Come la distanza dei suoni è percepita dalla corteccia

 

 

GIOVANNI ROSSI

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno X – 23 giugno 2012.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Lo studio delle basi neurali della percezione acustica è, per molti aspetti, più difficile di quello della percezione visiva. Il concetto stesso di oggetto acustico è in sé più problematico di quello di oggetto visivo. Già al livello dello stimolo è evidente la maggiore difficoltà nell’esaminare e definire la forma delle onde di pressione sonora che entrano nella coclea, rispetto alle frequenze luminose che trasmettono alla retina forma e colore di un oggetto. Poi, se si considera che gli oggetti percettivi sono studiati sulla base dell’ipotesi che generino rappresentazioni o immagini mentali durante l’elaborazione di senso dei dati, si comprende quanto sia più semplice e intuitivo concepire l’immagine mentale di un oggetto visto contro una scena, quale un albero, un animale o un monte immersi in un paesaggio, rispetto ad un suono su uno sfondo di stimoli acustici. Infatti, l’idea di “oggetto uditivo”, che fu proposta per la prima volta nel 2001 da Kubovy e Van Valkenburg come una regione discreta dello spazio di frequenza temporale con precisi confini rispetto alla scena sonora, è un’evidente analogia con l’esperienza visiva.

Vi è tuttavia un aspetto della percezione acustica che, pure essendo nella nostra mente strettamente collegato alla conoscenza visiva della realtà esterna, è stato indagato indipendentemente e con successo fin dagli albori degli studi di psicofisiologia dell’udito: la localizzazione spaziale dei suoni. Basandosi sulla definizione di alcuni principi di fisiologia acustica in rapporto con la fisica del suono, in questo campo sono stati compiuti notevoli progressi soprattutto nello sviluppo di sistemi tecnologici in grado di simulare gli effetti di distanza.

Ma i meccanismi neuronici che consentono il riconoscimento della distanza acustica sono ancora poco conosciuti, soprattutto perché è difficile distinguere nell’elaborazione cerebrale i contributi rispettivi dell’intensità dello stimolo e della lontananza materiale della membrana timpanica dalla fonte di onde di rarefazione e compressione di particelle.

In condizioni tipiche ed ordinarie di esperienza, l’intensità ricevuta cresce con l’avvicinarsi della fonte sonora al nostro apparato acustico, ossia orecchio esterno, medio e coclea. Possiamo facilmente sottoporre a verifica questo effetto, avvicinandoci ed allontanandoci da una fonte di emissione sonora tenuta costante nei suoi parametri fisici. E’ tuttavia esperienza comune, la nostra capacità di distinguere suoni lievi, flebili, deboli, di basso volume, ma a noi prossimi, da suoni intensi, esplosivi, forti, di alto volume, prodotti a distanza. Tale abilità testimonia l’esistenza di processi di decodifica che si basano su tracce fisiche dello stimolo indipendenti dall’intensità. In altri termini, esiste una via neuronica di elaborazione della distanza della fonte acustica indipendente dall’intensità.

Norbert Kopčo e colleghi hanno combinato esperimenti comportamentali con rilievi mediante tomografia in risonanza magnetica funzionale (fMRI) e analisi computazionale, per identificare la rappresentazione neurale della distanza indipendente dall’intensità: il lavoro ha prodotto un risultato degno di nota (Kopčo N., et al. Neuronal representations of distance in human auditory cortex. Proceedings of the National Academy of Science USA [Epub ahead of print doi:10.1073/pnas.1119496109], 2012).

La provenienza istituzionale degli autori dello studio è la seguente: Athinoula A. Martinos Center for Biomedical Imaging, Department of Radiology, Harvard Medical School/Massachusetts General Hospital, Charlestown, (MA, USA); Institute of Computer Science, P. J. Šafarik University, Košice (Slovakia); Hearing Research Center, Boston University, Boston (MA, USA); Harvard-MIT Division of Health Sciences and Techonology, Cambridge (MA, USA).

In un ambiente virtuale riverberante, gli autori hanno simulato fonti sonore a varie distanze (dai 15 cm ad un metro) lungo l’asse interauricolare del lato destro. L’analisi acustica suggerisce che fra le tracce di profondità indipendente dall’intensità disponibili per questi stimoli, la D/R (ratio direct-to-reverberant) è più affidabile e robusta del livello di differenza fra i due orecchi (ILD).

Sulla base dei risultati comportamentali ottenuti dai ricercatori, le prestazioni di discriminazione dei volontari che si sono sottoposti all’esperimento sono apparse più coerenti con rappresentazioni della distanza complesse ed indipendenti dall’intensità, che con rappresentazioni di D/R o ILD prese individualmente.

Ma i dati più significativi sono emersi dallo studio dei rilievi delle risposte fisiologiche dell’encefalo nelle incidenze tomografiche di fMRI.

La comparazione dei quadri di attivazione per suoni varianti nel parametro distanza (contenenti tutte le tracce degli stimoli, inclusa l’intensità) con quelli ottenuti per esposizione a suoni varianti solo rispetto al parametro intensità, ha rivelato per i primi un’accresciuta dimensione dei processi nel planum temporale e nella circonvoluzione temporale postero-superiore controlaterale alla direzione della stimolazione.

Il complesso dei dati, ma in particolare i reperti fMRI, suggeriscono che i neuroni delle cortecce uditive posteriori non primarie (diverse dall’area acustica primaria corrispondente all’area 41 di Brodmann sita sulla prima circonvoluzione temporale) nelle regioni che elaborano gli elementi spaziali della percezione acustica o in aree prossime a tali regioni, sono sensibili alle proprietà intensità-indipendenti dei suoni, rilevanti per la percezione e la valutazione della distanza delle fonti sonore.

 

L’autore della nota ringrazia la professoressa Diane Richmond, con la quale ha discusso l’argomento trattato, e invita alla lettura delle recensioni di lavori di argomento connesso che compaiono nelle “Note e Notizie” (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA” del sito).

 

Giovanni Rossi

BM&L-23 giugno 2012

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

_____________________________________________________________________________________________________________________

 

La Società Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia, affiliata alla International Society of Neuroscience, è registrata presso l’Agenzia delle Entrate di Firenze, Ufficio Firenze 1, in data 16 gennaio 2003 con codice fiscale 94098840484, come organizzazione scientifica e culturale non-profit.