Come agisce la DBS nel disturbo ossessivo-compulsivo

 

 

DIANE RICHMOND & GIOVANNA REZZONI

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno X – 19 maggio 2012.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

La stimolazione profonda del cervello (DBS, da deep brain stimulation), una tecnica di trattamento che implica una procedura chirurgica e si basa sull’interferenza con l’attività neurale, è stata approvata dalla FDA nel 1997 per il trattamento del tremore essenziale, nel 2002 per la malattia di Parkinson e l’anno successivo per la distonia. Dopo la prima approvazione, la DBS è stata sperimentata ed impiegata in varie altre affezioni neurologiche, come il dolore cronico e la cefalea a grappolo, e in disturbi psichiatrici, fra i quali la depressione maggiore, la sindrome di Tourette e il disturbo ossessivo-compulsivo (OCD, da obsessive-compulsive disorder, F42.8 del DSM-IV-TR). Nel trattamento dell’OCD, in particolare, sono stati riportati esiti positivi che hanno incoraggiato la sperimentazione clinica in molti centri, anche in assenza di un’approvazione per questa specifica indicazione. In casi di OCD intrattabile, ossia caratterizzato da assenza di riduzione o remissione dei sintomi spontanea o indotta da terapia, è stata impiegata con successo la stimolazione dell’area della capsula ventrale e dello striato ventrale (VC/VS), pur non conoscendo il meccanismo mediante il quale l’erogazione di impulsi ottiene gli effetti desiderati. Rodriguez-Romaguera, Do Monte e Quirk dei Dipartimenti di Psichiatria, Anatomia e Neurobiologia della Facoltà di Medicina dell’Università di Porto Rico a San Juan, hanno provato ad identificare i sistemi neurali e i processi implicati nell’effetto terapeutico in uno studio sui ratti (Rodriguez-Romaguera J., et al. Deep brain stimulation of the ventral striatum enhances extinction of conditioned fear. Proceedings of the National Academy of Science USA [Epub ahead of print doi:10.1073/pnas.1200782109], 2012).

I tre ricercatori, il cui lavoro è stato edito da Bruce S. McEwen della Rockefeller University di NewYork, hanno osservato che l’OCD è caratterizzato da comportamenti di evitamento che non vanno incontro a fisiologica estinzione, ed hanno ipotizzato che la DBS potrebbe agire, almeno in parte, facilitando l’estinzione della paura. Hanno perciò deciso di verificare sperimentalmente questa possibilità adoperando il paradigma della paura uditiva condizionata nel ratto, animale i cui circuiti per l’estinzione della paura sono bene caratterizzati. A questo scopo hanno impiegato la stimolazione della porzione ventrale della regione dello striato, omologa nei roditori della VC/VS.

L’applicazione della DBS durante il training per l’estinzione della paura ha prodotto una evidente riduzione delle manifestazioni dovute all’espressione dell’emozione negativa e rafforzato la memoria che riflette la perdita del condizionamento.

La facilitazione dell’estinzione è stata osservata per una specifica zona dorsomediale dello striato ventrale, subito sopra la commessura anteriore. La stimolazione di più siti ventrolaterali della porzione ventrale dell’area striata ha compromesso l’estinzione.

I ricercatori hanno sperimentato l’inattivazione farmacologica delle aree sottoposte a stimolazione elettrica, per cercare di individuare i circuiti implicati secondo un criterio legato al sistema molecolare di segnalazione e all’area anatomica di appartenenza. L’inattivazione della VS, sia dorsomediale sia ventrolaterale, non riusciva ad ottenere un effetto paragonabile a quello della DBS, suggerendo l’esistenza di un meccanismo extrastriatale.

Su questa base, i tre ricercatori di Porto Rico hanno cercato e trovato indici della partecipazione di numerosi altri sistemi neuronici. La DBS della parte dorsomediale della VS, ma non di quella ventrolaterale, ha accresciuto l’espressione di un marker di plasticità nella corteccia prefrontale infralimbica e prelimbica, nella corteccia orbitofrontale, nel nucleo centrale dell’amigdala (divisione laterale) e in cellule nervose intercalate. In precedenti ricerche, tutte queste aree sono state implicate nell’apprendimento e nell’espressione dell’estinzione.

