Viaggio nel DSM 5: interessanti cambiamenti, nuovi errori e vecchi limiti

 

 

GIUSEPPE PERRELLA

(a cura di Giovanna Rezzoni)

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno X – 07 luglio 2012.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: AGGIORNAMENTO]

 

Premessa. Venerdì 22 giugno 2012, in occasione dell’incontro dei gruppi di studio strutturali con la Commissione Scientifica della Società Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia, il presidente, Giuseppe Perrella, ha tenuto una relazione di presentazione della nuova edizione dell’ormai celebre manuale diagnostico e statistico realizzato per conto della maggiore associazione di psichiatri statunitensi. Giovanna Rezzoni ha registrato la relazione ed ha collaborato con l’autore per l’editing finale del testo che sarà proposto in parti pubblicate settimanalmente.

 

(Seconda Parte)

 

Nel DSM III pubblicato nel 1980, e così nel IV e nel IV-TR, i criteri per la diagnosi sono indicati in ordine di importanza e contrassegnati dalle lettere dell’alfabeto (A, B, C, D, E…), costituendo di fatto una checklist che la maggior parte degli psichiatri statunitensi ha impiegato come strumento necessario e sufficiente per porre la diagnosi. Un cambiamento radicale: nelle prime due edizioni vi erano dei paragrafi descrittivi delle sindromi, il cui scopo principale era quello di intendersi con psichiatri di diversa formazione sull’ambito nosografico indicato dalla denominazione seguita da un numero; si voleva ottenere un’unificazione terminologica per poter confrontare i dati ed elaborare studi statistici internazionali. Gli autori delle prime edizioni non intendevano certo insegnare la clinica psichiatrica o proporsi come “legislatori della nosografia in psichiatria”. D’altra parte, se si pensa all’esperimento di Rosenhan in cui persone che fingevano di sentire una voce come unico sintomo erano state diagnosticate di schizofrenia, si deve rilevare che dalla terza edizione del manuale non sarebbe stato più possibile: solo nel criterio A, necessario per formulare la diagnosi di schizofrenia, sono riassunte le cinque categorie sintomatologiche classiche (con segni e sintomi positivi e negativi) con il delirio al primo posto dell’elenco.

Con i suoi pregi e i suoi difetti, il manuale è rimasto pressoché immutato nella sua concezione e nella sua struttura fino a questa quinta edizione, che presenta il primo mutamento sostanziale dopo oltre trent’anni.

 

Viaggio nel DSM-5. Comincerei dal cambiamento meno importante, ma immediatamente evidente: scompare l’indicazione ordinale con i numeri romani, perché l’APA intende da questa edizione proporre il manuale, oltre che in stampa cartacea, in un documento elettronico da sottoporre a frequenti revisioni e aggiornamenti che daranno luogo alle versioni 5.1, 5.2, 5.3, e così via, nello stile dei numerosi prodotti costantemente aggiornati che impieghiamo sui nostri computer.

Proseguirei, se siete d’accordo, rilevando e commentando i cambiamenti immediatamente evidenti, dopodiché ripercorrerò le tappe principali del cammino che ha portato alle nuove scelte e, successivamente, proporrò qualche approfondimento e breve discussione su alcuni aspetti che mi sembrano rilevanti.

Mi ha colpito la scelta di ripartire il contenuto del volume per fasce di età, cominciando dai disturbi che più spesso appaiono nell’infanzia e proseguendo fino all’età avanzata (0-9, 10-19, 20-39, 40+), perché questa suddivisione, peraltro logica soprattutto in quanto conforme a un criterio sempre impiegato negli studi epidemiologico-statistici per i quali il manuale era stato inizialmente concepito, non era mai stata adottata in precedenza. Nel DSM-IV-TR il primo capitolo, intitolato “Disturbi solitamente diagnosticati per la prima volta nell’infanzia, nella fanciullezza e nell’adolescenza”, distingueva il campo della psichiatria dello sviluppo da quella dell’adulto, che costituiva l’oggetto principale del manuale. La ripartizione per fasce d’età potrebbe suggerire al clinico l’applicazione di un saggio principio della semeiotica psichiatrica classica: una grande attenzione anamnestica per i disturbi più frequentemente presenti in quel periodo della vita, anche quando i sintomi emergenti o le diagnosi pregresse potrebbero indurre a trascurare altri approfondimenti.

Ma una novità veramente significativa riguarda il tentativo di superare uno dei maggiori limiti di questo strumento diagnostico, ossia l’assenza di una valutazione di gravità dei sintomi.

