Mutazioni de novo in bambini dello Spettro Autistico

 

 

DIANE RICHMOND

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno X – 05 maggio 2012.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

La nostra società scientifica continua a seguire con attenzione gli sviluppi della ricerca sulla genetica del Disturbo Autistico (F84.0 del DSM-IV-TR; 299.00 dell’ICD-10) e delle sindromi correlate; un campo di studi che, senza attrarre l’attenzione della divulgazione e dei mass media, con costanza operosa sta procedendo nella lenta e faticosa costruzione di un mosaico di dati che ormai rende a tutti evidente, attraverso la realtà di circa quattrocento geni di suscettibilità, i motivi dell’annosa difficoltà nella definizione dell’eziopatogenesi di questi gravi disturbi pervasivi dello sviluppo. Come sostenuto da decenni dalla scuola neuroscientifica che nel 2003 ha costituito il fondamento culturale della nostra Società Nazionale, presumere l’esistenza di una causa singola o altamente predominante per tutti i casi, così come un’omogeneità patogenetica tale da far considerare la sindrome autistica espressione di un unico processo patologico, è stata una convinzione erronea e concettualmente fuorviante per le conseguenze cliniche.

Naturalmente non possiamo trascurare il condizionamento storicamente originato dall’interpretazione dell’autismo infantile come “reazione psicologica o psichica” sulla falsariga delle congetture psicoanalitiche elaborate come ipotesi eziologiche delle sindromi nevrotiche degli adulti. Attualmente si può affermare che la base neuropatologica di forte impronta genetica responsabile della sintomatologia, pur presentando delle costanti, indica non solo la presenza di varianti (es.: presenza o assenza di atrofia cerebellare) ma la possibilità di giungere al quadro sintomatologico per vie diverse (sclerosi tuberosa, sindrome dell’X fragile, rapido accrescimento di un aneurisma che disturba lo sviluppo del cervello, ecc.).

Lo studio genetico delle famiglie di bambini affetti da autismo sta contribuendo a chiarire i rapporti fra la neurogenetica e la fisiopatologia della sindrome, indicando in un’alterazione della plasticità sinaptica un probabile minimo comun denominatore patologico. Un folto gruppo di ricercatori provenienti da quattro prestigiose istituzioni statunitensi ha studiato le sequenze codificanti del DNA di oltre 300 bambini affetti da disturbi dello spettro dell’autismo, ottenendo risultati rilevanti (Iossifov I., et al. De Novo Gene Disruptions in Children on the Autistic Spectrum. Neuron 74 (2), 285-299, 2012).

La provenienza degli autori è la seguente: Cold Spring Harbor Laboratory, New York; The Genome Institute, Washington University School of Medicine, St. Louis; Department of Epidemiology and Population Health, Albert Einstein College of Medicine, Bronx, NY; Laboratory of Molecular Neuro-oncology, Rockefeller University, New York; Howard Hughes Medical Institute, Rockefeller University, New York.

Nello studio delle mutazioni presenti nelle famiglie dei bambini affetti dal disturbo pervasivo dello sviluppo, è importante distinguere quelle in cui la sostituzione di una base azotata cambia la tripletta del codice così che specificherà un aminoacido diverso (missense), da quelle in cui la nuova tripletta non ha senso nel codice aminoacidico e rappresenta un segnale di stop (nonsense), da quelle che causano uno spostamento di tutta la sequenza codificante a valle della mutazione per l’inserimento o la perdita di un numero di nucleotidi non divisibile per 3 (frame shift) e, infine, da quelle che interferiscono con lo splicing del messaggero.

Il sequenziamento dell’esoma, ossia dell’insieme dei segmenti codificanti del DNA o esoni di 343 famiglie, in ciascuna delle quali era presente un bambino affetto da una sindrome dello spettro dell’autismo e almeno una sorella o un fratello non affetto, ha rivelato piccole de novo inserzioni o delezioni (indels) e sostituzioni puntiformi, provenienti prevalentemente dalla linea paterna secondo un andamento età-dipendente.

I ricercatori non hanno rilevato un numero significativamente maggiore di mutazioni de novo missense nei bambini affetti rispetto a quelli non affetti. Al contrario, le mutazioni cosiddette gene-disrupting, cioè le nonsense, splace site e frame shift, sono risultate all’incirca due volte più numerose, con un rapporto di 59 a 28.

Ivan Iossifov e i numerosi colleghi coordinati da Michael Wigle, basandosi su questo rapporto differenziale e sul numero di bersagli totali e ricorrenti di “rottura genica” (gene disruption) trovati nei loro studi e in quelli condotti da altri gruppi di ricerca, stimano i geni di suscettibilità all’autismo fra i 350 e i 400. Molti dei geni interessati in questi studi erano associati con la proteina della sindrome del cromosoma X fragile, FMRP, rinforzando il legame fra l’autismo e la plasticità sinaptica.

I ricercatori hanno accertato che i geni associati alla FMRP sono sotto una selezione di purificazione maggiore di quella della parte restante dei geni, e suggeriscono che sono bersagli di disturbi cognitivi particolarmente sensibili al dosaggio.

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L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle numerose recensioni di lavori di argomento connesso che compaiono nelle “Note e Notizie” (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA” del sito).

 

Diane Richmond

BM&L-05 maggio 2012

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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