Differenze fra ippocampo e corteccia nella codifica del contesto
DIANE RICHMOND
NOTE
E NOTIZIE - Anno X – 24 marzo 2012.
Testi pubblicati sul sito
www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind
& Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a
fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta
settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in
corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli
oggetti di studio dei soci componenti lo staff
dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo:
RECENSIONE]
Le rappresentazioni
contestuali, che derivano da percezione e conoscenza, hanno un’importanza
straordinaria e spesso sottovalutata nel guidare molti aspetti del
comportamento e nell’influenzare la maniera in cui stimoli e azioni sono codificati ed interpretati. La corteccia prefrontale mediale, con la
sub-regione cingolata anteriore
fisiologicamente annessa, in molti studi è stata implicata nella codifica contestuale, ma la natura delle
rappresentazioni del contesto prodotte dall’attività dei neuroni di quest’area
corticale, non è stata definita.
Una prima significativa traccia delle caratteristiche
di tali rappresentazioni viene da un interessante studio elettrofisiologico
condotto da James M. Hyman e collaboratori, che suggeriscono un profilo
funzionale basato sul confronto fra le codifiche dell’ippocampo e della corteccia prefrontale mediale. Proprio la differenza fra ciò
che corrisponde al contesto
dell’esperienza vissuta nei circuiti delle due strutture del cervello che
principalmente elaborano questa componente della realtà ambientale, sembra una
chiave di lettura molto promettente (Hyman J. M., et
al. Contextual encoding by ensembles of medial
prefrontal cortex neurons. Proceedings of the
National Academy of Science USA [Published online before print doi:10.1073/pnas.1114415109],
2012).
I ricercatori che hanno
preso parte a questo studio provengono dal Canada e dalla Germania: Brain
Research Centre, Psychiatry, Faculty of Medicine, University of British
Columbia, Vancouver; Bernstein Center for Computational Neuroscience, Central
Institute of Mental Health, Psychiatry, Medical Faculty of Heidelberg
University. Si segnala che il lavoro è stato edito da Charles F. Stevens, uno dei
maggiori esperti al mondo di sinapsi.
I ricercatori hanno impiegato numerose registrazioni elettrofunzionali a single-unit tetrode dell’attività del
cervello di ratti, rilevando l’emergere di patterns
differenti di attivazione in estese popolazioni
di neuroni funzionalmente associati (ensembles)
nella corteccia prefrontale mediale, quando
gli animali si muovevano fra due contesti ambientali diversi. Queste differenze negli schemi di attività sono
risultate significativamente più grandi di
quelle osservate per i gruppi neuronici dell’ippocampo.
Mentre circa l’11% dei
neuroni della corteccia prefrontale
mediale, nel corso di numerosi esperimenti implicanti l’esposizione agli stessi
ambienti, coerentemente preferiva un ambiente all’altro, la decodifica ottimale (previsione) del setting
ambientale si verificava quando l’attività di circa il 50% di tutte le cellule nervose della corteccia
prefrontale mediale era presa in considerazione.
D’altra parte, i patterns
di attività delle popolazioni neuroniche non
erano identici nelle esposizioni ripetute allo stesso ambiente. Tale reperto, almeno in parte, può
essere attribuito ad un fenomeno tipico della fisiologia delle popolazioni
corticali, consistente in uno shifting
dello stato funzionale nel tempo; in ogni caso, questa variazione fisiologica
si è verificata con caratteristiche tali da consentire ai ricercatori, in
alcuni casi, di prevedere il cambiamento nello stato delle popolazioni
neuroniche, dopo il rientro in un ambiente da parte dei roditori, sulla base di
una estrapolazione lineare delle variazioni tempo-dipendenti osservate durante
la prima esposizione.
I ricercatori hanno anche rilevato che molti neuroni
della corteccia prefrontale mediale, fortemente selettivi
per le azioni, mostravano un grado significativo di modulazione
dipendente dal contesto. Questi risultati evidenziano differenze potenziali
negli schemi di codifica contestuale fra l’ippocampo e la corteccia prefrontale mediale, e
suggeriscono che quest’area del neopallio formi ricche rappresentazioni
contestuali che tengono conto non solo delle tracce
sensoriali, ma anche delle azioni eseguite e del parametro tempo.
L’autrice della nota ringrazia la
dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla
lettura delle recensioni di lavori di argomento connesso che compaiono nelle
“Note e Notizie” (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA” del sito).