Robot indossabile entro il campionato del mondo di calcio del 2014

                                                                                                                                           

 

DIANE RICHMOND

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno X - 14 gennaio 2012.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RESOCONTO DI UNA CONFERENZA]

 

La Società Nazionale di Neuroscienze “BM&L” segue da tempo la ricerca finalizzata allo sviluppo di dispositivi di alta tecnologia, quali i microchips per impianto corticale e le protesi robotiche che consentono di vicariare le funzioni neuromotorie compromesse per danno neurologico, ed ha proposto, in varie occasioni di incontro dei ricercatori con medici neurologi e riabilitatori, i temi e i problemi di questo ambito di studi. I risultati positivi, così come le battute di arresto in questo difficile cammino, mostrano quanto siano intimamente connessi il progredire delle conoscenze neuroscientifiche e lo sviluppo di nuovi strumenti che consentano di avvicinarsi sempre più all’obiettivo ideale del completo recupero delle funzioni perdute. Il versante della ricerca che studia i sistemi di integrazione somatosensoriale alla base del movimento, tende a definire il modo in cui le unità necessarie e sufficienti all’elaborazione in entrata e in uscita si possono collegare con dispositivi artificiali per la percezione e l’esecuzione di atti motori.

I recenti progressi compiuti in questo ambito hanno costituito il tema di una conferenza tenutasi a Roma il 7 gennaio 2012, durante la quale sono intervenuti, oltre al presidente della Società, numerosi soci che seguono l’evoluzione del campo mediante gruppi di studio che organizzano un lavoro di costante aggiornamento.

Una posto privilegiato, nelle relazioni e nelle discussioni, è stato riservato ai risultati ottenuti di recente dal team di Miguel Nicolelis, professore di neurobiologia del Duke University Medical Center, il quale ha presentato la prima dimostrazione della capacità del cervello di primati di muovere un corpo virtuale e di elaborarne le informazioni sensoriali.

È nozione di neurofisiologia classica che gli impulsi in uscita per il movimento dei vari segmenti corporei, inviati dalla corteccia motoria al tronco encefalico e al midollo spinale attraverso i fasci cortico-spinali, e gli impulsi in entrata alla corteccia somatosensoriale, provenienti dai recettori cutanei e muscolo-tendinei attraverso la via spino-bulbo-talamo-corticale, sono pressoché simultanei e costituiscono la base informativa per l’elaborazione istante per istante delle informazioni necessarie alla postura e al movimento in tutte le sue espressioni. Mentre agiscono queste due principali vie somatomotoria e somatosensitiva, e i circuiti riverberanti dei nuclei della base encefalica con la corteccia forniscono informazioni sui caratteri del movimento e sul piano motorio, i fasci spino-vestibolare e spino-cerebellare forniscono dati che consentiranno l’ottimizzazione dell’esecuzione in funzione, rispettivamente, dell’equilibrio e della coordinazione. Un insieme complesso di sistemi a retroazione consente all’encefalo umano di regolare e calibrare forza, escursione, intensità e durata dell’insieme dei movimenti automatici ed intenzionali alla base della nostra vita quotidiana. Pertanto, le informazioni sensitive provenienti dalla pianta dei piedi e da tutte le parti sotto carico dei nostri arti inferiori, hanno un’importanza cruciale per l’esecuzione di movimenti corretti, efficaci, equilibrati ed armonici durante la marcia, la corsa e il salto. Allo stesso modo, si comprende l’importanza della propriocezione, che ci consente di stimare il peso di un oggetto che afferriamo e solleviamo, per esercitare un movimento adeguato per forza ed escursione. A questo proposito, possiamo ricordare l’importanza dell’integrazione corticale dei dati provenienti dalle varie modalità sensoriali: la vista di una bottiglia ci consente, in genere, di sapere a colpo d’occhio se è piena o vuota, e conseguentemente di esercitare la forza appropriata per prenderla; è un’operazione automatica che compiamo spesso senza smettere di conversare o pensando ad altro, ma ci accorgiamo della sua importanza quando per errore stimiamo piena una bottiglia vuota e, dopo la presa, il movimento per sollevarla appare come un brusco strappo.

Questi brevi riferimenti a nozioni elementari di neurofisiologia del movimento ci ricordano l’importanza dell’integrazione somatomotoria basata su sintesi funzionali costantemente aggiornate rispetto agli impulsi sensitivi in entrata e allo stato dei segmenti corporei che eseguono il movimento. È facile comprendere come la rottura degli equilibri che regolano questo interscambio, conseguente ad una paralisi, costituisca un problema ritenuto fino a non molto tempo fa insormontabile.

