La caffeina induce un potenziamento sinaptico

                                                                                                                                           

 

LORENZO L. BORGIA

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno IX - 03 dicembre 2011.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente note di recensione di lavori neuroscientifici selezionati dallo staff dei recensori fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento rientra negli oggetti di studio dei soci afferenti alla Commissione Scientifica.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

L’effetto di stimolo cognitivo prodotto dalla caffeina è ben noto e in parte spiegato su base molecolare e cellulare, tuttavia si è ancora lontani da una completa conoscenza dei processi che lo generano. Fino a che punto il miglioramento delle prestazioni cognitive è la semplice conseguenza dell’aumento di vigilanza, attenzione e concentrazione o, addirittura, di un effetto “placebo”, e in qual misura si tratta, invece, di processi specifici a sostegno della working memory e di funzioni che possiamo solo indirettamente esplorare misurando parametri quali la velocità centrale di processo, la quantità di operazioni logiche compiute nell’unità temporale di riferimento o l’aumento di efficienza in compiti che richiedono elaborazioni intellettive non banali?

Nello studio del sostrato biologico degli effetti della caffeina sui processi cognitivi, un problema che fa sorgere interrogativi affascinanti è dato da un’osservazione sorprendente: a dosi medie, ma anche a dosi molto alte e di gran lunga superiori a quelle fisiologiche, ossia prossime alla soglia di tossicità, la caffeina sembra avere effetti minimi e talvolta irrilevanti sulle sinapsi dei sistemi indagati da tutti i ricercatori che lavorano in questo campo.

Stephen B. Simons e colleghi hanno studiato gli effetti sui recettori dell’adenosina nell’ippocampo, ottenendo un risultato interessante, che sarà pubblicato nella forma della “comunicazione breve” su Nature Neuroscience (Simons S. B., et al. Caffeine-induced synaptic potentiation in hippocampal CA2 neurons. Nature Neuroscience [Epub ahead of print doi:10.1038/nn.2962], 2011).

Gli autori del lavoro provengono dal National Institute of Environmental Health Sciences, US National Institutes of Health (NIH), Research Triangle Park, North Carolina (USA).

La caffeina è chimicamente una metilxantina (1,3,7-trimetilxantina; formula grezza: C8H10N4O2), farmacologicamente caratterizzata come alcaloide stimolante del sistema nervoso centrale con un’emivita di 5 ore, un legame alle proteine del 17-36%, una biodisponibilità del 99%, demetilazione ad opera di CYP1A2 ed eliminazione da parte dell’emuntorio renale. Oltre che nei chicchi di caffè è contenuta in proporzioni variabili nella noce di kola, nelle foglie di tè, nelle fave di cacao, nelle bacche di guaranà e ancora in guayusa, yaupon holly e yerba maté. Molti degli effetti sul cervello, incluso quello sul sonno e sui processi psichici, presentano una grande variazione individuale e, come l’effetto diuretico per azione sul glomerulo, tendono a ridursi con l’assunzione abituale. A differenza di quanto si legge in molte trattazioni divulgative e in un certo numero di testi impiegati a scopo didattico, molti effetti psichici sono certamente provati, anche se le variazioni individuali e le condizioni complesse da cui dipende la fisiologia della vita psichica non li rendono evidenti. Ad esempio, dosi moderate possono ridurre la sintomatologia depressiva, aumentando la spinta all’azione e alla partecipazione alle attività di relazione; per contro, dosi elevate in molti casi possono indurre ansia e, nelle persone predisposte, dosi tipiche del consumo medio di caffè sono già in grado di innescare sintomi ipomaniacali quali accelerazione ideativa e psicomotoria, tendenza alle rapide associazioni superficiali con riduzione dei processi di scelta cognitiva alla base delle comuni inferenze concettuali necessarie nei dialoghi, nella comprensione del discorso udito e perfino nella lettura[1]. L’associazione nazionale degli psichiatri americani (APA) riconosce nel suo manuale diagnostico-statistico (DSM-IV) quattro categorie di disturbi indotti dalla caffeina: intossicazione da caffeina, disturbo del sonno indotto dalla caffeina, disturbo d’ansia indotto dalla caffeina e disturbi collegati alla caffeina non altrimenti specificati.

Alla luce di questi dati ben si comprende l’interesse per la definizione dei meccanismi molecolari e cellulari degli effetti psichici, anche perché spesso la conoscenza di questo sostrato ci aiuta a comprendere quanto le schematizzazioni di tipo psicologico, a un estremo, e di tipo tossicologico, all’estremo opposto, si riferiscano ad aspetti speciali e parziali che emergono per importanza, ma che rischiano di far trascurare il raggio ben più vasto e diffuso di effetti minori legati alla distribuzione dei recettori.

I recettori A1 dell’adenosina (A1R) sono antagonizzati dalla caffeina e sono espressi in maniera straordinaria nei neuroni della regione CA2 dell’ippocampo.

Stephen B. Simons e colleghi hanno rilevato che dosi fisiologiche di caffeina in vivo o antagonisti di A1R in vitro inducevano un consistente e perdurante potenziamento della trasmissione sinaptica nei neuroni dell’area CA2, senza interessare altre regioni ippocampali.

Questo risultato sembra fornire la base per il riconoscimento di un processo che genera un effetto selettivamente cognitivo esercitato a dosi corrispondenti a quelle ordinarie del consumo umano dell’adulto medio in Europa e negli USA.

 

L’autore della nota invita alla lettura delle recensioni di lavori di argomento connesso che compaiono nelle “Note e Notizie” (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA” del sito).

 

Lorenzo L. Borgia

BM&L-03 dicembre 2011

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] Si veda “Effetti psicostimolanti della caffeina” in G. Perrella, Appunti di Neurochimica. BM&L, Firenze 2006.