Autismo e ADHD presentano anomalie specifiche e comuni
NICOLE CARDON
NOTE
E NOTIZIE - Anno X – 03 marzo 2012.
Testi pubblicati sul sito
www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind
& Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a
fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta
settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in
corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli
oggetti di studio dei soci componenti lo staff
dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo:
RECENSIONE]
Il
Disturbo da
Iperattività con Deficit dell’Attenzione (ADHD, da Attention
Deficit Hyperactivity Disorder) e i Disturbi dello Spettro dell’Autismo presentano una frequente
comorbidità e condividono anomalie cognitivo-comportamentali nell’attenzione sostenuta. Un interrogativo che da tempo si
pone la ricerca è se la parte di fenotipo condivisa dalle due sindromi sia
conseguenza di una fisiopatologia comune o differente; indagando su questa
questione, Christakou e colleghi hanno ottenuto dati molto significativi (Christakou A., et al. Disorder-specific
functional abnormalities during sustained attention in youth with Attention
Deficit Hyperactivity Disorder (ADHD) and with Autism. Molecular Psychiatry [Advance online publication doi:10.1038/mp.2011.185],
2012).
Gli autori provengono dal Centre for Integrative
Neuroscience and Neurodynamics and School of Psychology and Clinical Language
Sciences, University of Reading (Londra); e da vari Dipartimenti del King’s
College di Londra.
La
caratteristica principale della sindrome ADHD è l’alterazione dei processi fisiologici che normalmente
consentono al bambino con serenità ed efficacia di dirigere la propria
attenzione e governare la motricità spontanea secondo le esigenze del contesto
e le richieste degli adulti. Ne risulta un comportamento apparentemente
instabile in ordine alla focalizzazione dell’attenzione e, in generale,
iperattivo e impulsivo oltre il livello di irrequietezza fisiologica e non
limitatamente a circostanze che inducono eccitazione nella maggior parte dei
bambini. In alcuni casi prevale il deficit dell’attenzione, in altri prevale
l’iperattività, ma in tutti i casi un’osservazione attenta rivela che il
comportamento è difficilmente
coercibile con un atto
di volontà da parte del bambino. Caratteristiche, quali il rivolgere
l’attenzione a stimoli normalmente trascurati da altri bambini durante i
colloqui con gli adulti o l’esecuzione dei compiti scolastici, suggeriscono un
difetto di sviluppo dei sistemi neuronici che realizzano un filtro inibitorio
efficace per il mantenimento degli automatismi che garantiscono il rispetto
delle priorità fisiologiche nell’interazione con l’ambiente.
Del
tutto diversa, e per certi versi opposta, è la caratterizzazione dei disturbi dello spettro
dell’autismo, che
presentano sintomi conseguenti ad una alterazione pervasiva dello sviluppo, che
riguarda più aree e si esprime con una compromissione della capacità di
interazione normale con adulti e bambini, con abilità di comunicazione inadeguate
all’età, con la presenza di interessi limitati e condotte stereotipate[1].
Una
diversità clinica così marcata rende particolarmente interessante la
possibilità della presenza di elementi comuni nella fisiopatologia, perché lo
studio di questi elementi condivisi, più di quello degli elementi differenti,
può contenere la chiave interpretativa di molti problemi di rapporto fra la neuropatologia
nota e la sintomatologia osservata[2].
Il
lavoro qui recensito è stato condotto su un campione di 60 ragazzi: 20 affetti
da ADHD, 20 affetti da disturbo dello spettro dell’autismo, con età e quoziente
intellettivo corrispondente a quello dei membri del primo gruppo, e 20 privi di
disturbi e fungenti da gruppo di controllo. Lo studio si è basato
sull’osservazione mediante risonanza magnetica funzionale (fMRI) dell’encefalo
di tutti i partecipanti, durante una prova di vigilanza modulata parametricamente,
con un carico progressivamente crescente di attenzione sostenuta.
Una
differenza funzionale con il cervello dei bambini normodotati è subito apparsa
evidente. I ragazzi dei due gruppi patologici presentavano un’attivazione
significativamente più bassa nelle regioni striato-talamiche di entrambi i lati, e poi in corrispondenza della corteccia prefrontale dorsolaterale
di sinistra e della corteccia parietale
superiore.
Rispetto
ai normodotati, i due gruppi con disturbi dello sviluppo presentavano anche una
aumentata attivazione del precuneo. La
funzione del precuneo era negativamente correlata con l’attivazione della corteccia prefrontale
dorsolaterale di sinistra,
e nei normodotati risultava progressivamente sempre meno intensa al crescere
del carico di attenzione; invece, nei due gruppi di pazienti non si rilevava
questo andamento.
Questo
quadro suggerisce l’esistenza in entrambi i disturbi di problemi nella disattivazione di una rete neuronica collegata alla prova e agente in modalità default.
Lo
studio delle immagini fMRI ha però consentito anche di rilevare delle
importanti differenze. La bassa attivazione della corteccia prefrontale
dorsolaterale di sinistra
era notevolmente più pronunciata nei ragazzi diagnosticati di ADHD rispetto a
quelli che presentavano un disturbo dello spettro dell’autismo. Questi ultimi
hanno fatto registrare un elemento differente e distintivo dell’alterata
neurofisiopatologia delle sindromi autistiche, ossia una marcata iperattivazione dei sistemi neuronici del cervelletto, assente tanto nei ragazzi
iperattivi quanto nei normodotati. Un tale eccesso funzionale, in base alle
conoscenze attuali, viene interpretato come compenso funzionale dei sistemi di neuroni cerebellari, indotto da un deficit
strutturale di sviluppo, presente nella maggior parte delle sindromi con
manifestazioni autistiche, e responsabile della riduzione del sostrato
neuronico di molti importanti processi.
L’esame
dei dati emergenti dalla sperimentazione, per il cui dettaglio si rimanda al
testo del lavoro originale, evidenzia nel funzionamento dell’encefalo, durante
compiti che richiedono un’attenzione sostenuta e protratta, sia elementi comuni
alle due tipologie di disturbo, sia elementi distintivi per ciascuna. In
particolare, si può sintetizzare dicendo che vi erano deficit comuni nell’attivazione fronto-striato-parietale e nella
soppressione della modalità di default,
e deficit specifici consistenti in
una più grave disfunzione nella corteccia prefrontale dorsolaterale nella ADHD e in una alterata regolazione
fronto-striato-cerebellare nei disturbi dello spettro dell’autismo, in coerenza
con quanto è noto da tempo sulla base di numerosi studi precedenti.
L’autrice della nota ringrazia il
Presidente della Società Nazionale di Neuroscienze, Giuseppe Perrella, con il
quale ha discusso l’argomento trattato, e invita alla lettura delle recensioni
di lavori di argomento connesso che compaiono nelle “Note e Notizie”
(utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA” del sito).
[1] La caratterizzazione delle due tipologie di disturbo è tratta da G. Perrella, et al. Rapporti fra diagnosi psichiatrica e dati sperimentali sui fenotipi molecolari e cellulari associati alle sindromi. Riflessioni e ragionamenti, pp. 2-4, BM&L, Firenze 2007.
[2] Cfr. G. Perrella et al., op. cit., p.5.