Ciò che rivelano i fotorecettori della retina accoppiati mediante Cx36

 

 

NICOLE CARDON

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno X – 14 aprile 2012.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

La retina dei mammiferi, che costituisce il recettore più sofisticato del mondo animale, continua ad essere un terreno di affascinanti scoperte, dalle quali sempre più si evince la sua maggiore affinità a parti dell’encefalo, come vuole la sua origine evolutiva, che alle tipiche formazioni sensoriali. Un aspetto strutturale e funzionale ancora poco definito è rappresentato dall’accoppiamento dei fotorecettori, il cui ruolo potrebbe essere più importante per la visione di quanto si possa ipotizzare alla luce delle conoscenze attuali.

Jennifer J. O’Brien e colleghi, studiando il modo in cui le cellule fotorecettive sono accoppiate strutturalmente, sono giunti a conclusioni di sicuro interesse per la neurofisiologia (O’Brien J. J., Photoreceptor Coupling Mediated by Connexin36 in the Primate Retina. Journal of Neuroscience 32 (13): 4675-4687, 2012).

Gli autori del lavoro provengono da due istituzioni statunitensi: Department of Ophthalmology and Visual Science, University of Texas Medical School at Houston, Texas; Neuroscience Institute, Department of Neurobiology, Morehouse School of Medicine, Atlanta, Georgia.

La microstruttura della retina umana, e dei mammiferi in generale, per effetto dell’organizzazione in registro delle cellule o di elementi subcellulari che la compongono,  presenta una morfologia multilaminare nella quale si riconoscono dieci strati: 1) epitelio pigmentato, 2) strato dei coni e dei bastoncelli, 3) membrana limitante esterna, 4) strato nucleare esterno, 5) strato plessiforme esterno, 6) strato nucleare interno, 7) strato plessiforme interno, 8) strato delle cellule gangliari, 9) strato delle fibre nervose, 10) membrana limitante interna. La varietà delle popolazioni cellulari che la costituiscono include i fotorecettori (cellule dei coni e dei bastoncelli), i neuroni di primo e secondo ordine, detti rispettivamente cellule bipolari e cellule gangliari, due classi di interneuroni principali, ossia le cellule orizzontali ed amacrine, e, infine, elementi gliali quali le cellule di Müller. A questa varietà citologica si devono aggiungere le cellule specializzate dell’epitelio pigmentato e quelle di un ricco sistema vascolare.

Le cellule dei coni e dei bastoncelli, così dette per la forma conica o bastoncellare dell’articolo esterno costituito da pile di sacculi di membrane contenenti la rodopsina che reagisce alla luce, al polo opposto a quello fotosensibile presentano l’estremità che forma le giunzioni sinaptiche con le cellule bipolari: nelle cellule dei coni ha la forma di un peduncolo espanso lateralmente fino a quello della cellula contigua; nelle cellule dei bastoncelli ha dimensioni minori e forma ovalare e prende il nome di sferula.

In molte specie di mammiferi i fotorecettori sono accoppiati mediante gap junction. L’accoppiamento cono-cono si ritiene migliori la sensibilità e la ratio del rapporto segnale/rumore, mentre l’accoppiamento bastoncello-bastoncello si ritiene fornisca una via bastoncellare alternativa che si attiva in condizioni di luce crepuscolare o di visione mesopica[1] (Smith et al., 1986; DeVries et al., 2002; Hornstein et al., 2005).

Le gap junctions sono composte da connessine, e la connessina 36 (Cx36), quella dominante nei neuroni, è espressa nello strato plessiforme esterno della retina. Jennifer e John O’Brien, con Stephen Massey ed altri colleghi, lavorando sulla retina di un primate (Macaca mulatta), hanno contrassegnato i peduncoli dei coni con un anticorpo per l’arrestina dei coni (7G6) evidenziando la loro connessione in una fine ed estesa rete di processi formante una telodendria come quella degli assoni di alcuni neuroni del sistema nervoso centrale. Nel tessuto retinico trattato con un doppio contrassegno, le placche di Cx36 risultavano localizzate precisamente in corrispondenza dei contatti telodendriali stabiliti fra i coni, indicando che, con ogni probabilità, si tratta di gap junctions di Cx36.

I ricercatori hanno rilevato che ciascun cono rosso/verde stabiliva connessioni non selettive con gli altri fotorecettori circostanti funzionalmente identici. Al contrario, i peduncoli dei coni blu apparivano più piccoli con propaggini di telodendria di minori dimensioni ed estensione, che solo raramente stabilivano con i coni adiacenti contatti, nemmeno ben discriminati, contenenti Cx36.

 L’osservazione ha evidenziato che, intorno alla periferia di ciascun peduncolo dei coni, vi erano molte placche più piccole di Cx36, insieme con una serie di fini ramificazioni di telodendria, troppo corte per poter raggiungere i membri del mosaico del peduncolo del cono adiacente. Queste piccole placche di Cx36 apparivano strettamente allineate a pressoché ogni sferula dei bastoncelli ed è lecito supporre che possano identificare siti di accoppiamento bastoncello-cono, anche se la connessina dei bastoncelli non è stata ancora definita.

Dal complesso dei dati emersi dallo studio, per il cui dettaglio si rimanda alla lettura del lavoro originale, si evince che la matrice della telodendria dei coni costituisce il substrato dell’accoppiamento dei fotorecettori. Dai preparati osservati da O’Brien e colleghi si evince che i coni rosso/verde sono tutti connessi indiscriminatamente, mentre quelli blu presentano connessioni solo raramente; tutti i coni, inclusi quelli blu, presentavano gap junctions con le sferule dei bastoncelli circostanti.

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di lavori di argomento connesso che compaiono nelle “Note e Notizie” (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA” del sito).

 

Nicole Cardon

BM&L-14 aprile 2012

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] La visione mesopica è la percezione visiva in condizioni di illuminazione intermedie fra quelle di piena luce diurna (da 1 a 106 cd/m2, ossia candele per metro quadrato), in cui si ha la tipica visione fotopica mediata dai coni, e quelle di semi-oscurità, con livelli di luminosità fra 10-2 e 10-6 cd/m2, che richiedono la visione scotopica totalmente mediata dai bastoncelli. I livelli di illuminazione corrispondenti alla visione mesopica sono compresi fra 10-2 e 1 cd/m2.