Dal complesso dei dati emersi dalla sperimentazione, gli autori del lavoro concludono che la facilitazione dell’estinzione della paura prodotta dalla DBS possa integrare l’intervento psicoterapeutico nell’OCD.

In conclusione, proponiamo alcuni dubbi sulle tesi di fondo di questo studio e qualche considerazione sulla DBS.

I comportamenti di evitamento, che pur essendo presenti non costituiscono un aspetto caratterizzante della sintomatologia che si osserva nella clinica del disturbo ossessivo-compulsivo, sono stati assimilati ad una risposta condizionata da paura, impiegando di fatto un modello animale che ci sembra più adatto a simulare il funzionamento di una sindrome fobica o di un disturbo d’ansia conseguente allo stress dell’evento che ha indotto la paura, che quello delle compulsioni. Ricordiamo che nella realtà del disturbo umano i sintomi più rilevanti e caratterizzanti sono dati dalle ossessioni in forma di pensieri, immagini e impulsi intrusivi, ricorrenti e persistenti, e dalle compulsioni costituite soprattutto da comportamenti ripetitivi e atti mentali che la persona si sente obbligata a compiere in risposta ad un’ossessione e, frequentemente, secondo regole da osservare rigidamente. Il difficile studio dell’endofenotipo ossessivo ha portato a concepire modelli animali di predisposizione basati su alterazioni morfo-funzionali, come quelle delle sinapsi cortico-striate, e su alterazioni geniche che condizionano comportamenti ripetitivi accostabili alla compulsione di lavarsi le mani numerose volte, tipica di molti pazienti (si vedano in “Note e Notizie” le recensioni di studi sull’argomento). Naturalmente, con ciò non vogliamo dire che l’esito del lavoro sia privo di significatività, anche perché l’estinzione della paura e quella di un altro condizionamento potrebbero avere, almeno nel ratto, una simile base morfofunzionale.

Per ciò che concerne la DBS, vogliamo ricordare che si tratta di una metodica molto invasiva, non scevra da rischi ed effetti collaterali tali da non consentire un’equiparazione, come impropriamente è stato fatto a scopo divulgativo, all’impianto di un pacemaker cardiaco.

Ricordiamo che il dispositivo per la DBS è costituito da tre elementi che devono essere impiantati chirurgicamente: il generatore di impulsi (IPG), il conduttore (lead) e l’estensione (extension). In anestesia locale si pratica, per trapanazione, un foro nel cranio del diametro di circa 14 millimetri, attraverso il quale si introduce l’elettrodo, impiegando il feedback del paziente per ottenere una localizzazione ottimale in una delle quattro sedi prescelte per la stimolazione in funzione della malattia (es.: nucleo subtalamico o pallido nel Parkinson). La parte rimanente dell’intervento per l’istallazione del generatore (nel sottocutaneo retroauricolare, sottoclaveare o nell’addome) e del conduttore, viene effettuata in anestesia generale. Questa procedura, in genere eseguita senza conseguenze, comporta però il rischio di sanguinamento intracerebrale. In ogni caso, l’intervento determina lo sviluppo di un lieve edema cerebrale che può causare disorientamento spazio-temporale e sonnolenza. Gli effetti collaterali descritti sono vari: apatia, allucinazioni, depressione, disfunzione cognitiva; accanto ai quali sono stati rilevati anche tendenza a sviluppare compulsione per il rischio, all’ipersessualità e al suicidio. In uno studio del 2006, 99 pazienti di malattia di Parkinson trattati con DBS, fecero registrare prima una riduzione considerevole dei sintomi e un miglioramento della qualità della vita, e poi un declino delle funzioni esecutive, accompagnato da problemi nel generare parole, mantenere l’attenzione e apprendere; sintomi del tutto assenti nel gruppo di pazienti parkinsoniani di controllo che non fu sottoposto alla stimolazione (Smeding et al., 2006).

Non ci sembra, sulla base di queste premesse, che sia facile concordare con gli autori dello studio qui recensito nel suggerire l’impiego della DBS ad integrazione della psicoterapia nel trattamento del disturbo ossessivo-compulsivo.

 

Le autrici della nota invitano alla lettura delle recensioni di lavori di argomento connesso che compaiono nelle “Note e Notizie” (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA” del sito).

 

Diane Richmond & Giovanna Rezzoni

BM&L-19 maggio 2012

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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