Ricordo che, già durante la mia formazione in psichiatria, ero estremamente severo con questo difetto del manuale, perché nelle procedure logico-metodologiche che impiegavo in quel processo continuo e dinamico di conoscenza del paziente, la stima di gravità e l’apprezzamento delle variazioni di intensità, tipologia e frequenza dei sintomi, costituivano un caposaldo della valutazione diacronica del paziente. Infatti, dopo il primo inquadramento diagnostico e nel tempo, per monitorare l’evoluzione del disturbo e l’efficacia della terapia impiegata, la ripetuta verifica della gravità dei sintomi costituiva uno strumento prezioso e irrinunciabile. Personalmente, acquisivo utili elementi prognostici, una volta valutata l’entità delle singole manifestazioni soggettive ed obiettive, dallo studio del rapporto fra la gravità di ciascun sintomo e quella complessiva del paziente.

Il DSM-5 ha introdotto delle linee guida per la valutazione del livello di gravità dei sintomi allo scopo di rendere le diagnosi più precise e fornire un mezzo per seguire l’andamento clinico, verificando i miglioramenti spontanei o indotti dalle terapie.

Naturalmente, si può osservare che la buona pratica della clinica psichiatrica ha sempre previsto questo genere di valutazioni, e che i professionisti preparati ed esperti non sono rimasti certo ad attendere il DSM-5 per provvedervi. Tuttavia, credo si debba accogliere positivamente l’introduzione delle linee-guida per la valutazione di gravità, soprattutto in ragione del fatto che in molte realtà in cui il DSM costituisce un riferimento quasi esclusivo per la pratica diagnostica, si è rinunciato ad impiegare la stima dell’entità dei sintomi.

Scorrendo l’indice e il contenuto del volume, salta agli occhi che alcune diagnosi sono scomparse, come quella di disturbo di Asperger, e ne sono apparse di nuove, come quelle di binge eating e addiction to gambling, la cui definizione darà luogo sicuramente a discussioni e dibattiti.

Il campo delle psicosi, quello che un tempo si definiva “grossa psichiatria” in contrapposizione con la “piccola psichiatria” che riguardava le nevrosi e varie manifestazioni sintomatologiche temporanee e facilmente reversibili, ha subito il primo cambiamento significativo in questa edizione.

Come è noto, la nosografia classica delle psicosi si è basata sull’individuazione e la descrizione di quadri sintomatologici tipici, transculturali e fortemente caratterizzanti i pazienti, come categorie emblematiche, ciascuna delle quali si riteneva fosse espressione di uno specifico e distinto processo patologico. In questa ottica era importante distinguere uno schizofrenico paranoide, con allucinazioni e compromissione cognitiva, da un paranoico o da un parafrenico che potevano condividere la tipologia dei deliri di riferimento con lo schizofrenico, ma in un contesto cognitivo pressoché integro in cui potevano prevalere i sentimenti di superiorità (paranoico) o sintomi quale la convinzione di essere amato da donne famose (erotomania del parafrenico).

Già all’epoca della redazione della terza edizione del manuale si era compreso che quel criterio di classificazione, pur basandosi su una “rappresentatività tipologica” innegabile e clinicamente coerente con un gran numero di osservazioni raccolte secondo quella tassonomia, non aveva corrispondenza in una gamma di processi patologici specifici per ciascun quadro e riconoscibili a partire dai sintomi come nella diagnostica internistica. Tuttavia, i redattori del DSM avevano preferito soluzioni di compromesso, conservando in parte le definizioni del passato, in qualche caso modificandole lievemente e, nei casi di diagnosi mai o raramente poste nei servizi di psichiatria che costituivano il loro riferimento, giungendo ad eliminare la voce nosografica.

 Rotti gli indugi, si è abbandonato il criterio del compromesso e, sia pure non rifacendosi direttamente a nuove ipotesi e concezioni ma impiegando delle giustificazioni basate su osservazioni cliniche, sono state eliminate le categorie precedenti. Non ci sarà più la classificazione della schizofrenia in tipo paranoide, tipo disorganizzato, tipo catatonico, tipo indifferenziato, tipo residuo. La catatonia, ad esempio, definita come immobilità motoria di origine psichica e non secondo i criteri nosografici classici, è stata riscontrata in casi di depressione, disturbo bipolare e disturbo post-traumatico da stress. Inoltre, non sembra rispondere al trattamento con farmaci antipsicotici. Sulla base di queste considerazioni cliniche, si è ritenuto che non abbia più senso considerare come un tipo di schizofrenia un quadro sintomatologico psicotico in cui compaia questo sintomo.

