Nella sclerosi multipla la morte degli oligodendrociti non induce
autoimmunità
NICOLE CARDON
NOTE
E NOTIZIE - Anno X – 10 marzo 2012.
Testi pubblicati sul sito
www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind
& Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a
fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta
settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in
corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli
oggetti di studio dei soci componenti lo staff
dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo:
RECENSIONE]
La
reazione
autoimmune contro gli
antigeni della guaina mielinica, si ritiene costituisca un evento fondamentale
nella patogenesi della degenerazione nella sclerosi multipla, ma l’individuazione del primum movens responsabile dell’innesco dell’autoreattività non è
stata finora possibile, nonostante la grande mole di lavoro svolto. Una delle
ipotesi più seguite, fra quelle suffragate da evidenze sperimentali, è che il
fattore di inizio sia costituito dalla morte primaria di oligodendrociti.
Giuseppe Locatelli e colleghi hanno sottoposto a vaglio tale ipotesi,
impiegando un modello murino di sclerosi multipla nel quale hanno sperimentato
l’induzione della morte delle cellule dell’oligodendroglia come evento primario
isolato o associato ad attivazione immunitaria, ottenendo evidenze
apparentemente inequivocabili (Locatelli G., et
al. Primary oligodendrocite death does not elicit
anti-CNS immunity. Nature
Neuroscience [Epub ahead of print doi:10.1038/nn.3062], 2012).
Gli autori hanno le seguenti provenienze: Institute
of Experimental Immunology, University of Zurich (Svizzera); Institute for
Molecular Medicine, University Medical Center of the Johannes Gutenberg,
University of Mainz (Germania); Institute for Medical Microbiology, Immunology
and Hygiene, Technische Universitat Munchen (Germania); Department of
Neuropathology, Campus Mitte, Charité, Universitatsmedizin, Berlin (Germania);
Institute of Pathology, Campus Mitte, Charité, Universitatsmedizin, Berlin
(Germania); Institute of Anatomy, University of Leipzig (Germania).
Come
è noto, l’istopatologia delle lesioni demielinizzanti della sclerosi multipla,
l’induzione di encefalomieliti allergiche sperimentali da parte degli antigeni
della mielina e l’efficacia dei trattamenti anti-infiammatori nelle forme
cliniche recidivanti-remittenti di sclerosi multipla, forniscono un supporto all’ipotesi
che questa malattia degenerativa si sviluppi come processo autoimmune in un contesto di fattori di
rischio genetici ed ambientali. Si è ipotizzata l’esistenza, a monte, di un
effetto di mimetismo molecolare causato da un agente infettivo, ma nonostante
numerose evidenze passate e riscontri recenti, non si sono avute ancora prove
definitive e convincenti[1]. E’
possibile che vari antigeni della mielina giochino un ruolo nella sclerosi multipla e che la loro importanza
vari in rapporto al background genetico
individuale ed all’azione di fattori ambientali incontrati nel corso della vita. Le differenti combinazioni fra questi
elementi potrebbero, di fatto, caratterizzare processi patologici diversi nella
sostanza eziologica, ma accomunati da alcuni caratteri anatomopatologici e
clinici, come da tempo sostenuto dalla nostra scuola neuroscientifica (G.
Perrella, 2012, op. cit.). Infine, sarebbe interessante verificare
sperimentalmente la possibilità che le persone affette da sclerosi a placche
abbiano autoanticorpi capaci di rispondere a due o più antigeni della mielina,
come nel caso di alcuni pazienti affetti dalla sindrome di Guillain-Barré.
Ma
torniamo al lavoro qui recensito di Locatelli e colleghi. Per verificare se la
morte degli oligodendrociti, come evento primario, costituisca l’innesco della
risposta immunitaria contro antigeni del sistema
nervoso centrale, i ricercatori, in un modello murino della malattia, in vivo, hanno determinato l’uccisione inducibile delle cellule dell’oligodendroglia che formano la guaina mielinica.
In breve, la morte oligodendrocitica generava una forte reazione di microglia e macrofagi, e i componenti della mielina nei linfonodi di drenaggio
rendevano disponibili antigeni del sistema nervoso centrale per i linfociti.
La
reazione autoimmunitaria non si sviluppava
spontaneamente. I ricercatori hanno allora sperimentato gli effetti
dell’introduzione di varie condizioni favorenti l’autoaggressione, come
l’attivazione delle cellule prossimali, la rimozione di cellule T regolatrici,
la presenza di cellule T mielina-reattive e l’applicazione di anticorpi
demielinizzanti. Nonostante tutti questi elementi in grado di favorire
l’innesco, non
si è sviluppata
infiammazione del sistema nervoso centrale per effetto della morte degli oligodendrociti.
I
ricercatori hanno allora verificato se questa mancata risposta auto-aggressiva
fosse mediata da un’aumentata tolleranza immunitaria specifica per la mielina. La
verifica ha dato esito negativo.
In
conclusione, in contrasto con quanto riportato in precedenti studi, l’esito di
questa sperimentazione sembra dimostrare chiaramente che la morte diffusa di
cellule oligodendrogliali, da sola o in associazione con attivazione
immunitaria, non innesca auto-aggressione del sistema nervoso centrale e, dunque,
non sembra poter costituire l’evento iniziale nella patogenesi autoimmunitaria
della sclerosi multipla.
L’autrice della nota ringrazia la
dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza ed invita alla
lettura delle numerose recensioni di lavori di argomento connesso che compaiono
nelle “Note e Notizie” (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA” del
sito).
[1] Si veda il caso del virus erpetico umano HHV-6, già in passato associato alla sclerosi multipla, la cui infezione per via nasale è piuttosto comune. In un’alta percentuale di persone il virus è presente in forma latente, mentre nei pazienti è risultato attivo. Jacobson e colleghi del NINDS hanno accertato che il virus invade il cervello infettando un tipo di cellule gliali (OEC, olfactory ensheathing cells) che guidano i neuroni sensoriali dell’olfatto nel percorso dal bulbo olfattivo alle loro mete nel sistema nervoso centrale, fra cui il sistema limbico, dove l’HHV-6 si riattiva (tratto da G. Perrella, Osservazioni sulle malattie della mielina. BM&L, Firenze 2012).