sia voluto circoscrivere un ambito esclusivamente psicologico, in una realtà che nella maggior parte dei pazienti sottoposti ad accurato studio clinico ha rivelato un sostrato endocrinologico e neurologico non trascurabile. Specificamente, in questo caso, mi sembra che i requisiti diagnostici descrivano più una condotta intemperante e socialmente condannabile, che una malattia mentale.

Absexual Disorder. La diagnosi si formula su questa base: sentirsi eccitati allontanandosi dalla sessualità o comportarsi come se moralisticamente opposti alle esperienze sessuali.

Il commento a questa nuova categoria diagnostica che Betty Dodson, docente di educazione sessuale, ha rilasciato al giornale canadese Xtra!West è molto eloquente: “gente che ha smesso di lamentarsi del sesso e prova a censurare il porno”.

Non è necessario dilungarsi in commenti critici per spiegare i motivi della ferma opposizione di molti psichiatri all’introduzione di queste nuove categorie. Voglio solo rilevare che questo modo di formulare le sindromi rende evidente un vecchio difetto ancora presente nel DSM: la mancanza di rapporto delle liste di criteri e sintomi con una cultura psicopatologica e medica. Ad esempio, l’ipersessualità, che può essere causata da patologia endocrina e lesioni cerebrali, esiste in medicina interna come sintomo di diversi processi eziopatogenetici che, anche nei casi in cui le dinamiche psicologiche abbiano avuto un ruolo preponderante nell’amplificazione e nel consolidamento delle condotte attraverso l’attivazione dei sistemi a ricompensa, possono aver determinato l’avvio della condizione e possono influenzare la prognosi in maniera decisiva. Pertanto, è buona norma considerarla un sintomo secondario fino a prova del contrario.

 

[continua]

 

Giuseppe Perrella

(a cura di Giovanna Rezzoni)

BM&L-22 settembre 2012

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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