Come hanno ricordato vari relatori, il neuroscienziato Andrew Schwartz con collaboratori dell’Università di Pittsburgh, sta reclutando persone affette da infermità motoria dovuta a lesioni del midollo spinale (paraplegici, quadriplegici, ecc.) per selezionare pazienti sui quali sperimentare un sistema che consente l’invio alla corteccia cerebrale di stimoli di percezione ambientale generati da un arto artificiale. Il campione di dimensioni limitate sul quale la sperimentazione è stata già effettuata, è costituito da volontari collegati ad un arto robotico che invia al loro cervello informazioni tattili e propriocettive mediante elettrodi posti in corrispondenza della corteccia somatosensoriale. La sperimentazione è ancora in corso. I limiti imposti dall’etica della ricerca su esseri umani, per studi come quello di Schwartz, rendono ancora più importante il lavoro che si sta conducendo su primati non-umani.

Ricordiamo che già nel 2000 Nicolelis aveva collegato mediante elettrodi l’attività psichica di una scimmia con un arto robotico. Da tempo, ormai, le interfacce cervello/macchina sviluppate  da Niels Birbaumer e colleghi dell’Università di Tübingen (Germania) sono impiegate da pazienti privi della funzione motoria degli arti superiori, per muovere con le proprie onde cerebrali il cursore di un computer che seleziona lettere per scrivere messaggi. Un contributo notevole è venuto dal lavoro di un gruppo della USC guidato da Theodore W. Berger, che realizzò la prima interfaccia cervello/macchina in grado di comunicare con l’encefalo inviando impulsi in entrata e, per la prima volta nel mese di gennaio 2007, introdusse in sezioni sottili di ippocampo di ratto un chip al silicone capace di mimare l’attività elettrica dei neuroni naturali. In alcuni esperimenti, il chip risultava in grado di sostituire una sezione di ippocampo rimossa chirurgicamente, elaborando i segnali in entrata e traducendoli in risposte la cui fedeltà rispetto allo standard biologico raggiungeva il 90%. Per molti anni gli ingegneri biomedici sono stati sul punto di sperimentare prototipi di chip elettronici in sezioni di ippocampo, tanto che una divulgazione un po’ superficiale aveva presentato questi impianti come già realizzati, ma i problemi che nascevano con questo tipo di esperimenti erano numerosi, presentando ostacoli spesso difficili da superare. Basti pensare, ad esempio, che i ricercatori si sono dovuti specializzare in uno speciale tipo di taglio delle sezioni ippocampali che preservasse la funzionalità delle vie nervose nelle condizioni dell’esperimento, e che è stato necessario procedere alla progettazione e alla realizzazione di un nuovo tipo di microelettrodi, in quanto i sistemi già esistenti non funzionavano in quelle fettine di tessuto cerebrale[1].

Negli anni successivi, come ha spiegato il presidente Perrella nella sua relazione, si sono avuti piccoli progressi ed ora il team di Nicolelis, impiegando una tecnologia descritta in dettaglio in un lavoro pubblicato su Nature, è riuscito ad ottenere che un macaco potesse, direttamente con il suo cervello, muovere una mano avatar sullo schermo di un computer. Il cervello della scimmia riceveva segnali elettrici artificiali, equivalenti a quelli originati nei neuroni recettoriali del proprio arto biologico, e in grado di codificare le caratteristiche sensoriali degli oggetti toccati dall’avatar cui era collegato il suo encefalo. L’integrazione dei processi somatosensitivi con quelli somatomotori era tale da consentire all’animale di decodificare perfettamente i messaggi tattili epicritici e, in tal modo, distinguere dalle caratteristiche di superficie gli oggetti mediante l’arto avatar. Se questa tecnologia si rivelerà efficace negli esseri umani, pazienti con infermità motorie quali quelle dei volontari che partecipano agli studi di Schwartz, potranno camminare ed usare in ogni modo fisiologico gli arti e, in particolare, le mani.

A questo scopo è in cantiere la realizzazione di una sofisticata struttura che è stata battezzata “robot indossabile” (wearable robot) e che, in termini medici, può essere considerata una protesi simile ad un esoscheletro provvista di specifici sensori che inviano informazioni alla corteccia somatosensoriale. L’interfaccia della struttura indossabile è controllata da impianti neurali che catturano segnali provenienti dalla corteccia motoria per il movimento di braccia, gambe, dita e ogni altra parte collegata. Miguel Nicolelis conta di completare l’intera impresa per il 2014, quando il Brasile, sua terra natìa, organizzerà il campionato del mondo di calcio, e spera di poter presentare il primo “robot indossabile” della storia durante la cerimonia di apertura della manifestazione sportiva internazionale.

A Miguel Nicolelis e al suo team, i migliori auguri della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life Italia”.

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle numerose recensioni di lavori di argomento connesso che compaiono nelle “Note e Notizie” (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA” del sito).

 

Diane Richmond

BM&L-14 gennaio 2012

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] Si veda in “Note e Notizie 10-03-07 Chip nel cervello ed arto robotico messi alla prova”.