Scoperto il trasportatore dell’anandamide

                                                                                                                                           

 

NICOLE CARDON

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno IX - 03 dicembre 2011.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente note di recensione di lavori neuroscientifici selezionati dallo staff dei recensori fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci afferenti alla Commissione Scientifica.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

L’endocannabinoide anandamide, che insieme con il 2-AG costituisce il principale ligando naturale del sistema dei recettori CB per i cannabinoidi, dopo il rilascio è captato dallo spazio intersinaptico mediante strutture molecolari, espresse negli astrociti e nei neuroni, che hanno dato prova di costituire un sistema di trasporto selettivo. In effetti, numerose evidenze hanno già da tempo indicato che la rimozione dell’anandamide dalla fessura sinaptica è un processo di diffusione facilitata da trasportatore, tuttavia l’identità molecolare del carrier non era stata definita.

Jin Fu e collaboratori, in un lavoro che sarà pubblicato su Nature Neuroscience annunciano l’identificazione del trasportatore con una proteina non conosciuta in precedenza ed originata come prodotto dello splicing alternativo dell’mRNA dell’amide idrolasi-1 degli acidi grassi (Fu J., et al. A catalytically silent FAAH-1 variant drives anandamide transport in neurons. Nature Neuroscience [Epub ahead of print doi:10.1038/nn.2986], 2011).

La provenienza degli autori dello studio è la seguente: Department of Pharmacology, University of California at Irvine; Drug Discovery and Development, Italian Institute of Technology (IIT), Genova; Pharmaceutical Department, University of Parma; Department of Pharmaceutical Sciences, University of Bologna.

Ricordiamo qualche nozione relativa ai cannabinoidi naturali per una migliore contestualizzazione del risultato della ricerca anche da parte del lettore non specialista del campo.

Gli endocannabinoidi più studiati e definiti per metabolismo e meccanismi d’azione molecolare, ossia l’N-arachidoniletanolammina o anandamide e il 2-arachidonilglicerolo o 2-AG, derivano da lipidi e ciò li rende diversi dai neurotrasmettitori classici e peptidici accumulati in vescicole organizzate in raccolte labili e stabili nel terminale presinaptico per il rilascio determinato dal potenziale d’azione. Gli endocannabinoidi, infatti, non sono raccolti in vescicole e sono prodotti “a richiesta” quando l’attività neuronica o l’occupazione dei recettori di membrana porta al clivaggio di lipidi di membrana precursori, mediante alcuni passi calcio-dipendenti. La dipendenza dal calcio di alcune tappe biosintetiche spiega perché la depolarizzazione neuronica, che aumenta i livelli di calcio intracellulari nel neurone post-sinaptico, è in grado di stimolare la sintesi e il rilascio di anandamide e 2-AG, e probabilmente spiega in parte anche la capacità di agire in questo modo da parte di recettori di neurotrasmettitori, come i D2 della dopamina.

Gli endocannabinoidi funzionano da messaggeri retrogradi, rilasciati dal neurone post-sinaptico ed agenti sui recettori CB1 dei terminali presinaptici più prossimi. In tal modo, intervengono nella genesi di varie forme di plasticità sinaptica, avviate al livello post-sinaptico da depolarizzazione ed aumento della concentrazione di calcio, ma espresse come una riduzione di probabilità presinaptica al rilascio del neurotrasmettitore, come nel caso di alcune forme di depressione di lungo termine (LTD) in sinapsi inibitorie GABA-ergiche dell’ippocampo e dell’amigdala e in sinapsi eccitatorie glutammatergiche dello striato e del nucleo accumbens[1]. La natura idrofobica degli endocannabinoidi ha fatto sorgere domande circa il modo in cui attraversino lo spazio extracellulare e da tempo la ricerca ha assunto l’ipotesi di lavoro di proteine trasportatrici in grado di legare molecole lipidiche.

Jin Fu e i suoi colleghi, in massima parte italiani, descrivono una variante parzialmente citosolica dell’enzima intracellulare che degrada l’anandamide FAAH-1 (fatty acid amide hydrolase-1) definendolo FLAT (FAAH-1-like anandamide transporter). La molecola è risultata priva di attività amidasica ma in grado di legare l’anandamide con bassa affinità micromolare e facilitarne la traslocazione all’interno delle cellule.

I ricercatori hanno sperimentato gli inibitori noti del trasporto dell’anandamide, quali AM404 e OMDM-1, ed hanno verificato l’efficacia inibitoria sull’attività di FLAT.

Proseguendo la sperimentazione, in vivo e in vitro, sulla base degli effetti mediati dall’internalizzazione dell’anandamide, i ricercatori sono riusciti ad identificare un antagonista competitivo dell’endocannabinoide per il trasportatore appena identificato. Si tratta di ARN272, un derivato della ftalazina.

ARN272 è apparso in grado, in vitro, di prevenire il trasporto dell’endocannabinoide all’interno della cellula. In vivo, la molecola interrompeva la disattivazione dell’anandamide ed è stata sperimentata su modelli murini di dolore nocicettivo e infiammatorio, nei quali ha esercitato un profondo effetto analgesico mediato dal recettore per i cannabinoidi tipico del sistema nervoso centrale, CB1.

Il complesso della sperimentazione, per i cui dettagli si rimanda alla lettura del lavoro originale, identifica FLAT come un componente molecolare critico per il trasporto dell’anandamide nelle cellule nervose, e consente di ipotizzarne l’elezione a sede dell’azione di molecole impiegate a scopo farmacoterapeutico.

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di lavori di argomento connesso che compaiono nelle “Note e Notizie” (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA” del sito).

 

Nicole Cardon

BM&L-03 dicembre 2011

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] Proprio l’alterazione di questi delicati processi di regolazione della plasticità sinaptica da parte dei derivati della cannabis spiega i deficit di memoria di breve termine e di apprendimento nei consumatori di marijuana e altri prodotti simili.