Scompare il disturbo psicotico condiviso, una categoria veramente artificiosa, creata in passato dalla commissione del DSM sul modello della “Folie à Deux” introdotta da Laséque e Falret nel 1877, ma basata sull’equivoco secondo cui la condivisione di un contenuto ideativo delirante da parte di una persona influenzabile, equivarrebbe alla produzione del delirio stesso per effetto di un sostrato neurofunzionale patologico.

Le nuove forme di psicosi introdotte nel DSM-5, come la attenuated psychosis syndrome e il disruptive mood dysregulation disorder, per la loro scarsa consistenza, susciteranno obiezioni da parte di molti psichiatri, ed è facile prevedere che si svilupperanno accesi dibattiti, perché sembra che queste categorie siano espressione di un piano di “prevenzione farmacologica” nell’infanzia e nell’adolescenza della schizofrenia e del disturbo bipolare: un orientamento quanto meno discutibile che porterebbe nelle casse delle case farmaceutiche proventi da capogiro.

Rinviando il commento e proseguendo nello sguardo complessivo al volume, si nota un cambiamento nei disturbi di personalità - categoria sempre molto criticata per il modo in cui è stata costruita nel DSM - con l’eliminazione di alcune diagnosi. In particolare, scompaiono il disturbo istrionico di personalità, il disturbo schizoide di personalità, il disturbo paranoide di personalità e il disturbo da personalità dipendente. Rimangono, invece, i disturbi da personalità narcisistica, antisociale, evitante, borderline, ossessivo-compulsiva e schizotipica.

Esaurito questo sguardo generale alle novità del manuale, vorrei brevemente ricordare come nasce e si sviluppa il lavoro che porterà alla pubblicazione del DSM-5.

Alla fine del secondo millennio, i rapidi progressi nel campo delle neuroscienze, che da un canto avevano definitivamente archiviato la contrapposizione fra organicismo e psicologismo in psichiatria e dall’altra avevano evidenziato limiti ed errori nei presupposti razionali della psicofarmacoterapia di molti disturbi, avevano facilitato la nascita della psichiatria molecolare che, insieme con lo studio dei pazienti psichiatrici mediante neuroimaging e metodi impiegati in neuropsicologia, stava consolidando un modo più scientifico di approcciare lo studio dell’eziopatogenesi dei disturbi mentali. Con l’esaurirsi del credito concesso per oltre mezzo secolo alle teorie psicodinamiche, si andava delineando una condizione di crisi profonda del fondamento culturale di gran parte della psichiatria del Novecento. In questa temperie, pur nella consapevolezza di attraversare un periodo di transizione, si avvertiva l’esigenza di ricostruire su nuove basi la stessa medicalizzazione dei disturbi mentali, e il DSM-IV-TR a molti appariva anacronistico, oltre che inadeguato per la sua impostazione di fondo che intendeva la diagnosi non come un processo di conoscenza di uno stato patologico, attraverso lo studio di sintomi e segni, ma come un’operazione di classificazione necessaria ad un abbinamento terapeutico predefinito.

Nel 1999 l’APA e l’NIMH (National Institutes of Mental Health) sponsorizzarono un incontro per avviare la pianificazione del lavoro. Seguirono 13 conferenze, per effetto delle quali commissioni di psichiatri e psicologi elaborarono decine di testi, tipo “libro bianco”, che contenevano indicazioni su come correggere ed aggiornare il manuale.

Nel 2006 l’APA incaricò David Kupfer, esperto di psicologia clinica, di presiedere, affiancato da Regier in qualità di vice-presidente, una commissione di 27 ricercatori incaricati di effettuare un approfondito esame delle pubblicazioni scientifiche recenti, dal quale trarre materia per la nuova edizione. La commissione avviò subito anche un esame critico del DSM-IV-TR sulla base delle opinioni di chi ne aveva conoscenza approfondita per il suo quotidiano uso nella pratica clinica.

Prima di riferire circa l’esito di questo esame, mi piace ricordare che molti psichiatri, in tutto il mondo, avevano criticato aspramente l’APA per le precedenti revisioni, in quanto il processo che aveva portato alle modifiche non era stato trasparente e le opinioni dei revisori non erano state poste al vaglio della comunità medico-scientifica. Per superare questo limite, nel 2010, l’associazione degli psichiatri americani ha proposto sul suo sito web una prima bozza del futuro manuale. Lo straordinario interesse suscitato dall’iniziativa è testimoniato dalle cifre: 50 milioni di contatti provenienti da circa 500.000 fonti diverse, con più di 10.000 commenti, in massima parte critici.

 

[continua]

 

Giuseppe Perrella

(a cura di Giovanna Rezzoni)

BM&L-07 luglio 2012

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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